Ferdinando Petruccelli della Gattina
Il concilio

XXVIII.

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XXVIII.

 

L'ultimo di novembre del 1545, appressandosi il tempo dell'apertura del Concilio a Trento, i legati inviarono un corriere a Roma per avere una bolla che loro ingiungesse di aprirlo, dicendo che, per conservare l'autorità della Santa Sede, era d'uopo che codesta bolla fosse letta e registrata nella prima seduta. La bolla giunse, infatti, l'11 dicembre, e all'indomani i legati ordinarono un digiuno ed una processione, e tennero una congregazione generale, in cui fu letta la bolla e determinato quello che si doveva fare nella sessione.

Il vescovo d'Astorga, Diego d'Alava, disse che si doveva leggere nella congregazione anche il breve della Legazione e presidenza, affinchè tutti potessero mostrare obbedienza alla Santa Sede. Quasi tutta l'assemblea approvò questo parere, ed anzi ciascuno v'insistette particolarmente. Ma il Santa-Croce, considerando le conseguenze di tale domanda, e che, se si faceva pubblica l'autorità della Legazione, ciò poteva invogliare a limitarla, trovò più a proposito di tenerla segreta, per consigliare secondo l'occasione. Egli rispose dunque subito: che tutti i prelati non formavano che un corpo solo nel Concilio, e che se si leggeva il breve dei poteri dei legati, bisognava leggere altresì le bolle d'ogni vescovo per far fede della sua istituzione; dimodochè si dovrebbe sempre ricominciare di volta in volta ne venissero di nuovi. Con tale pretesto egli salvò l'onore della Legazione, che consisteva nel non aver limiti24.

I legati di questa prima parte del Concilio di Trento furono: il cardinal Monti o Del Monte, dell'ordine de' vescovi; il cardinal Santa-Croce, dell'ordine dei preti; e il cardinal Poole, della casa reale d'Inghilterra, dell'ordine de' diaconi. Però i legati portavano tutti gli stessi distintivi.

Paolo III mandò suo nipote, il cardinal Farnese, a Carlo V, affinchè consentisse all'apertura del Concilio e desse i suoi ordini ai cattolici.

Fu deliberato che la sala delle sedute fosse coperta di tappezzerie, per timore che il Concilio non paresse un'assemblea di persone abbiette.

Il cardinale Madrucio, parente dell'imperatore e vescovo di Trento, fece parte del Concilio, e die' luogo ad una contesa; poichè Mendoza, nella sua qualità di rappresentante dell'imperatore, voleva avere un seggio al di sopra di lui. Si pensò di collocare le sedie in modo che la preminenza tra loro non si potesse discernere. Madrucio ebbe anche quistione col Del Monte; ma gli fece poi delle scuse, e il Del Monte rispose con un segno del capo.

- Monsignore, disse Madrucio, prendetela come volete, mi è indifferente: io sono cavaliere di nascita.

- Ed io saprò andare, rispose il legato, dove i nobili non potranno mai insultarmi.

Infatti, egli andò a Roma, e fu papa.

Si chiamarono corridori i Padri che si affrettarono a recarsi a Trento. E siccome vi si annoiavano, così chiesero il permesso, sotto un pretesto qualunque, di andare a Venezia o a Milano per distrarsi. I legati concedevano di rado tale permesso, ma, per raddolcire il rifiuto, davano del denaro.

Tre vescovi francesi giunsero in sul principio. Il re li richiamò; ma essi mandarono il vescovo di Rennes a pregare S. M., in nome del papa, di permetter loro di rimanere. E così due soltanto assistettero all'apertura del Concilio.

Per lo addietro, il titolo di Atti del Concilio comprendeva tutto. A Trento si diede questo titolo ai decreti, e si tacque del resto.

Per lo addietro, i notaj assistevano al Concilio per raccogliere i suffragi. Se i vescovi opinavano senza contraddizione, essi scrivevano: «Il santo Sinodo ha pronunciato». Allorchè parecchi vescovi erano dello stesso avviso, i notaj scrivevano: «I vescovi hanno proclamato o dichiarato»; e questo teneva luogo di decisione. Quando non si potevano punto accordare, i notaj registravano il voto di ciascuno, e il presidente decideva.

Nulla di tutto questo fu fatto per gli atti del Concilio di Trento.

 

 

 


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