Come leggera polvere
Allo
spirar del vento
Va
vorticosa all'aere
In
cento forme e cento,
O
trabalzando aggirasi
Sul
clivo e scorre al pian,
O ad altri lidi l'esile
Polve
vi fa soggiorno
Sino
che un altro turbine
Costringala
al ritorno,
O
i lidi più reconditi
Tocchi
dell'Oceàn.
E così, mentre lugubre
Velo
il dolor distende,
E
gli incitati palpiti
Truce
e feral sospende,
Tal
che la vita ammorzasi
Ne'
pria ridenti cor,
Allor che d'una lagrima,
S'irriga
il mesto ciglio,
Quando
serrata l'anima
Ha
duopo di consiglio,
E
trafelata, debole,
Cerca
uno sguardo; allor
Rapidi si disperdono
Tutti
i fidati amici
Ei
che succhiaro il nettare
De'
giorni suoi felici,
O
gli tributan sterile
Voce
mentita ognor.
Perché nel vile mescersi
Di
mille colpe atroci,
Della
pietà le nobili
Muoion
schernite voci,
Perché
si vuol sconoscere
Che
non si vuol seguir.
Perché se avesse il gemito
Dell'infortunio
un moto
Da
suscitar nei cupidi
Petti,
alcun senso ignoto;
Del
suo destin tra i vortici
Non
si vedria languir,
Ei che seppur colpevole
È
al suo fratel, fratello,
E
del traviato il misero
Capo,
sul nodo avello,
Non
poseria dimentico,
Senza
una prece e un fior.
Non chiederia la vedova
All'egoismo
un tozzo,
Né
la tradita vergine
Confusa
col singhiozzo
La
vana voce emettere
S'udrebbe
al seduttor.
Non sulla strada il povero
Dal
freddo assiderato,
O
dentro al fango lubrico
Gemente
e disperato,
La
lenta man protendere
Che
l'uomo non guardò.
Ne il bambinel sul tumido
Pianger
materno seno,
Che
dalla fame l'orrido
Sente
fatal veleno
Dentro
quel cor che il battito
Appena
incominciò.
Pura amistà, deh!... rianima
La
sconosciuta fede,
Bella,
radiante, vivida
Poni
l'altera sede
Là
dove torni a vivere
Quanto
spregiossi ognor.
Tu dal letargo suscita
Gli
addormentati sensi,
Non
più abbrutita l'anima
Offra
vigliacchi incensi,
Sieno
leali gli odii
Leale
sia l'amor.
Dalla
Giudecca, Aprile 1862.