Giuseppe Regaldi
La Dora

CAPITOLO TERZO DA SUSA AL PIRCHIRIANO

XV. Il Sasso d'Orlando e la Grotta di San Valeriano.

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XV.

 

Il Sasso d'Orlando e la Grotta di San Valeriano.

 

Dagli spadeggiatori di San-Giorio ai cavalieri erranti di messer Lodovico Ariosto è facile il passo.

Alla destra della Dora, fra Villarfocchiardo e Borgone, a pochi passi dall'antica strada reale, mi venne mostrato un sasso che, secondo una falsa tradizione, sarebbe quello che il disperato Orlando spaccò colla sua famosa Durindana, quando vi lesse incisi i nomi di Angelica e di Medoro e le parole che facean fede dei loro beati amori.

Dico, secondo una falsa tradizione; imperocchè al di delle Alpi è il teatro immaginato dall'Ariosto, in cui vien descritta la grotta,

 

Dove Medoro insculse l'epigramma,

(Ariosto)

 

che trasse il geloso nipote di Carlomagno ad atti inauditi di disperazione; senzachè i dintorni di Villarfocchiardo, sebben lieti di acque e di selve, non corrispondono agli incantevoli luoghi, ritratti con poetici colori dall'Ariosto.

Il sasso mostratomi presso il ponte della Giaconera sorge a fior di terra, è lungo circa tre metri, ma non vi si vede fenditura di sorta, sibbene un'incanalatura condotta a colpi di scarpello. Certo è però che la cascina, innanzi alla quale è il sasso, si chiama anche oggidì la cascina Rolando, che suona a un dipresso Rutlando, il vero nome del Duca d'Anglante, mutato dagl'Italiani in quello di Orlando per maggior dolcezza di suono.

Un altro particolare diè vigore alla falsa tradizione. Nella cascina Rolando, antico rustico edifizio con due finestre di stile gotico e con merli anneriti dal tempo, a cavaliere della porta d'ingresso, era dipinta sulla facciata una Madonna, e in diverse parti lo stemma gentilizio della famiglia Carroccio Fiocchetto, che teneva il feudo di Villarfocchiardo. Inoltre si vedeva figurato un guerriero a cavallo con elmo piumato in testa, ed armato la destra di lunga spada. Forse in quel guerriero si è voluto rappresentare San Giorgio o San Martino, ma il volgo credette ravvisarvi il furioso Orlando. Il tempo e le piogge hanno pressochè cancellato l'affresco della Madonna, e soltanto rispettarono qualche testa, qualche zampa dei leoni dello stemma gentilizio; e del sognato Orlando sono rimaste solo le piume del cimiero e la punta di Durindana.

Checchè ne sia, il sasso d'Orlando in Val di Susa venne ricordato eziandio da scrittori stranieri. Ne parla il Valéry nell'opera Curiosités et anecdotes italiennes, e porta a testimonianza il Lalande, che «raconte avoir ouï dire qu'à trois lieues de Suse on voyait une figure de Roland, et que l'on y montrait une pierre énorme fendue par lui d'un coup de son épée, suivant la tradition du pays».

Io, guardando la parete merlata del podere, mi assisi nello spianato erboso, innanzi l'antico edifizio, sullo spaccato sasso di Orlando. Un contadino, che mi ci scorse, additommi su la rustica muraglia lo sbiadito guerriero:

- Quello è Orlando, mi disse.

E accennando dove io sedeva:

- Questo è il sasso spaccato da Orlando Furioso.

Alle parole del colono, meglio che alla lezione d'un retore, io mi sentii spirare d'intorno un'aria piena di romanzesca poesia; imperocchè dalla leggenda del villano traluceva una cara pagina dell'Ariosto, trasportata sulle rive della nostra Dora e vivificata negli affetti del buon popolo alpigiano, che intorno a quel sasso e innanzi alle reliquie di quel dipinto ricorda le corse vittoriose fatte in Val di Susa da Carlomagno e da' suoi paladini.

Al mormorìo delle limpide acque della Dora, e in cospetto alle folte selve che colà ammantano i circostanti piani e le pendici, io immaginava una spelonca presso il sasso famoso, e deliziandomi in tali immagini, ripeteva con l'Ariosto le soavi parole di Medoro:

 

Liete piante, verdi erbe, limpide acque,

Spelonca opaca e di fredde ombre grata,

Io povero Medor ricompensarvi

D'altro non posso, che d'ogni or lodarvi;

E di pregare ogni signore amante,

E cavalieri e damigelle, e ognuna

Persona, o paesana e vïandante,

Che qui sua volontà meni o fortuna;

Ch'all'erbe, all'ombra, all'antro, al rio, alle piante

Dica: Benigno abbiate e sole e luna,

E de le Ninfe il coro, che provveggia

Che non conduca a voi pastor mai greggia.

 

 


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