Carlo Malinverni
Sinite parvulos

La voce delle cose

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La voce delle cose

Dicea stamane: - è ver; non v'ha più dubbio;

è proprio questo il giorno!

E il pensiero di lume splendentissimo

s'irradiava, e tutto a me d'intorno

nella quïeta e bianca illeggiadrivasi

stanzetta di fanciulla:

quasi un sentor di festa era nell'aere;

gonfio il cor palpitava, e intanto sulla

bocca saliva un'improvvisa musica

siccome fior da stelo:

quanta, quanta allegrezza entro dell'anima

quanto splendor nell'azzurro del cielo!

Dall'aperta finestra entrava un limpido

caldo raggio di sole;

per l'aperta finestra a me saliano

effluvî di mughetti e di vïole:

dall'alma tocca dolcemente al magico

risveglio delle cose,

dall'alma che bevea l'onda purissima

della luce e dell'aura, in amorose

cadenze espresso, s'elevava un cantico

a tutto quanto ha il mondo,

benedicente Iddio, le cose, gli uomini,

benedicente all'avvenir giocondo.

Che festa a me d'intorno nella camera

e che festa di fuori

Tutto avea voce e vita: il pesco e il mandorlo

facean gran pompa di foglie e di fiori,

e tra lor - così credo - sussurravano

vecchie storie amorose,

mentre che molle li baciava il zeffiro;

gigli di neve e damaschine rose

nell'attiguo giardino s'arruffavano,

mentre le pecchie d'oro

liete givan predando da' lor calici

il biondo söavissimo tesoro;

chiare stille piovean con lene murmure

nella marmorea vasca,

e un augellin provava una dolcissima

romanza, altalenando sulla frasca.

Voci e vita dovunque: il pesco e il mandorlo

diceano: - ti rammenti?

era l'inverno, era l'inverno rigido:

noi, si pugnava co' rabbiosi venti.

E le rose dicean, diceano i candidi

gigli: - ricordi ancora?

era l'inverno, era l'inverno rigido,

e noi passammo un brutto quarto d'ora.

Dicevan l'acque: - ci hanno il dolce murmure

soffocato i diacciuoli: -

e l'augel: - si spegneva in me ogni armonica

virtude ed ogni forza ai baldi voli:

ecco, ci scioglie dal torpore gelido

la pronuba stagione

col fiato che feconda, e i fiori tornano,

tornano i voli e torna la canzone.

Io rispondeva: - nell'inverno rigido

ho gli occhi faticato

sovra i libri, lontana dai giocattoli:

e n'ho letto, sapete, e n'ho sfogliato.

Ma, come voi lottando colle raffiche

di novi canti e fiori

la speranza, a me nell'intimo

ridea la speme di ben altri onori:

la bella speme sorridea di giungere

una medaglia d'oro,

e, dolce premio di tante vigilie,

unico, vero, ineffabil ristoro

a cui pensando tutto tutto l'essere

si colma di dolcezza,

gli occhi paterni inondati di giubilo,

il bacio della mamma e la carezza!


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