Carlo Malinverni
Sinite parvulos

Un anno dopo

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Un anno dopo

Mi par ieri! - addobbata tutta a festa la sala,

com'oggi, e noi bambini tutti messi in gran gala.

dirimpetto, sovra quelle stesse poltrone,

sorridendo, aspettavano quelle stesse persone:

e noi col costumino dell'asilo, pulito,

ci pavoneggiavamo qui, nell'istesso sito!

Le maestre affannavansi intorno a questa e a quella

ad una il grembiulino, a un'altra la gonnella

o i ricci accomodavano con cura, con amore....

e maestre e bambine, tutti, un gran batticuore.

Poi si fece silenzio, come adesso, tal quale.....

oh! ricordo benissimo: - le cocche del grembiale

ho sciupato cercandovi..... quello che poi non c'era.

Che momento! ma basta, spiccato ho la carriera.

Dapprima le parole venivano a rilento,

ma via via s'incalzavano. - Signori, che momento!

Ho visto, ed anche voi visto avrete sovente,

d'estate, per esempio, quando da ponente

s'alza la nuvolaglia che a poco a poco il cielo

quant'è largo d'un funebre copre ed immenso velo,

dopo il guizzo dei lampi e de' troni il baturlo,

che strappano ai bambini päurosi un grand'urlo,

cader le prime gocce larghe come soldoni

e rade - e finalmente giù coi lampi e co' tuoni,

una pioggia, un diluvio, un rovescio..... E tal quale

successe a me..... sciupando le cocche del grembiale.

Dapprima le parole venivano a rilento,

indi a furia, con foga - d'un tratto lo sgomento

era scomparso: i versi danzavan nella mente,

calavan dalla bocca, direi, naturalmente!

E non una battuta d'aspetto: - li filai

tutti da cima a fondo. - I versi erano gai,

erano un vero e proprio pissi pissi d'augelli;

a me diceste: - brava! ed a quei versi: -- belli!

Mi par ieri! - ed un anno è passato: - di nuovo

ecco che innanzi a voi, Signori miei, mi trovo;

ecco che debbo dire dei versi un'altra volta,

e far molto a fidanza col pubblico che ascolta.

Eh! lo so che gli è un pubblico affatto ben disposto,

eh! lo so che applaudirmi volete ad ogni costo.

Lo vedete? si ride, ed uno dice all'altro:

se tanto mi tanto, con quel musino scaltro,

con quelli occhietti furbi, con quel far birichino

la mi diventa un pezzo..... di cacio piacentino.

Gli è un altro par di maniche quest'anno. L'anno scorso

mi prestai gentilmente. - Vo' dire che il discorso

fu, è vero, mia fatica tutta particolare,

ma in quanto a premii, niente - vedere e non toccare.

Ma quest'anno..... quest'anno vedo in quel cabaret

un premio finalmente, Signori, anche per me.

Carpire il premio e correre tra le materne braccia,

«nel sen che mai non cangia» nascondere la faccia,

veder di gaudio accesa quella santa pupilla,

formarsi e per le gote discendere una stilla

di pianto söavissima, spremuta dall'affetto,

sentire il cuore a battere concitato in quel petto,

e quella man tremante carezzarvi le chiome,

quella bocca ripetere, gioiendo, il vostro nome,

mentre cerca con ansia, come avida e assetata

la vostra bocca, e udirsi chiamar: figliola amata,

solo ed unico bene, tesor, gioia, speranza.....

Oh!, Signori, è dolcezza ch'ogni dolcezza avanza.

Signori miei, quest'anno voi mi mandate via,

ma starà sempre sempre con voi l'anima mia,

col pensier verrò spesso, verrò ogni tra queste

mura che mi ospitarono tanti anni. - Anime oneste

qui trovai del mio bene pensose ed occupate;

per mutar di luogo, per mutar d'etate

potrò scordarle. Qui mi si dieder l'ale

per arrivare in alto, vicino all'Ideale.

Se lungo il mio sentiero troverò alcuni fiori,

saran per voi, Maestre, saran per voi, Signori!


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