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Il cuoco ed il buffone erano i personaggi preferiti da Plauto come elemento comico delle sue commedie e li dipingeva con sorprendente vivacità.
Il buffone era quasi sempre in cucina a sindacare i fatti del cuoco, e sul genere delle vivande da questi cucinate ed all'uso che dovevano servire, il poeta faceva nascere degli scoppiettj di frizzi, d'arguzie e di giuochi di parole.
Dalla commedia greca si eliminavano intere parti che si sostituivano con caratteri romani ma con elementi d'una semplicità che giudicandosi ora dalle nuove forme della commedia moderna che ha bisogno di tanto movimento e di tanti affetti, sembra impossibile che quei lavori potessero ottenere tanto successo. L'azione del tanto celebrato Stico (rappresentato nell'anno 554) consiste in due sorelle che il padre vorrebbe decidere a separarsi dai loro mariti assenti e che fanno le Penelopi fino a che i mariti ritornano alle loro case con richezze raccolte col commercio e con una bella ragazza che recano in dono al padre. Nella commedia la Casina che fu accolta dal pubblico con grande favore, non si vede comparire la sposa di cui la commedia piglia il titolo, e sulla quale si aggira l'azione.
La conclusione del fatto viene raccontato semplicemente in un epilogo come «avente luogo più tardi internamente.»
Accadeva spesso che si interrompesse bruscamente l'azione e la si compendia in un racconto. Era permessa infine all'autore quella assoluta libertà di forma che qualificava però un arte non giunta affatto al suo compimento.
Il buon gusto andavasi formando però a poco a poco, e questi difetti riscontransi nelle prime commedie di Plauto. In quelle che scrisse poi, egli impiegò maggior cura nella composizione, nella distribuzione delle parti, e nelle forme svelte dell'argomento, ed i Cantici, il Pseudolo e le Bacchidi sono trattati con mano maestra.
Prevalgono però nella commedia romana che traduce al pubblico greci soggetti, dei rozzi incidenti vestiti di forme ancora più rozze. Nella grande abbondanza di bastonate e di frustate che si amministrano e di cui si minacciano gli schiavi, si riconosce che la frusta in Roma era all'ordine del giorno, e per Catone era una delle sue predilezioni.
L'elegante dialogo attico era quasi sempre deformato in modo orribile nelle traduzioni romane.
Per darne un esempio, nella commedia Colonna di Menandro, un marito confida all'amico le sue miserie.
«A – Tu sai che ho sposato la ricca ereditiera Zamia?...
«B – Sì certo.
«A – Essa, padrona di questa casa e di questi campi e di tutto ciò che vi sta intorno, ci ritiene fra tutte le molestie. Essa è molesta a tutti e non a me solo ma anche al figlio ed alla figlia! –
«B – Pur troppo lo so benissimo che la cosa è così!...
Cecilio nella sua traduzione dice invece.
«B – tua moglie è dunque rizzosa non è vero?...
A – Non me ne parlare.
A – Non ne voglio sapere; se vengo a casa e mi pongo a sedere, essa non mi dà che un insipido bacio.
B – Ebbene col bacio essa coglie nel segno, e vuole che tu abbia a vomitare ciò che bevesti fuori di casa?...
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