Giuseppe Regaldi
La Dora

CAPITOLO TERZO DA SUSA AL PIRCHIRIANO

VIII.

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VIII.

 

Il sole era tramontato dietro i gioghi del Cenisio, e la notte stendeva le tenebre sulle capanne di Chianocco. Lo splendore delle stelle, il lume delle lucerne dei casolari riflesso nelle invetriate, e le lampane appese nella via a divote imagini, rischiarando que' luoghi alpestri, insegnavano il cammino al mio cicerone, il dottore, che andava visitando alcuni infermi. Accompagnandolo al salutare ufficio entrammo in una casa rischiarata da insolita luce, e quivi ci si offerse una scena quale in vita mia non vidi mai.

Un gatto nero dagli occhi scintillanti miagolava fra gli arnesi della cucina, in mezzo alla quale ardeva gran fiamma sotto un paiuolo pieno d'acqua. Uomini e donne, armati di bastone, vi si affaccendavano intorno e attizzavano il fuoco. La più attempata di quelle donne, mormorando parole misteriose, gettò nel paiuolo a determinati intervalli sette piccoli chiodi, sette ramoscelli di rosmarino, sette foglie di malva con altre erbe. Mentre il paiuolo bolliva, tutta quella gente con piglio sdegnoso faceva intorno una sorta di ridda, battendo sul paiuolo con ripetuti colpi di bastone.

Il gorgoglìo dell'acqua tinta di strana mistura, le mistiche parole piene d'ira, e quel continuo aggirarsi a tondo di gente convulsa, mi ricordarono i due versi del tragico inglese nel suo Macbeth, che si riferiscono alla tregenda delle streghe, e che nel ritmo originale sono maravigliosi pel suono delle voci rispondente al subbietto:

 

Double, double toil and trouble;

Fire, burn, and, cauldron, bubble.

Raddoppiate, raddoppiate fatiche e cure;

Abbrucia, o fuoco, e tu, caldaia, gorgoglia.

 

Mentre io abbacava per iscoprire la ragione di quel ballo infernale, il medico tornava dalla vicina cameretta, annunziando che l'ammalato era in via di guarigione. Allora i parenti ed amici dell'infermo rinnovarono i loro balli con grida di gioia ripercotendo il fumante paiuolo.

Uscito di , chiesi al dottore che mai significasse quello strano spettacolo, che ricordava le nordiche scene delle streghe.

- Ella ha colto nel segno, mi rispose il medico: quella rustica gente attribuisce l'infermità del vecchio suo congiunto ed amico al sinistro incontro d'una povera vecchia sdentata, che si regge a stento sulle gruccie, ed è in voce di maliarda; e crede inoltre che i perniciosi effetti della malìa possano essere cacciati ridde, cogli scongiuri e colle battute de' bastoni, che vanno a ripercuotersi su la strega istessa. Onde quando io dissi loro che presto risanerebbe, n'esultò riferendolo non tanto alla scienza del medico, quanto alla sua arte di cacciar le malìe.

- Durano dunque tuttavia le superstizioni che tormentarono la Maddalena Rumiana? io interruppi.

- Non ne faccia tanto le maraviglie, proseguì il dottore: qui si ha pur troppo ancor fede negli incantesimi e nelle arti diaboliche; alle quali spesso il volgo attribuisce i malanni della vita. Non è gran tempo che tumultuarono questi villici, tenendo per fermo che i diavoli su queste rocce rompessero battaglia fra loro, perchè si era veduto levarsi un gran polverìo a intenebrare l'aria. Era un cedimento di monte che nello sprofondare aveva levato quel polverìo straordinario, creduto effetto di battaglia infernale. È tale fra questa gente la credenza nelle malìe, che si hanno in gran conto i libri di negromanzia, coi quali pretendesi di evocare il malo spirito, interrogarlo, richiederlo di consigli e d'aiuti, ed ottenerne risposte acconce al bisogno, in ispezie per iscoprire tesori, e per mezzo di strane parole e strane erbe fra le quali è molto in credito la fuggia (in francese fougère), la felce, pianticella medicinale con foglie oblunghe, sottili e frastagliate, che s'alza a un metro e mezzo, e che dal negromante deve essere calcata a mezzanotte, al chiarore d'una lanterna, con formule determinate nei libri di magia. Oh! quante volte qui tocca al medico d'incontrarsi colle credute maliarde presso gli infermi, ai quali alcuna fiata, a dir vero, prestano rimedi salutari, accompagnandoli però sempre con istrani scongiuri. Ecco, per esempio, quali parole la maliarda del contado brontola su la risipola applicando il suo impiastro:

 

Se è rossa - che se strozza,

Se è bianca - che se scianca,

Se è griza - che se sfriza,

Se è neira - che se speila!

 

Raccapricciai che qui sulle rive della Dora, dove è accolto il fiore degli ingegni italiani, e all'ombra del vessillo tricolore cresce una nuova civiltà, possano tuttavia allignare superstizioni di tal fatta, si cerchi modo a diradicarle.

- In ciò molto potrebbero i preti, mi rispose il medico.

- E i medici non potrebbero nulla?

Il medico tacque.

 

 


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