Giuseppe Regaldi
La Dora

CAPITOLO SECONDO SUSA E SUOI DINTORNI

XVI.

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XVI.

 

Le dolenti visioni di Susa tornarono ad assalirmi, e turbavano la gaiezza di quella compagnia; ond'io sapendo di trovarmi fra due buoni italiani, stretta ad ambidue la destra, non mi tenni dallo sclamare: - O cari fratelli, qui più che altrove ci si rappresenta la comune patria, contristata dagli avidi conquistatori. Oh quante volte da queste Alpi, potenti stranieri con seguito formidabile di armati si affacciarono al giardino d'Italia, e sempre ardenti della libidine di signoria, scesero a disertare le nostre belle contrade!

Scendeva Annibale rinnovando il giuramento del padre contro i Romani, ed al valore de' suoi soldati in premio promettendo il sacco delle nostre città. Scendeva Carlo Magno, e benedetto dal pontefice di Roma cacciava d'Italia il Longobardo; cacciava uno straniero per assicurare fra noi il suo dominio: straniero egli più dei Longobardi, che ormai, per lunga dimora, eransi, nella dolcezza del nostro cielo, addomesticati alle nostre usanze. Scendevano nello scorcio del secolo passato eserciti francesi, lusingando i creduli nostri popoli col nome di Repubblica, e promettenti invano alla Italia vivere libero e grandezza nazionale. soltanto di fuori ci vengono i nemici, chè ne abbiamo, e molti, anco fra i nati sotto il nostro cielo. Se togliamo il Piemonte, chi potrebbe anche oggidì rimproverare al Viandante del poeta, se

 

«Ai bei soli, ai bei vigneti

Contristati dalle lagrime

Che i tiranni fan versar,

Ei preferse i tetri abeti,

Le sue nebbie ed i perpetui

Aquiloni del suo mar?».

 

 


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