Ferdinando Petruccelli della Gattina
Il concilio

XXXV.

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XXXV.

 

La costruzione dell'anfiteatro pel Concilio in S. Pietro è già terminata, dietro il progetto del Vespignani, dopochè fu scartato quello del Sarti, troppo grandioso. Il trono del papa è ad una estremità. L'altare del Concilio è nel centro. All'ingiro vi sono sette ordini di stalli per circa 650 Padri.

Se ne attendevano molti di più.

Nel numero dei presenti, gli Italiani saranno come cinque a sette; il che assicura la maggioranza papale.

Una grande tenda nasconde codesto teatro. Essa verrà alzata al momento delle apoteosi, per offrire al pubblico una santa occasione d'applaudire e di buscarsi un cantuccio di paradiso. Il paradiso è la ricompensa ufficiale della Chiesa romana.

Furono scelti degli stenografi di tutte le nazioni, affinchè possano accomodare un po' il latino de' Padri. Lo Spirito Santo non è responsabile degli errori di lingua: egli guarda soltanto alla sostanza della dottrina.

Sette Commissioni, presiedute da sette cardinali, spinsero innanzi le faccende preparatorie, malgrado il caldo, le vacanze e la malaria. Il papa riceve giornalmente un rapporto sul lavoro che si va preparando.

Una Commissione speciale, composta di otto dignitarii, esercita le funzioni di quartier-mastro, e prepara gli alloggi pei vescovi, e i divertimenti - spirituali, s'intende - pei profani.

La Polizia garantisce la modestia immacolata del corpo di ballo del teatro Argentina. Si pregarono poi i Transteverini di astenersi dal coltello, e le Transteverine di farsi più belle, per la maggior gloria di Dio.

Il discorso d'inaugurazione brulica nel cervello del P. Luigi da Trento, arcivescovo d'Icona e predicatore apostolico al Vaticano.

Il più profondo mistero copre la lista del Concilio. Ma siccome Roma è sempre la città dove Cristo tuttodì si merca, così il Times ha potuto sapere come sarà composta la festa.

«Tre cose, esso dice, saranno trattate nel Concilio, il quale durerà tre settimane al più. Queste tre cose sono: la dichiarazione dell'infallibilità del papa, la quale sarà proposta, al principio della sessione, da un prelato inglese; il Sillabo dogmatizzato sarà convertito in legge; e finalmente sarà proclamato il dogma dell'Assunzione e dell'Immacolata Concezione, desunto da due scritti apocrifi del quinto secolo. Noi speriamo che tutto ciò riescirà a seconda dei desiderii».

Questo Concilio non rassomiglierà agli altri. Dal Concilio di Nicea sino a quello di Trento, codeste riunioni ebbero sempre uno scopo determinato da raggiungere, un nemico speciale da combattere, cominciando da Ario e terminando con Lutero, - ora Enrico IV di Germania ed ora Federico II, ora i Saraceni, i Templari, o gli Ebrei. Ma il Concilio attuale a qual fine è convocato?

L'enciclica dice: «È già noto da quale orribile tempesta è agitata la Chiesa.... La Chiesa cattolica e le sue salutari dottrine, il suo venerabile potere e la suprema autorità della Sede apostolica sono assaliti e calpestati dai più abbominevoli nemici di Dio e degli uomini; tutte le cose sacre disprezzate, i beni ecclesiastici saccheggiati, i vescovi e i più alti dignitarii della Chiesa vessati in tutte le forme, gli Ordini religiosi espulsi, ed ogni sorta di libri empii e di giornali pestiferi... largamente diffusi.... In questo Concilio ecumenico, tutte queste cose saranno accuratamente esaminate, e sarà determinato ciò che, in questi tempi sommamente difficili, può riuscire alla maggior gloria di Dio alla integrità della fede, alla degna celebrazione del culto divino, alla salute eterna degli uomini, alla disciplina ed all'istruzione solida e salutare del clero, all'osservanza delle leggi ecclesiastiche, al perfezionamento della morale, all'educazione cristiana della gioventù, alla pace ed alla concordia universali. E noi dovremo sforzarci con la maggior energia ed allontanare il male dalla Chiesa, non meno che dalla società civile»...

