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I.
Un giorno a lei pensando io me ne stava
Al dolce rezzo d'un mesto viale,
Una farfalla che di là passava,
Di fiore, in fiore, si librò sull'ale.
O vispa farfalletta a che t'aggiri,
Nell'inquieto vagar, t'arresta alfine,
Né il detto mio verso di me t'adiri,
Che dalla speme sento in cor le spine.
Pegno a me caro e sì da me indiviso
Che non travolga il tempo nell'obblio,
Una canzone, un bacio ed un sorriso
Ella mi diè nel darmi il mesto addio.
La cerca o farfalletta... e se t'avvenga
Incontrarti nel suo leggiadro viso,
Dille che l'amo sempre, e si sovvenga
Della canzon, del bacio e del sorriso...
II.
Ti vidi: seduta - tu meco d'accanto
Sentiva il tepore - del caro respir,
Udiva la voce - diletta cotanto,
Guardava, ed al guardo - seguiva un sospir...
Con dolce abbandono - la man mi stringesti.
Tremò quella mano - sorrisi, e sperai;
Di quella speranza - che muore giammai!...
Perché se un delirio - pur anco ella fosse
Il sperderlo troppo - sarebbe crudel!...
III.
Nel delirio febril della mia mente
Di mille larve s'informava, il guardo
Volsi d'intorno appena il pie' calcai
Sulla diletta soglia, e gli ansii rai
Non ti trovar perché cercarti appunto
Ansii troppo solean. Alfin ti vidi,
Ti porsi un fior, poi quai passaron l'ore
Onde muto, te muta ognor fissando
Che dal palpito suo misura amore.
Insiem danzammo, il tuo respiro al mio
E nell'alma sentii tutte trasfuse
Quelle gioje onde i nati della terra
Che più voler d'uno scambiato riso,
D'un lungo guardo sul tuo volto fiso,
Onde l'alma si bea?... te nell'inquieto
Vagar vezzoso inoltre a chi ti cerca
Fulgere e poi sparir come la stella
Che nel gajo oscillar si fa più bella,
Seguii, mentre l'applauso impazïente
Fremeva, e in cor quei varj sensi tutti
Nel trasporto gentil che non mentiva.
Dimentico d'ognuno e nell'ebbrezza
Come il fior virginal che non olezza
Fuorché nel paradiso accanto a Dio,
Così appresso a te anch'io
Non increscioso l'alito fugace
Ed ogni gioja dentro il cor mi tace
Se d'una illusïon pia, non mi venga,
In te riflessa, e di cui tu sia vita,
Siccome fior che volge l'appassita
Sua fronda al suol se da tiranna mano
Una stretta d'amor chiedesse invano.
Uscimmo; bella risplendea nel cielo
Fecondatrice di gentili sensi,
La Luna: Tu la contemplavi, ed io
La guardava con te, mentre l'anelo
Core, a un pensier che arcano ti fervea
Di quell'indefinibile sorriso
Che a sè stesso risponde, eppur risposta
All'inchiesta non ha. Pur n'avea d'onde!
Sentiva il dolce peso del tuo braccio
Sul mio posar, alla tua voce fea
Risposta la tua voce; e mi molcea
Le fibre arcana voluttade. O lieti
Fantasmi della mente, s'anco fosse
Menzogna il vostro dir, deh! non sperdete
Da me l'ultima fronda della speme,
Onde pietosi i mali miei molcete.
IV
Un fior mi desti io lo posai sul core.
Come pietosa madre il bimbo culla
E gli sorride d'infinito amore
Io lo guardava e tal gli sorridea
D'un sorriso d'amore, e s'intrecciava
Di soavi pensieri una ghirlanda
Nella convulsa mente, onde aspirava
L'alma del grato effluvio, altro e più puro
Olezzo, onde s'abbella un altro fiore
Che in ciel spiccò la man celeste, prima
E' fe dono al mortal, il fior d'amore.