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Forme della Commedia Romana
Terenzio e Plauto.
Trattò il primo il genere borghese, il secondo il popolare. – Le commedie di Terenzio sono più elegantemente condotte e trattano questioni politiche e civili, quelle di Plauto hanno per scena la taverna o la strada. Vi è però in Plauto più sveltezza nella forma, e maggior brio: La sua favola tocca sul vivo, punge caratterizza, ed è sempre faceto, e divertente. Terenzio molto meno drastico, fa capitale di tutto e non trascura alcun accessorio a detrimento talvolta dell'effetto, ma con guadagno della logica. – Plauto dipinge i suoi caratteri a larghi tratti, sempre calcolando sull'effetto, che devono produrre nel loro insieme, Terenzio si occupa più dello svolgimento psicologico dell'azione!... A Plauto preme più l'effetto plastico. – Terenzio combatte ciò che è forma ottica come nei sogni allegorici. Plauto se ne serve come mezzo di personificare alcuni suoi concetti o produrre anche semplicemente un impressione. Pianto ha delle graziosissime sgualdrinelle, osti e lanzichenecchi con sciabole strepitanti; persone di servizio dipinte con particolare lepidezza il cui paradiso è la cantina!... il cui nume è il bicchiere!... – In Terenzio questa società è migliorata ed i suoi personaggi hanno un carattere più nobile. Si direbbe infine che in Plauto si dipinge un secolo che sta per incivilirsi, e che nel Terenzio è già incivilito.
Il dialogo di Plauto è veemente è chiassoso, e la mimica dei suoi comici per esprimerlo, deve essere animatissima. In Terenzio tutto vi è più compassato. – La lingua di Plauto strabocca di motti burleschi, di frizzi, di satire!... è un vero scoppiettìo, un fuoco di fila. – Se fa una caricatura la volge e la rivolge per tutti i versi e ne esce così ridicola che gli astanti come diceva Catone nei suoi momenti di buon umore, dovevano piangere a forza di ridere. Il dialogo di Terenzio non si permette invece simili capricci ed ha delle eleganti sottigliezze e degli arguti epigrammi.
Di fronte alle commedie di Plauto però, quelle di Terenzio sono molto inferiori per arditezza di concetto e per originalità e non offrono un progresso. – La sua forma è troppo schiava del convenzionalismo greco... ed in ogni suo lavoro si sente troppo Menandro da cui fu tolto. Plauto si servì pure della forma greca ma togliendo i suoi caratteri dal popolo in mezzo a cui viveva, ne fece delle creazioni più vere ed eminentemente romane.
Agitossi in questo periodo di tempo una fierissima guerra letteraria.
Avendo trovata la forma poetica e vibrata di Plauto, molto favore nel pubblico, quella slavata e fiacca di Terenzio fu accolta con grande opposizione.
Il poeta si difese però con dei prologhi e con delle contro-critiche piene di polemica concludendo di non aspirare all'applauso dei molti ma soltanto al giusto apprezzamento dei pochi che comprendessero il suo scopo morale.
Si dice che persone d'alto affare lo appoggiassero per far trionfare il suo genere e far sparir dal teatro le commedie di Plauto1.
Nel palinsesto veduto da Ritschl, si legge.
T. Macci Plauti cosichè il nome del poeta dagli antichi appellato quasi sempre Plauto senz'altro, era T. Maccius o meglio Mattius Plautus, come lo provano le parole di Gelio III. 3. ossia di Azzio da lui citato secondo la felice emmendazione di Ritschl pag. 48.