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III.
Presso a Foresto veggonsi cave di marmi bianchi e verdi, che servono all'arte: e in quel paese come a Carrara, di frammenti di marmo splendono anco le più umili case.
Andammo alla villa dell'avvocato Luciano Genin sindaco del paese: ella ride fra le reliquie d'un tempio sacro alle Dee matrone, secondo si ritrae dalle iscrizioni di parecchie lapidi scoperte ivi in un giardino. Trovai già memorie di queste divinità salutari sulle cime del Monginevra; ma in Foresto direbbesi che duri tuttavia il loro culto, e il risorto loro santuario sia la villa Genin.
In sull'imbrunire, stando noi per accommiatarci, i nostri gentili ospiti, in compagnia del gioviale parroco del paese, ci condussero fino a notte fra i meandri de' boschetti e le aiuole del giardino, e quindi, come per caso, ci fecero riuscire in un pergolato sotto la cupola fronzuta d'un verde pinacolo, che rischiarato da molte faci, offerse la vista d'una lauta cena, quasi per virtù d'incanto imbanditaci e presieduta dall'amabile consorte del sindaco, vera dea matrona del luogo.
Sedemmo a mensa, e venuti a discorrere d'agricoltura, il sindaco mi comunicò un suo molto bene studiato progetto per assicurare al paese l'abbondanza dell'acque anche ne' tempi di più ostinata siccità. Egli vorrebbe derivare dal Rocciamelone per un traforo di non oltre a 180 metri, ne' gioghi adiacenti al villaggio, parte delle acque de' ghiacciai, le quali servirebbero così a meglio irrigare non solo i campi di Foresto e di Mompantero ai tempi asciutti, ma ad accrescere il volume delle acque della Dora, talvolta scarsa anch'essa ai bisogni dell'agricoltura; il che tornerebbe a grande benefizio delle lontane campagne, principalmente del territorio di Torino, e gioverebbe eziandio e precipuamente alle macchine degli opificii e all'igiene della capitale.
Stupii che la spesa di questa altrettanto utile quanto desiderata opera non verrebbe ad eccedere i sessantamila franchi; di che l'utilità grande accoppiata all'economia dovrebbe raccomandare l'impresa agli amministratori della cosa pubblica.
Mentre il sindaco ragionava dei vantaggi dell'acqua, noi sperimentavamo quelli del vino. I vini generosi di Sant'Eusebio, spesso cantati dal mio Norberto, e quelli di Foresto, che pur dovrebbe cantare, diffondevano l'ilarità nel convito, talchè i severi quesiti di pubblica economia diedero luogo alle ingenue arguzie del parroco, allegro servo del Signore, che coll'assiduo suo intercalare quel che è, è, troncava ogni controversia, e ci invitava a toccare i bicchieri.
- Come ti piace questo parroco? mi domandò Norberto.
- Mi pare, rispos'io, che il versetto servite Domino in laetitia, e l'altro jugum suave est, siano scritti per lui.
- Hai ragione, mi replicò egli. Se tutti i preti gli somigliassero, il cielo non ci perderebbe nulla, e la terra ci guadagnerebbe moltissimo. -