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0 ALLA MEMORIA DI TERESA GEORGE CIBRARIO | «» |
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ALLA MEMORIA
DI
Anima bella, che dal buio uscita
Della mortal vallea, drizzasti il volo
Agli splendor della seconda vita;
O Teresa gentil, vedovo e solo
Quaggiù l'Eletto che ti fu consorte,
Si lagna a te per insanabil duolo.
Ed io compunto dell'acerba sorte,
Fa cor, gli dissi, e contra i mille strali
Della fortuna opponi anima forte.
Tu che del tempo l'ira invitto assali,
Erodoto novel, ne' dotti studi
Ti riconforta de' sofferti mali.
A te conviensi disfidar de' crudi
Eventi le procelle, a te fia gloria
Sdegnar del mondo i miseri tripudi.
Tu che dell'egra patria alla memoria
Porgesti, quasi farmaco sicuro,
L'augusto onor della sabauda istoria,
Torna a svegliar de' secoli che furo
I magnanimi gesti, e nuova lena
N'avrà d'Italia il fato alfin maturo.
Vieni meco a spirar l'aura serena
Fra i pioppi della Dora, e fanne aperti
I patrii fasti onde la mente hai piena;
E i campi, dove più sembran deserti,
Di tua scïenza popolati al lume,
Mi narreran del secol prisco i merti;
Sì che levato oltre il volgar costume
Ad ardua meta, di te degno io sia,
Mentre a te vo sacrando il mio volume.
«Dolce amico, ei sclamò, l'opera pia
Del tuo volume, deh! sacrar ti piaccia
Ella che fida alla paterna traccia,
Amò gli eroi Sabaudi, e disdegnosa
Fremea dello straniero alla minaccia,
Ed ora innanzi a Dio canta festosa
Questo bel regno ausonico nel verso
Che a noi pingeva ogni diletta cosa;
Ella di nostre lagrime cosperso
Avrà in grado il tuo libro, ed io n'avrei
Per te conforto, io che fra cure immerso,
Sempre ho l'imagin sua negli occhi miei».
E sì dicendo per la man mi prese,
E mi addusse alla stanza, ove tu sei
La nobil'alma nel gentil sembiante,
In che l'amico mio tanto s'accese.
A te, come a risorta, io trassi innante
Preso di meraviglia, e dai coralli
Del tuo labbro attendea parole sante.
Le rose e i gigli delle nostre valli
Ti fiorivano in volto, e fuor ti usciva
Dagli occhi il lampo de' siderei balli.
Vid'io converso in mistica Sionne
Il sacro ostello che d'intorno oliva.
O benedetta fra le itale donne,
Prendean vita per te le pinte mura,
I cherubi arpeggianti e le madonne;
E parlavan del Ben che sempre dura,
E delle rose ch'ei lassuso eterna
Per chi si leva dalla terra impura
All'empireo giardin che mai non verna:
E tu nell'ineffabile sorriso
Significasti la tua pace interna.
Ahi! m'afflisse il mirar nel tuo bel viso,
Quando alla dolce illusïon fui tolto
Da lagrimosi guai che m'han conquiso.
Era lo sposo tuo che ruppe il molto
Dolorar ne' singulti a me d'accanto,
E presso al caro effigïato volto
Mostrando sovra eburnea croce il santo
Martire del Calvario, ah! ne' sospiri,
Amore e morte, dir parea col pianto.
Cittadina del ciel, tu che i martìri
Puoi consolargli col benigno raggio
Che accende l'aurea sfera in cui t'aggiri,
Deh! tu l'aiuta sì che possa il saggio
Colla virtù della civil parola
Far nuovo al Sire ed all'Italia omaggio.
O grazïoso spirto, a lui deh! vola
Nel mormorio de' zeffiri söavi
Onde il Chiuson le afflitte alme consola;
E di un sorriso rallegrando i gravi
Torna al poggio ospital che tanto amavi.
Se incontrerai me pellegrin pöeta
Col tuo fedele che mi fu sì pio,
Deh! mi piovi nell'anima inquïeta
Il bello e il ver che tu vagheggi in Dio,
Mentre t'invoco ne' miei versi, e come
Dettami patrio amor, ti sacro il mio
Libro, che fausto ha dalla Dora il nome.
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