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Bluette, porterai qualche musica nella trincea che non dorme, dal giogo bianco dello Stelvio all'onda calma che rispecchia le tragiche finestre di Miramare.
Vedrai quelli che assaltarono la rupe del Carso formidabile; quelli che, guadato il fiume, terribilmente vissero nell'inferno di Doberdò.
Vedrai quelli che salivano, di notte, senza luna, in gran silenzio, per scolpire nel granito inaccessibile la storia degli Alpini di Monte Nero.
Forse nei bivacchi di linea, su la piegata erba dei nomadi accampamenti, la notte, al lume delle torce, scioglierai, danzatrice, la tua meravigliosa treccia bionda. Porterai, d'inverno, su la neve dell'Altissimo, l'azzurro profumo che trabocca da' tuoi semplici fiordalisi...
E ti sia perdonato, fra tanta guerra, quel tenue rumore di sciarpe che produce la tua lievità.
Questo è ancora ciò che rimane per ultima cosa negli occhi dell'uomo che non torna: la trasparenza d'un velo sul colore indimenticabile d'una treccia, gli occhi di un'amante lontana, che innamorata si addormenta nella musica di una lontana città...
Questo è ancora ciò che rimane, dietro le finestre chiuse, dopo i grandi cimiteri: un profumo di grembo femminile che farà continuare la vita, che piegherà l'ideale dei popoli verso le necessarie cune...
Affinchè possa il mondo ricominciare ad uccidersi.
Oggi cantano le belle mitragliatrici.