Carlo Malinverni
Sinite parvulos

Dalla ribalta

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Dalla ribalta

Io parlo a voi, signori cortesi, e a voi, signore

buone, gentili, amabili, parlo a voi con il cuore

in mano ed alla buona, senza punta paura,

proprio come se fossi colla mamma, - sicura

che, come fa la cara, la dolce mamma, mia,

voi, fior di gentilezza, voi, fior di cortesia,

avrete per la povera bimba che ancor balbetta

un bel sorriso e molta benevolenza: - è detta? -

Dunque, io faccio a fidanza - nevver? - con tutti voi;

ma se avverrà (deh! non s'avveri) che v'annoi

il mio dir disadorno, la mia faccetta tosta,

vogliate proprio credere «che non s'è fatto apposta».

E, per dir proprio tutto tutto, dall'a alla zeta,

ero, di questi giorni passati, un po' inquïeta:

una sala, un teatro - pensavo - e dentro molta

molta gente, che in vita mia non vidi una volta

sola, e sulla ribalta sol io:.... se mi fallisce

la memoria?... può darsi!... Dio sa come finisce...

che figura!... che fiasco!... mamma, gli è vero, di',

che sono tutti buoni? - ma sì, ma sì, ma sì,

rispondeva la mamma, ma sì, figliuola mia,

non temere di nulla, studia la pöesia.

Come sempre, la mamma ragione ebbe, chè, appena

ho posto i piè sui tavoli della temuta scena,

illico et immediate scomparve la paura:

mi son sentita proprio bene e affatto sicura,

ho respirato un'aria satura d'affezione,

ho visto a me d'intorno tante brave persone

che ho pensato: gli è come se fossi in casa mia:

quanta benevolenza! ve', quanta cortesia!

che sorridere dolce!... Signori, (oh! non mi gabbo)

tal qual voi sorridete, sorridon mamma e babbo.

Pensare che con tanta splendidezza di sole,

venite qui a sentire... cosa? - quattro parole

male connesse e pessimamente recitate!...

grazie, o Signori, della mai più vista bontate,

grazie a voi, che sedete sovra quei seggioloni

e che siete (gli é inutile negarlo) buoni buoni.

Siam piccoli, ma pure noi, che ogni santo giorno,

ogni ora, ogni momento, sempre v'abbiam d'attorno,

noi, cui feste un ambiente tutto amorevolezza,

noi, pei quali ogni vostra parola è una carezza,

noi, che del vostro affetto le prove abbiamo in mano,

noi possiam dir che siete buoni - e negate invano.

Senza voi, si sarebbe cresciuti sa come,

senza manco sapere scrivere il nostro nome:

si sarebbe venuti su su grandi, in balia

di noi stessi, travolti dal fango della via,

coll'animo intristito, coll'intelletto spento,

senza un palpito grande, senza un nobile intento,

vivendo una vitaccia miserabile e brulla,

senza saper di patria, senza saper di nulla,

chè la mamma ed il babbo, s'hanno da lavorare,

la mente e il cuor non possono de' figliuoli educare....

Mercè vostra, signori, lasciate che lo dica,

in alto fummo tratti da una virtude amica,

abbiam visto la fitta tenebria dileguare:

foste, a noi quasi naufraghi, voi, la stella del mare,

il porto ed il rifugio, l'ancora di salvezza;

per voi, da buone e care maestre a noi si spezza

giorno per giorno il pane dolce della scïenza,

per voi sappiam di vivere, per voi s'ha la coscienza

di ciò che siam, di ciò che un sarem, di quanto

v'ha nel mondo di bello, di nobile, di santo....

Signore gentilissime, miei signori garbati,

ho finito e mi pare tempo: - ma se annoiati

v'ha il mio dir disadorno, la mia faccetta tosta,

vogliate proprio credere «che non s'è fatto apposta».


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