Giuseppe Regaldi
La Dora

CAPITOLO SECONDO SUSA E SUOI DINTORNI

XXXIV. La Brunetta.

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XXXIV.

 

La Brunetta.

 

Dalle reliquie d'un antico monastero trasportiamoci alle recenti rovine d'una celebrata fortezza, della Brunetta, che nel secolo scorso, fra la Cenisia e la Dora, propugnacolo del Piemonte e d'Italia contro i nemici d'oltralpi, su d'un'acconcia giogaia distesa al nord-ovest di Susa, faceva innalzare l'accorto re Carlo Emanuele, commettendone l'incarico al Bertola, uomo espertissimo nell'arte militare.

Chi nel descriverla uguaglierà mai lo storico Botta, che giovanetto la vide, maravigliando, in tutta la pompa de' suoi baluardi? Io leggendo la descrizione ch'egli ne fa, innanzi ai frantumi ancora giganteschi di quella fortezza, mi sentii preso d'un sacro entusiasmo, siccome quando in Tivoli presso la villa di Mecenate io leggeva le odi di Orazio, in Siracusa dalle eminenze dell'Epipoli le Verrine di Cicerone, e qualche pagina della Gerusalemme del Tasso sulle sponde del Giordano.

«Opera affatto romana fu, esclama il Botta; i forestieri la visitavano come maraviglia, e maraviglia era veramente per la grandezza del concetto, per la pazienza degli uomini in farla, per la maestrìa dell'arte, per la fortezza delle opere. Brunetta la chiamarono, e cinta era di otto bastoni. Venne scavata nel vivo sasso: di vivo sasso erano i bastioni e le cortine, di vivo sasso la unica strada, per cui vi si saliva, con cannoniere e feritoie da ogni lato. Vi si scorgevano le ruvide, aspre, scabre e sporgenti schegge del macigno rotto con l'artifizio delle mine. Non so, ma a chi dentro e d'intorno vi si aggirava, qualche cosa d'infernale e di tremendo appariva. Tra quegli spezzati, e quasi direi lacerati macigni, tra le fauci cupe delle vicine valli, tra quelle ombre scure, e quasi direi fatidiche, che di verso occidente, declinando il sole all'occaso, dalle montagne calano, e le sottoposte fondure ingombrano ed abbuiano, tra il romore della veloce Dora e della velocissima Cenisia, tra quell'immenso sipario dell'Alpi, che alla poderosa Francia accenna, tra quell'altezza della Rocciamelone, che quivi vicina a foggia d'altissima torre i monti signoreggia, e porta in cima una cappella dedicata all'umile Vergine, madre di Dio, l'anima s'innalzava, e da questo mondo si separava, piena di spavento, di religione e d'orrore».

 

 


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