Ferdinando Petruccelli della Gattina
Il concilio

XXIX.

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XXIX.

 

Giunto il 13 di dicembre, il papa pubblicò a Roma una bolla di giubileo, in cui diceva: ch'egli aveva convocato il Concilio per sanare le piaghe aperte alla Chiesa da detestabili eretici; che ciascuno in particolare doveva pregar Dio pei Padri raccolti a Trento; e per rendere efficaci queste preghiere, digiunare tre giorni ed assistere alle pubbliche processioni; poi confessarsi e comunicarsi, in grazia di che egli accordava loro il perdono dei loro peccati.

Nello stesso giorno, a Trento, i legati e venticinque vescovi, indossati gli abiti pontificali ed accompagnati dai teologi, dal clero della città e da tutto il popolo di Trento e dei dintorni, si recarono processionalmente dalla chiesa della Trinità, ove s'erano riuniti, alla cattedrale, dove il primo legato celebrò la messa dello Spirito Santo. Il vescovo di Bitonto, il francescano Musso, pronunciò un discorso, in cui si rivolse ai boschi ed alle foreste di Trento, scongiurandole ad invitare tutti gli uomini a sottomettersi al Concilio, per timore non si dicesse che, essendo venuta al mondo la luce del papa, gli uomini avevano preferito alla luce le tenebre.... Egli invitò poscia la Grecia, la Francia, la Spagna e l'Italia, tutta la cristianità alle nozze. Infine, rivolgendosi a Gesù Cristo, lo pregò, per intercessione di san Vigilio, patrono della vallata di Trento, di voler assistere al Concilio.

Il papa, la cui luce era venuta al mondo, era quel cardinale Farnese, che Alessandro VI aveva fatto uscire dal Castel Sant'Angelo, in cui era rinchiuso come falsario di brevi pontificii, in grazia della sorella Giulia Farnese, della quale Alessandro VI aveva fatto la sua concubina, e che fece dipingere dal Pinturicchio come una Madonna - in the sacred character of the Virgin, dice Roscoe -, appendendola poi al capezzale del suo letto. La luce del mondo era quel Paolo III che aveva comperato i voti del conclave; quel papa di cui Benvenuto Cellini diceva: «che non credeva in nulla, in Dio in altra cosa, fuorchè nell'astrologia»; quel Paolo III che, come Alessandro VI, aveva sedotto sua figlia Costanza prima di maritarla allo Sforza, e che aveva in seguito avvelenata, perchè si opponeva alla continuazione dell'incesto; quel papa che aveva già avvelenato i rivali che gli sua sorella; quel papa che nominava cardinali i suoi nipoti, dell'età di quattordici e sedici anni, e Crispo ch'era stato cavalleggero; quel papa che aveva fatto costruire una macchina infernale per assassinare Carlo V; quel papa che sancì l'Ordine dei Gesuiti; quel papa ch'ebbe mano nell'avvelenamento del cardinale Ippolito de' Medici, che l'aveva nominato papa, in casa della sua concubina Giulia Gonzaga; quel papa ch'era padre di quel Pier Luigi Farnese, che violava i vescovi. - Paolo III diceva: «Io imparai dalla storia e dalla mia propria esperienza che la Santa Sede non fu mai potente e felice se non quando fu alleata alla Francia». E piegò verso la Francia; in modo che Carlo V diceva di lui: «Altri prendono il mal francese in gioventù, ma questo papa lo prende nella vecchiaia». Egli morì in un accesso di bile, forse avvelenato dal cardinale Farnese, suo nipote.

Dopo il discorso del vescovo di Bitonto, i legati fecero leggere una lunga esortazione così concepita: che essendo loro cómpito di ammonire i prelati durante il Concilio, essi credevano doverlo fare sin dalla prima seduta, ma in guisa da non consigliare mai nulla di cui non dessero essi medesimi l'esempio, essendo in tutto eguali agli altri; che il Concilio si teneva per tre scopi principali: l'estirpazione dell'eresia, il ristabilimento della disciplina ecclesiastica, e il ricupero della pace; che per riuscire nel pio intento, bisognava avere il profondo sentimento che codesti mali erano stati provocati dal peccato dell'eresia - non già per averla suscitata, ma bensì per aver mancato al proprio dovere di seminare la buona dottrina e di estirpare la zizzania; che, rispetto alla corruzione de' costumi, non era mestieri parlarne, poichè nessuno ignorava che i pastori ed il clero erano i corruttori e i corrotti: in punizione di che, Dio aveva loro mandato la terza piaga, cioè la guerra al di fuori coi Turchi, e al di dentro tra' cristiani; che senza questo vero riconoscimento de' loro falli, essi invocherebbero invano lo Spirito Santo e comincierebbero invano il Concilio; che le sventure della cristianità provenivano da un giusto giudizio di Dio che la puniva, quantunque con pene ben minori delle sue colpe; che per calmare la sua collera, bisognava confessare queste colpe, ad esempio di Esdra, di Nehemia e di Daniele, senza di che lo Spirito Santo non discenderebbe sopra di essi; che Dio faceva loro una grazia particolare nel porli in grado di cominciare il Concilio per riparare ai danni della Chiesa; che Dio era spettatore delle loro azioni, insieme con gli angeli e tutta la Chiesa. Infine, i legati raccomandavano ai vescovi mandati dai principi di servire i loro padroni, in modo che il servizio di Dio fosse preferito a qualunque altra cosa.

E questo sarà il testo preciso dell'allocuzione che Pio IX dirigerà al Concilio, aggiungendovi le rapine del razionalismo e gli attentati dei rivoluzionarii, che hanno spogliato la Santa Sede di ciò che aveva ricevuto da Dio; e facendo una tirata contro la pubblica educazione e l'insegnamento avvelenato dalla libertà.... Il tutto condito di pecore, di ovili, di lupi voraci, di corrucci del cuore paterno, di persecutori della Chiesa, di figli scellerati di Satana..., che già sappiamo. Il gergo ecclesiastico è stereotipato!

 

 

 


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