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Io trascorro il piano e il monte,
Su!... le ciglia a mirar pronte,
Bella!... impugna il tuo coltel.
Già corruscano gli acciari,
Su!... slanciamoci del pari
Sì, disse: e balzato sul dorso al corsiero
Fra un nembo di polve si slancia, e dispar;
E a lei che lo segue pel torto sentiero
Rassembra una vela perduta nel mar.
Più nulla si scorge, ma in cor gli rimbomba
L'estrema parola che il labbro parlò.
È vile chi trema fra l'onta e la tomba!
È vile chi al grido di Patria mancò!
Vola! Vola! mio fido Morello!...
Su!... mi porta ove ferve la mischia!...
Ve' la palla che accanto mi fischia,
Ve' il nitrito di cento cavalli,
E il lamento del gramo che muor.
S'alza un suon dalle amene convalli,
Dio, Patria e un altar han nel cor.
Montenegro!... Maometto! ... i due gridi
Si distendon per barbari lidi,
Cozza il ferro, si perde la voce,
E com'ombra tra il lampo ed il tuono
Passa il forte sul suo corridor.
Noreni, aspetta: già la notte scende
Di procella foriera, e mugge il vento
Che per l'immenso piano si distende.
Mentre l'Upupa in tuono di lamento
Il mesto strido innalza a cui risponde
Talora il cupo mormorar dell'onda.
È cessata la zuffa, eppur funèbre
Regna un silenzio che t'agghiaccia il cor,
E in mezzo a quelle cupe, alte tenèbre
Veglia Noreni presso un uom che muor.
Un tuo bacio, o mia diletta!...
Anco un altro... estremo ei sia.
T'ho fremente al seno stretta,
Un mattin sarò con te.
Che mi cinge al crin la palma,
Che fra il gaudio può scordar,
Chi calpesta il patrio altar!...
Ei più non disse: al sussultante petto
Noreni lo serrò. Le torve luci
Nelle immote di lui, fisse, baciollo;
E delirante quasi agli atti, al volto,
Più e più volte dal suol levollo, e lento
Il depose, dippoi sovra l'esangue
Spoglia curvossi, le pallide labbra
Bisbigliar rotti accenti. (Oh quai si furo...)
Formolli amore, e gli erano tributo.
Poi si rizzò. Dalle avvampanti ciglia
Guizzò un balen, alzò la fronte al cielo
E sparve. Bella intanto sorridea,
La notte, e in armonioso accordo, liete
Carolavan le stelle. Un'aura lene
Incalzava pei vasti aerei campi
Qualche errabonda nube, e somigliante
Al sospiro amoroso di due cuori
Nel casto bacio dell'estremo addio.
In fra le fronde del vetusto pino
Sussurrava, ove il passero discioglie
Il sorridente sorger dell'aurora.
Ma qual grido d'intorno s'eleva?
Passa un'ombra... l'inseguono mille,
Quai dal cener rideste faville
Splendon brandi, s'accalcan guerrier.
Morte! morte! vendetta! a cavallo!
In disordin s'accozzan tai detti,
E lo scoppio di cento moschetti
Turbinosa una turba, s'avventa
Dietro un'ombra che innanzi le va;
Né quel grido di morte paventa,
Che nel cor santa fede gli sta!...
Lo scalpito cessa dell'ugne frementi,
S'arrestan sbuffando cavalli e guerrier,
Innanzi a lor sguardi feroci ed intenti
Quell'ombra disparve, né più san veder...
Ma sorge un tugurio, nel fondo al sentiero
Che corser veloci seguendola ognor
E a lato alla soglia, un teschio, un cimiero
Infitto ad un'asta presentasi a lor.
Un urlo di rabbia dai petti s'emette,
Sia tratta l'infame! sia tratta a morir!
Che scorgon trofeo di giusta vendetta
La testa recisa dell'empio Visir.
Dai vili ladroni già violasi il tetto,
Già fremono sangue que' barbari artigli,
Ah, no! Ma non fia che liberi figli
Di libero suolo, s'insultin da lor!...
Innanzi ai lor passi gigante barriera
Con furia crescente la fiamma s'innalza,
L'investe la brezza, più serpe ed incalza,
Divora il tugurio che scroscia e dispar.
E in mezzo alle mille sue lingue struggenti
Noreni comparve, sorrise e spirò.
E martire altera, maestra alle genti,
Siccome s'attenga una fede! insegnò.