Ferdinando Petruccelli della Gattina
Il concilio

XXIV.

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XXIV.

 

Cinque legati pontificii, in qualità di presidenti, due altri cardinali, tre patriarchi, venticinque arcivescovi, centosessanta vescovi, sette abati, sette generali di Ordini e più di cento teologi, bene scelti, sfilarono in mezzo a due ale di moschettieri, e si recarono alla chiesa.

Tra gli ambasciatori sorsero gravi dispute di preminenza: quelli di Baviera volevano precedere quelli di Venezia, e quelli della Svizzera volevano andare innanzi a quelli di Firenze; il conte di Luna, ambasciatore di Spagna, voleva essere incensato alla messa, e voleva baciare la patèna prima di Ferrier, ambasciatore di Francia. Poco mancò si ponesse mano alle spade in chiesa: il servizio divino ne fu turbato.

Il vescovo di Reggio arringò i Padri, e provò che la Chiesa di Roma è superiore a Dio stesso, «poichè la Chiesa ha distrutto la circoncisione e il sabbato, che Dio aveva istituiti e ordinati».

Il papa diede sessanta scudi d'oro ai prelati italiani, che votavano come.... gli arcadi del Corpo legislativo. Il nuncio Simonetta manteneva una schiera di prelati interruttori, i quali, come scrive l'abate di Lansac a Caterina de' Medici, turbavano le sedute con grida e motteggi.

I Gesuiti esercitavano sui Padri la più alta influenza, e la facevano da giannizzeri del papato. Il P. Lainez, loro generale, aveva avuto il coraggio di esclamare in piena seduta: «Che le altre Chiese non potevano riformare la Corte di Roma, poichè lo schiavo non istà al disopra del suo signore». I vescovi italiani applaudirono; i vescovi spagnuoli si unirono ai francesi, condotti dal cardinale di Lorraine, per controbilanciare il partito romano. Un prelato italiano esclamò: «Il Concilio è caduto dalla rogna spagnuola nel mal francese».

Nella decimasettima seduta si trattarono i libri col massimo rigore; di modo che, dice fra Paolo Sarpi, non rimaneva più nulla che si potesse leggere: lo Spirito Santo aveva decretato l'idiotismo universale.

I Governi d'Europa si scossero alle idee che predominavano nel Concilio, assolutamente contrarie allo spirito de' popoli. L'Austria, per mezzo de' suoi ambasciatori, propose venti punti di riforma, tra' quali l'abolizione delle indulgenze, che si vendevano a lotti a Roma, e si rivendevano a quattro soldi al pezzo nelle osterie della Svizzera e della Germania. Ferdinando I domandò il calice pei e il matrimonio pei preti. Ferrier, con le lettere della stessa Caterina de' Medici, esigeva il matrimonio de' preti, la messa in lingua volgare, un Concilio ecumenico libero, come lo intendevano i protestanti. La Baviera domandò tutto questo e più ancora.

I legati si spaventarono.

Pio IV inviò un supplemento di Padri italiani per rinforzare la maggioranza; fece comprare il dottor Hugonis, che gli riferiva i segreti del Comitato francese; e scrisse allo stesso cardinale di Lorraine (il quale fu così crudele verso gli Ugonotti per politica, non già per fede): «non esser bene che il popolo abbia la piena intelligenza dei misteri della religione, ma esser piuttosto necessario che esso creda ed obbedisca per fede».

Ma siccome insistevasi sulla riforma della Corte di Roma, così i legati proposero si cominciasse dal riformare i Governi secolari e l'episcopato medesimo.

Questo colpo inatteso troncò le rimostranze.

Il papa si ammalò in seguito di eccessi d'ogni genere. E poco appresso ne morì; e Pasquino disse: «In odio visse, e si morì d'amore

I cardinali volevano accostarsi a Roma: essi temevano che il Concilio, imitando quello di Costanza, nominasse il successore di Pio IV. Fu dunque affrettata la chiusura del Concilio. Si decretò in gran fretta una infornata di dogmi, venuti bell'e pronti da Roma; si scomunicò gli eretici, come al solito; e nella ventesima quinta seduta fu proclamata la chiusura. Vi si adoperò la formula: «Alla presenza dello Spirito Santo, ci parve bene....», anzichè la formula consacrata: «Parve bene allo Spirito Santo ed a noi».

Questo Concilio aveva durato ventun'anno. I teologi non v'ebbero voto deliberativo: essi spiegarono i dogmi. I prelati pronunciarono. I legati del papa diressero, e furono sempre i padroni.

Il papa approvò in un concistoro i decreti del Concilio, dietro la proposta del cardinale Buoncompagni, che il papa solo poteva interpretare i decreti e le decisioni sinodali, sui quali era severamente vietato di fare alcuna glossa o commento.

La Francia e la Germania non riconobbero il Concilio di Trento. Ed allorchè più tardi, all'epoca della reazione cattolica, esse vi aderirono, non si sottomisero che alla parte dogmatica, respingendo sempre la parte disciplinare, contraria agli usi ed ai privilegi di ciascuna nazione.

 

 

 


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