Ulisse Barbieri
Poesie varie

A MIO PADRE ODE

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

A MIO PADRE

ODE

 

Del suo balen settemplice

Folgoreggiante e altero

D'onde di luce esilara

Coprendo l'orbe intero

Oggi nel cielo sorgere

Altri vedrà quel sole

Che l'egro cor console

Ma più per te, non è.

Aimè!... che nell'espandere

Affannoprecoce

Sento nel petto un fremito

Ed una sola voce

Emetteria dall'animo

Scosso al membrar tremendo

La man maledicendo

Che si gravò su .

Alle tue notti vigili

All'indefesso studio,

Qual susseguia tuoi triboli

Non funebre preludio?

Quale ti diero gli uomini

Premio ben meritato?...

Che riserbava il fato

A tuoi cadenti ?...

Ma se nell'ampio Pelago

Qual naufrago perduto

Fra l'onde dell'Oceano

Dal vento combattuto,

Del duol l'aspetto lugubre

Gigante all'uom s'affaccia

Perché la gioja tacia

Che fulse e poi sparì.

Tra le lontane immagini

Di più ridente vita,

Oltre il tramonto squallido

Di quell'età fuggita

Oltre il poter degli uomini

Un'altra meta sorge

E nel futur si scorge

Un più sereno albor.

Sì; non inceppi l'anima

Quest'infamata terra,

Ove risuona il gemito

Di fratricida guerra,

Dove l'esosa smania

Soffoca il nobil senso,

Ove si porge incenso

Soltanto per tradir!

Ove dall'egoistiche

Fauci, la fiamma atroce,

Esce, e sperde coll'alito

Ogni pietosa voce,

Perché il creato lagrimi,

Perché l'oppresso frema

E l'oppressor nol' tema

Che tanto il languir,

Desto dal sonno angelico

Primo d'amore accento,

Inconscio a me del viver

L'affanno ed il contento,

Dolce era al labbro emettere

Di padre il nome amato

E mi vedea sacrato

Un palpito sincer.

Fu l'avvenire un libero

Trasporto della mente,

Tinto di liete immagini

Io lo scorgea fidente

Quando una madre tenera

Calmava il pianto mio

E m'insegnava un Dio,

Scopo de' miei pensier.

Quando da man che tremula

Rendeva con puro affetto,

Dall'ava con un fremito

Presso vedeami al petto,

E tu, felice, immobile

Guardavi quella scena

Che può ridire appena

Il labbro schiavo al cor.

Allor che teco, leggere

Soleva sulla sera,

E da tre voci unanimi

Aveva una preghiera

Il ciel per me, che limite

Era a infrenate spemi,

A quei desir supremi

Svolti da un santo amor!...

Sogni essi furo: e

Si svolse il fatuo manto,

I bei fantasmi sparvero

Che vi sedeano accanto.

Tolto alla vita, a gemere

D'un carcere fra le mura

Opra di rea sventura

Col tocco mi cacciò.

Non più il materno palpito

Del padre più il conforto,

De' ceppi il cupo stridere

Ne' miei pensieri assorto,

Rompe la calma funebre

De' miei silenti giorni

Sin che l'aurora torni

Che a me il destin segnò.

Sol, fra impotenti smanie,

Fra tacite pareti,

Che testimoni furono

Di gemiti segreti,

Ch'altri non più conoscere

Oltre a quei ch'ivi langue,

Che a lagrime di sangue

L'angoscie terminò.

Ma sta per sorger l'iride

Nunzia a me alfin di pace,

Dopo scomparso il turbine

Tutto il passato tace,

Un giorno di letizia

Ogni dolor disperde,

Quando che il suol riverde

Scordato il verno è già.

Sì; giungerà quell'apice

A che il pensiero anela,

De' mali non può esistere

Eterna la sequela,

Nomi non son chimerici.

Iddio!... l'onor, la fede!...

S'or niun di questi ha sede

Forse che un l'avrà.

Dalla Giudecca, il giorno in cui mi fu annunciata la cecità di mio padre.


«»

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA2) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2010. Content in this page is licensed under a Creative Commons License