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Primo a svegliarmi è un suon lento di squilla
che scende giù dall'ermo colle e via
via si propaga per l'aura tranquilla
dicendo in suo tenore: Ave Maria!
E s'aggiungono a lui, presso e lontano,
tosto altri suoni d'altre squille, e sento
nelle piazze un brusio: sento: è l'umano
lavor che si ridesta e l'ardimento.
Intanto, ecco, di bel sereno adorno,
a poco a poco il ciel vedo schiarire,
e, poeta gentil del novo giorno,
la lodola, cantando, alto salire.
Per l'aperta finestra l'allegrezza
a me ne vien del primo, primo raggio,
mentre amorosa movesi ed olezza
impregnata dai fior l'aura di maggio.
Vengono a me, di tra gli olenti rami
degli alberi, di tra i fioriti spini
della siepe, gridii, voci, richiami,
di passeri, di cincie e cardellini:
salgono a me di rose e di vïole
fragranze sulla lieve ala de' venti;
rompe tra i sassi un rio, siccome suole,
con lene suon di chiare acque fuggenti:
ogni borgo s'allieta ed ogni villa,
corre un fremito su per l'aspre vette:
lontano il mare palpita e scintilla
«per l'altrui raggio che in lui si riflette».
E mentre l'occhio bee questa esultanza
avido, e l'alma in essa si riposa,
una voce sonar nella mia stanza
odo: - mia madre! - e a lei corro festosa. -