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Bakr il profondo storico, chiamò Plauto il vero padre della commedia romana.
M. Azzio Plauto, scrive egli, 2 nacque di bassa condizione in Sarsina villaggio dell'Umbria3. Dotato di straordinario talento e sprovvisto affatto di mezzi di fortuna si diede arrivato appena in Roma a speculazioni commerciali 4, finchè oppresso dalla miseria dovette abbassarsi a grave lavoro manesco5 nel quale frattempo scrisse le migliori sue commedie. Vuolsi che il numero di queste commedie ascenda a 130, di cui però Lelio non ne riconosceva che 25. – Le altre se non sono sue sono però state da lui riviste e ridotte da vecchi poeti latini6. Varrone che scrisse su ciò un libro non ne vorrebbe, riconoscere che 21, e furono perciò dette Varroniane.
La causa di questa incertezza nacque dalla grande stima in cui era tenuto il poeta e molti altri cercarono di imitarlo scrivendo lavori che sotto il nome di Plauto correvano di teatro in teatro, fonte di lucrosi guadagni7. Divennero le sue commedie ricercatissime dopo la sua morte8, e gli edili le confusero con altre di certo Plautzio. – Da ciò ne nacque tanta confusione che difficilmente si può decidere quali sieno le vere sue, e quali, quelle che gli sono attribuite.
Come questo oggetto preoccupasse i dotti, e quanto impegno ponessero per poterne ricavare un risultato soddisfacente lo si scorge da ciò che narra Gellio. – Lerlio, Volcazio, Sedigito, Claudio, Aurelio, Accio, Atejo e Manlio, ed altri sommi grammatici di quel tempo s'ingegnarono a formare dei cataloghi, come risultato di lunghe indagini critiche. L'opinione di Varrone pare che sia la più positiva poichè si ritenne che ventuna fossero le vere sue commedie alla cui raccolta manca la Vidularia, che per essere una delle ultime fu forse stracciata o perduta. Di queste, poche sono intatte come Plauto le scrisse, ne scevre da lacune e da interpolazioni9 come dopo ciò è naturale supporre.
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Determinare il tempo e l'ordine di queste commedie, come dice Bakr, sarebbe impossibile; quindi i tentativi che si sono fatti per dilucidare questo punto, hanno condotto a risultati diversi e contraddittorj10.
La prima delle commedie di Plauto11 nell'ordine accennato sarebbe l'Anfitrione da Plauto stesso chiamata nel prologo, tragi-commedia12, perchè i principali personaggi sono Dei. È affidata a questi la parte tragica, gli altri personaggi invece del lavoro sono messi in iscena comicamente. Ne risulta da ciò un bizzarrissimo impasto, ed è all'anfitrione che Plauto deve il più clamoroso dei suoi successi.
Egli ebbe forse l'idea di questo suo lavoro dalla Hilaro-tragædia di Riatone, o dalla commedia Siculo-dorica di Epicarmo13 o dalla commedia attica di mezzo14. In ogni modo il soggetto fu trattato così bene da Plauto, che fu imitato nei tempi nostri da Moliere, da Boccaccio, e da altri.
Segue a questa l'Asinaria15 che è Owaypos di Demofilo e che dipinge a forti tratti la torpitudine dei costumi greci.
L'Adularia16, tuttochè tronca un po' nel finale è una delle migliori commedie di Plauto. Egli prese però per base anche di questa, una commedia greca, ma vi lasciò soltanto la forma e trattò il soggetto con libera indipendenza da farne uscire animato e vivo un vero quadro di vita romana. Moliere istesso non fece che imitare l'Adularia di Plauto, scrivendo il suo Avaro.
Compose i captivi nel 560 ed egli stesso la raccomanda agli edili per lo scopo morale a cui è destinata17. Ne è diffatti l'argomento svolto con maestria, con gusto, ed è trattata seriamente la forma del dramma, mostrando come egli sappia staccarsi anche da comici soggetti.
È questa una delle sue commedie così chiamata, dal Parassito di questo nome che è l'attore principale di tante altre commedie della scuola attica. È tolta la
da una commedia greca di Dilfo. – La
è una delle sue prime commedie, se non la prima che fu rappresentata come credono molti 18. L'intreccio ne è debole ma è sostenuto da un dialogo assai vivace e da alcune scene sorprendenti.
L'Ipico
imitato dal greco, è una delle commedie che a Plauto era più cara19. È essa pure tolta dal greco, e manca del solito prologo. Assai rinomata è la
detta anche Fasma20 che fu imitata poi da Regnard, da Addison, da Destonckes e da altri.
Le altre sue, sono il Miles Gloriosus, che rammenta il Bramarbas di Halblein.
Il Mercator scritto sulle traccie del Eutopos di Filemone.
Il Pænolus imitato dal Carchedonias di Menambro.
Il Trinummus24, imitato da Lessing nel suo Schatz. Questa, in un coi Captivi è una delle migliori commedie di Plauto a cui tien tosto dietro il Truculentus!... 25
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Della Vidalinaria non si sono conservati che pochi versi... ai quali A. Mai ne aggiunse una cinquantina26.
Delle supposte altre commedie del fecondo poeta questi sarebbero i titoli....
Acaristadium – Abroicus – Artamon – Astraba – Baccharia – Biscompressa – Bœotia –– Cacus ovvero Predones – Carbonaria – Commorientes – Colnadium – Cornicularia – Discolus – Feneratrix – Tretum – Frivolaria – Gastrion – Kortulus – Kakistus – Lenones gemini – Medicus – Nervolaria – Parassitus piger – Phagon – Ploconia – Scytha – Liturgus – Trigemini.
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Il Quæuculus o Andularia è generalmente riconosciuta apocrifa benchè nei manoscritti porti il nome di Plauto e sia citata come cosa sua da Servio27.
A detta del Grammatico Testo S. V. p. 352 il nome di Plautus o Plotius derivò a lui da un diffetto nei piedi.
NB. (Non dovrebbe però essere esatta la cosa poichè da quanto rilevasi da tutti gli altri storici che parlarono di lui egli non lasciò Roma dopo avervi incominciato le rappresentazioni delle sue commedie).
Vedi gli interpreti dell'Anfitrione e Ritschl.
Parecchi altri si possono vedere presso Stieve – De rei scen et p. 87.
Ef. Ossan, analisi critica p. 141. (De Causis Plautinarum fabularum interpolationis). Le prove si trovano a pag. 166 ove egli ci dà alcuni esempi d'interpolazioni prodotte dalle ripetute rappresentazioni ch'egli ha rintracciate nelle commedie che ci restano e nota le varie recensioni del testo indi originate.
Anche Lessing nella estesa sua critica di questa commedia, concorda in questo giudizio e la bandisce per la più bella che sia mai stata rappresentata, come quella che è più conforme allo scopo della commedia e corredata oltre ciò da altre bellezze accessorie.
Giusta l'opinione di Ladewig nell'atto III, scena 2.a Plauto avrebbe abbandonato il suo originale od aggiuntovi del suo la parte restante, la quale al cominciare dall'atto IV gli avrebbe attirati grandi applausi. Quanto poi all'epoca in cui fu dettata, egli crede che sia una delle prime del poeta.
Pare che appartenga agli ultimi anni di Plauto poichè fu rappresentata nel 562.