ODE
Del suo balen settemplice
Folgoreggiante
e altero
D'onde
di luce esilara
Coprendo
l'orbe intero
Oggi
nel cielo sorgere
Altri
vedrà quel sole
Che
l'egro cor console
Ma
più per te, non è.
Aimè!... che nell'espandere
Affanno
sì precoce
Sento
nel petto un fremito
Ed
una sola voce
Emetteria
dall'animo
Scosso
al membrar tremendo
La
man maledicendo
Che
si gravò su tè.
Alle tue notti vigili
All'indefesso
studio,
Qual
susseguia tuoi triboli
Non
funebre preludio?
Quale
ti diero gli uomini
Premio
ben meritato?...
Che
riserbava il fato
A
tuoi cadenti dì?...
Ma se nell'ampio Pelago
Qual
naufrago perduto
Fra
l'onde dell'Oceano
Dal
vento combattuto,
Del
duol l'aspetto lugubre
Gigante
all'uom s'affaccia
Perché
la gioja tacia
Che
fulse e poi sparì.
Tra le lontane immagini
Di
più ridente vita,
Oltre
il tramonto squallido
Di
quell'età fuggita
Oltre
il poter degli uomini
Un'altra
meta sorge
E
nel futur si scorge
Un
più sereno albor.
Sì; non inceppi l'anima
Quest'infamata
terra,
Ove
risuona il gemito
Di
fratricida guerra,
Dove
l'esosa smania
Soffoca
il nobil senso,
Ove
si porge incenso
Soltanto
per tradir!
Ove dall'egoistiche
Fauci,
la fiamma atroce,
Esce,
e sperde coll'alito
Ogni
pietosa voce,
Perché
il creato lagrimi,
Perché
l'oppresso frema
E
l'oppressor nol' tema
Che
tanto il fè languir,
Desto dal sonno angelico
Primo
d'amore accento,
Inconscio
a me del viver
L'affanno
ed il contento,
Dolce
era al labbro emettere
Di
padre il nome amato
E
mi vedea sacrato
Un
palpito sincer.
Fu l'avvenire un libero
Trasporto
della mente,
Tinto
di liete immagini
Io
lo scorgea fidente
Quando
una madre tenera
Calmava
il pianto mio
E
m'insegnava un Dio,
Scopo
de' miei pensier.
Quando da man che tremula
Rendeva
con puro affetto,
Dall'ava
con un fremito
Presso
vedeami al petto,
E
tu, felice, immobile
Guardavi
quella scena
Che
può ridire appena
Il
labbro schiavo al cor.
Allor che teco, leggere
Soleva
sulla sera,
E
da tre voci unanimi
Aveva
una preghiera
Il
ciel per me, che limite
Era
a infrenate spemi,
A
quei desir supremi
Svolti
da un santo amor!...
Sogni essi furo: e rapido
Si
svolse il fatuo manto,
I
bei fantasmi sparvero
Che
vi sedeano accanto.
Tolto
alla vita, a gemere
D'un
carcere fra le mura
Opra
di rea sventura
Col
tocco mi cacciò.
Non più il materno palpito
Del
padre più il conforto,
De'
ceppi il cupo stridere
Ne'
miei pensieri assorto,
Rompe
la calma funebre
De'
miei silenti giorni
Sin
che l'aurora torni
Che
a me il destin segnò.
Sol, fra impotenti smanie,
Fra
tacite pareti,
Che
testimoni furono
Di
gemiti segreti,
Ch'altri
non più conoscere
Oltre
a quei ch'ivi langue,
Che
a lagrime di sangue
L'angoscie
terminò.
Ma sta per sorger l'iride
Nunzia
a me alfin di pace,
Dopo
scomparso il turbine
Tutto
il passato tace,
Un
giorno di letizia
Ogni
dolor disperde,
Quando
che il suol riverde
Scordato
il verno è già.
Sì; giungerà quell'apice
A
che il pensiero anela,
De'
mali non può esistere
Eterna
la sequela,
Nomi
non son chimerici.
Iddio!...
l'onor, la fede!...
S'or
niun di questi ha sede
Forse
che un dì l'avrà.
Dalla
Giudecca, il giorno in cui mi fu annunciata la cecità di mio padre.