Con un programma così vasto e così vago, il Concilio può dunque entrare in tutte le quistioni, e portare il suo giudizio sul dominio del pensiero, non meno che su quello della fede e del sentimento, sui governi e sulla società. Quale sarà la condotta del mondo laico di fronte ad un giudice che non è stato chiamato a giudicare, ed al quale non si riconosce alcuna autorità, alcuna missione, alcuna competenza?

Si può considerare la domanda da tre punti di vista:

1.° Dal punto di vista della soggezione della Chiesa allo Stato;

2.° Dal punto di vista del concetto del conte di Cavour: libera Chiesa in libero Stato;

3.° Dal punto di vista della costituzione dell'avvenire: il prete libero nello Stato libero.

La Chiesa soggetta allo Stato è una teoria che perde giornalmente terreno. Questa teoria non è più scusabile se non nel paese in cui il clero è stipendiato sul bilancio, e perciò pubblico funzionario, come in Francia. Essa non ha più ragion d'essere che in un solo paese, l'Italia, ove il papa non fa soltanto dei Concilii, ma dei Mentana; non solo convoca dei vescovi, ma anche degli eserciti stranieri; non solo proclama dei dogmi, ma pronuncia inoltre delle sentenze di morte per causa politica; non solo s'appoggia ai Santi Apostoli, ma altresì ai sovrani stranieri. In fine, codesta teoria cesserà di avere da per tutto il menomo valore, appena La Chiesa cesserà d'essere una monarchia tory, e diventerà una democrazia nazionale.

Il conte di Cavour era una mente troppo elevata per crederlo capace di aver formulato seriamente la teoria di uno Stato libero entro uno Stato libero; perocchè la Chiesa, col suo attuale organismo, non è meno di uno Stato - anzi uno Stato cento volte più autorevole che l'Impero degli czar. Quando codesta teoria fu proclamata dinanzi al Parlamento italiano, io la combattei naturalmente - mi sia permesso questo ricordo personale -, e perorai per l'indipendenza del vescovo di fronte al papa, per l'indipendenza del prete di fronte al vescovo: il prete libero nello Stato libero! Trovatomi, dopo la seduta, col conte di Cavour nei corridoj della Camera, io presi a scherzare sul suo bon-mot. Ed ei mi rispose, col suo sorriso così finamente malizioso: «Domandando ai cattolici quella ch'essi chiamano la lor capitale, Roma, bisognava bene prometter loro un compenso

E però l'apoftegma, che fa applaudito come un principio politico, non era in realtà, nella mente del suo autore, che un diplomatico: «passatemi la sena, ch'io vi passerò il rabarbaro».

Del resto, la Chiesa libera è già stata sperimentata in Ispagna da Filippo II, «il gran mangiatore di lardo, di cui faceva il suo pasto principale», a quanto raccontano le Ambassades de M. de Nouilles.

Ora, sappiamo benissimo quello che fece in Ispagna il regime della Chiesa libera. Pochi giorni sono, un Inglese venne quasi ucciso a Lorca come uccisore di fanciulli, de' quali prendeva il grasso per spalmarne i fili del telegrafo! I due terzi dei partigiani di Carlo VII, dice il Semplice, sono preti.

Semplice davvero!

Finalmente la teoria del prete libero nello Stato libero è la dottrina democratica e nazionale dell'avvenire; quella che lascierà ai fedeli scegliere, pagare e controllare il loro curato, ed ai curati scegliere il loro vescovo, secondo l'interesse e la fede del loro paese, all'altezza de' bisogni morali ed intellettuali del popolo, ed in armonia con ciò che la scienza e la civiltà impongono alle credenze.

Scartando, per conseguenza, il principio della Chiesa soggetta, la soluzione pacifica e degna, che i Governi cercano, è tosto trovata.

 

 

 


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