Ulisse Barbieri
Poesie varie

UNO SGUARDO A CASTELLARO ODE

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UNO SGUARDO A CASTELLARO

 

ODE

 

Salve terren fatidico

Che libero scorreva,

Quando serena l'anima

Nell'avvenir tendeva,

Ed allo sguardo estatico

Un sogno era la vita,

Un'ombra che fuggita

Svelommi il triste error.

Da quest'angusto carcere

Ove m'è sol compagno

De' ceppi il suono lugubre,

Dell'infelice il lagno,

O l'incitato anelito,

Lo spiro faticoso,

O il gemito angoscioso

Che rompe il cupo orror,

Sacra vieppiù dal tribolo

La voce mia s'innalza,

Pari alla nave intrepida

Che se più il vento incalza

Più disprezzando il turbine

Tocca alla fin la sponda

Tra il fremito dell'onda

Che le contende invan.

Quei nodi cerca infrangere

Onde la grava il forte,

Passa lo spazio e libera

Schernendo l'aspra sorte,

Vola a quei gaudii ingenui,

Alle illusion fallaci,

A quei desiri audaci,

Che forse torneran!...

Oh son pur dolci al misero

Le rimembranze amate,

Esse che al pensier vergine

Furono un strappate,

E colà dove l'anima

Vedeva un roseo fiore

Degli uomini il livore,

L'iniquità scoprì.

Oh, quando mesto chiudesi

Sovra il guanciale il ciglio,

Quando fra sogni trepidi

Sul duro mio giaciglio

Dibattomi, e trascorrere

Veggo lontan la mente,

Or sovra un nascente

O a quello che sparì;

Vive di mille palpiti

Il core in quell'istante,

Della speranza il fremito

S'eleva in lui gigante,

Sino che all'ansia indomita

Ond'ha il pensier fomento

Mi desto: e sul momento

Ogni illusion scompar.

In un confuso mescersi

Di mille smanie atroci,

Sento nel petto il sonito

Delle svariate voci

Che alla memoria tornano

Gioje, timori, affanni,

La speme e i disinganni

Che l'ora e il formar.

In quella muta tenebra

Penso: e una mesta calma

Tra le passate immagini

Va ricercando l'alma,

Quando il dolore inconscio

Era alla gaja mente

Quando nel sol morente

Guardava l'avvenir.

Alle tue piaggie fermasi

Come al più dolce amico,

Volge il sospiro l'esule

Che vive in suol nemico,

E a te con ansia trepida

Manda il suo mesto viva

La lagrima furtiva

Spremuta dal desir.

 

Quando giulivo l'agile

Piè sul tuo vial calcava

E sotto l'ombra placida

Del tuo Castel posava,

Il sol che bello ornavati

Tra l'edera

La speme mia blandita

A meditar trovò.

E al quadro incomprensibile

Di quel contrasto strano

L'ora, al passato, giungere

Cercò la mente invano,

Che se parlavan lugubri

Que' suoi scomposti avanzi,

Avea la gloria innanzi

Che un giorno il coronò.

Gloria che il fato sperdere

Volle da questo cielo,

Cui, il fervente spirito

Guarda; e ristassi anelo,

Chè fulger vede un'iride

Nella nascente aurora,

Sente una voca ?? ancora

Tuonargli - non morì!...

Salvete!... O lieti crocchii,

Lievi solazzi, o danze!...

O dolce tua concordia,

O vergini esultanze,

Cari piaceri agricoli,

Baldi e leali amici,

Con cui sempre felici,

Scorsi e tranquilli i .

Oh!... quando l'ampia sorgere

Veggo ridente aurora,

E l'astro altero e vivido

Che le tue piagge irrora,

Spander focosi radii

Sulle tue verdi zolle

Ove il piacer s'estolle

In mezzo del terror,

O gl'infiniti spazj

Ingombra un fosco velo,

Allor che scroscia il fulmine

O che il vernale gelo

Brilla sui campi, e l'esile

Copre gentil virgulto,

O il nembo sperde inulto

Le messi tue, tuoi fior,

Sempre sei bella o libera

Stanza di cari affetti!...

Tu che vedesti i teneri

E primi miei diletti,

Ove i miei giorni scorsero

Quando fidente il core,

Credea che nel dolore

Fosser fratelli ancor.

 

Dalla Giudecca, Ottobre 1861.


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