Muta è l'angusta carcere
O
se rompe un accento,
Quel
suo silenzio lugubre,
È
il suono d'un lamento
Che
tra convulsi fremiti
L'anima
scioglie anela,
E
a chi l'ascolta svela
I
palpiti del cor.
Vinto da crudi spasimi
Sul
duro suo giaciglio,
Dopo
una lotta orribile
Chiude
il prigione il ciglio,
Assonna;
ma che?... l'anima
Trovar
non può riposo,
E
nel futuro ascoso
Spazia
la mente ognor.
Alza la testa squallida
Dal
nudo suo guanciale,
Tocca
la fronte madida
A
quel pensier fatale,
S'aggita,
i lumi figgere
Cerca
nel bujo e scruta
Fra
quella tomba muta
In
fra quel cupo orror.
Ecco a ogni tratto il stridolo
Batter
d'una campana,
Fra
quelle volte lugubri
Ove
la speme è vana,
In
mesto suon stendendosi
Eccheggia
e il prolungato
Allarme
del soldato
Coglie
l'orecchio e va.
Allo scoccar del tremolo
Chiaror
d'un fiocco lume,
Spazia
la mente rapida
Sulle
deserte piume
E
ai gaudj che fuggirono
Come
un fatal deliro,
Scioglie
un veemente spiro
E
trepidante sta.
Scorge il sembiante pallido
Di
chi a lui presso geme,
Che
ad una triste immagine
Un
grido scioglie e freme,
Poscia
un sospiro debile
Tal
che la muta scena
Sembra
turbare appena
La
vita chè ivi muor!...
Quella silente tenebra,
S'allegra
mai d'un riso!...
Presso
le rozze coltrici
Stassi
un fantasma assiso
Che
truce, inesorabile...
Del
suo sogghigno insulta
La
vittima che inulta
Cadrà
sotto il dolor.
Dalla
Giudecca, Luglio 1861.