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Le Rappresentazioni.
Non sarà credo discaro al lettore di questo studio storico che riguarda una personalità artistica ed un'epoca così interessante se, cercheremo di dare un idea del modo con cui eseguivansi quelle rappresentazioni che ora sono così diverse per forma e per metodi.
Una musica rumorosa apriva lo spettacolo, non erano inventati ancora gli strumenti di corda e nelle grandi solennità, o perchè qualche grande personaggio assistesse alla rappresentazione, o perchè si volesse dare rilievo alla rappresentazione stessa, alla solita assordante orchestra sostituivansi delle suonatrici dette Psaltriæ e sambucistrie le quali suonavano alla maniera asiatica, come usavasi colà per le cerimonie sacre e per i loro banchetti.
I romani che non inventarono i loro strumenti, ma li ricevettero dagli Etruschi e dai Siculi, ebbero bisogno di molto tempo prima di trovare possibile l'accompagnamento del canto con istrumenti di corda.
Augusto considerò lo spettacolo teatrale come mezzo per divertire e tener obbediente il popolo, quindi provvide acciochè tutte le commedie e tutti i concerti fossero approvati prima della rappresentazione dagli edili di ciò incaricati specialmente.
Fu ai suoi tempi che ebbero principio i segni di disapprovazione o di approvazione col battimano e col fischio, egli medesimo compensò con tale atto gli attori che retribuì poi di benefici, o li disapprovò facendoli poi frustare per punizione della trascuratezza che posero al disimpegno delle loro parti. Caligola spese somme immense pel teatro e siccome aveva bella voce, si fece un giorno dorare la barba per rappresentare il biondo Apollo.
Tanto, rispetto alla estensione della produzione, quanto rispetto alla diretta influenza dell'azione sul pubblico, prima fu il dramma che prevalse sullo sviluppo poetico. Esisteva in Roma anticamente un teatro permanente con entrata a prezzo fisso, e sì in Grecia come a Roma lo spettacolo teatrale era una parte integrante dei trattenimenti popolari che ricorrevano ogni anno o che si davano in casi straordinari.
Fra le misure colle quali il governo faceva opposizione o si immaginava di opporsi al soverchiante allargarsi delle feste popolari di cui temeva le conseguenze, eravi il rifiuto di permettere che si costruisse un teatro in muratura28.
Invece del teatro stabile si erigeva all'epoca di Plauto un palco di assi con una scena per gli attori. – Il pubblico stava in piedi, poichè il rigido Catone diceva che non era decoroso per la dignità dei Romani il sedersi. La scena era chiamata (pro-scenium pulsistum) aveva un fondo decorato, ed un semicircolo innanzi al quale si tracciava una platea per gli spettatori la quale non aveva però nè gradini nè sedili, e si riduceva ad un piano inclinato.
Se qualche spettatore voleva sedere era costretto a portarsi dietro la sua sedia, chi voleva poi, si accoccolava o sdrajavasi per terra29.
Pare che le donne sino dai primi tempi fossero tenute separate dagli uomini e che ad esse fossero assegnati i più alti e peggiori posti. Da principio e fino al 560 i posti non erano distinti per legge.
Poi furono riserbati i più bassi ai senatori.
Il pubblico era tutt'altro che scelto, ma non è men vero però che anche le classi le più elevate non astenevansi dal recarsi allo spettacolo nè di immischiarsi colla folla.
I senatori si credevano perfino obbligati di mostrarvisi pel loro stesso decoro.
In una festa politica erano però esclusi gli schiavi ed anche i forestieri.
Si accordava ingresso gratuito ai cittadini, alla moglie ed ai figli30.
Gli spettatori non potevano essere per conseguenza diversi molto da quelli che oggi giorno si veggono ai pubblici spettacoli pirotecnici ed alle rappresentazioni gratuite.
Le cose procedevano quindi con poco o nessun ordine; i fanciulli gridavano, le donne chiaccheravano e strillavano, e talvolta qualche sgualdrinella cercava di introdursi sulla scena.
I vigili in siffatti giorni non facevano festa ed avevano frequenti occasioni di pignorare mantelli e di menar la mazza.
Coll'introduzione del dramma greco crebbero le difficoltà d'avere artisti e pare che i buoni scarseggiassero. – Si dovette una volta ricorrere a dei dilettanti per rappresentare un dramma di Nevio, ma con tutto ciò l'artista non crebbe gran fatto di pregio ed il poeta, e come era più comunemente chiamato, lo scrittore, come l'attore, appartennero e prima e dopo alla classe poco stimata dei mercenarj.
Il direttore della compagnia (Dominus Gregis) d'ordinario capo-comico, era per lo più un liberto, ed i membri componenti la sua truppa erano per lo più suoi schiavi.
La mercede era assai tenue e l'onorario d'un poeta teatrale arrivava appena ad 8000 setterzj (Lire 2145), ed era creduto anche troppo largo. Eragli anzi come restrizione pagato soltanto se lo spettacolo piaceva.
Sembra che a Roma si usasse soltanto di applaudire o di fischiare come si pratica da noi, e che non si rappresentasse che un dramma al giorno31.
In siffatte circostanze in cui l'arte era esercitata a prezzo di giornata ed in cui l'artista invece di raccogliere onori raccoglieva vergogna, il teatro nazionale romano non potea svilupparsi co' suoi proprj e originali elementi e neppure con elementi artistici in generale.
La generosa gara dei nobili ateniesi dava intanto vita al dramma attico.
Al romano non restava che d'esserne una copia, e desta meraviglia che in questa, qualche autore abbia potuto e saputo sfoggiarvi dello spirito e darvi una certa quale propria vitalità.
Al dramma successe presto la commedia e questa lo soverchiò completamente.
Quando il prologo invece della sperata commedia annunciava per caso una tragedia, gli spettatori rannuvolavano la fronte; onde avvenne che per questa tendenza dello spirito pubblico, fiorirono alcuni poeti comici come Plauto e Cecilio.
Com'è naturale essi posero tosto le mani sulle produzioni che avevano maggior voga in Grecia e così si trovarono confinati esclusivamente nel ciclo della commedia Attica mezzana e particolarmente in quello dei suoi più rinomati poeti Filemone da Cilì, e Menandro d'Atene.