Giuseppe Regaldi
La Dora

CAPITOLO QUARTO DAL PIRCHIRIANO A TORINO

I. Sant'Ambrogio.

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CAPITOLO QUARTO

 

DAL PIRCHIRIANO A TORINO

 

 

I.

 

Sant'Ambrogio.

 

- Sì signori, se la Sagra di San Michele si murò sul monte Pirchiriano lo dobbiamo ad un miracolo.

- Ed ove invece doveva murarsi?

- In cima a quest'altro monte che gli sta a riscontro, e che chiamiamo il Picco di Celle.

- Oh! narrate, di grazia, come avvenne il miracolo.

- Ecco. La Sagra, come dissi, aveva ad innalzarsi nel Caprasio, sul Picco di Celle; ma i maestri muratori avendo quasi lavorato tutto il primo giorno per piantare le prime fondamenta, tornati il dopo per proseguire l'opera, più non trovarono traccia dei lavori del giorno innanzi. Pietre, mattoni, sabbia, calce, attrezzi, tutto era sparito!

- Oh!

- Allora l'architetto fece ricominciare il muramento con nuovi materiali e nuovi strumenti, e venuta la notte, ordinò che gli operai dormissero tutti quanti sul lavoro. E così fu fatto. I maestri muratori colla cazzuola e il martello in mano, si coricarono quali sur un mucchio di sabbia e quali sui muri stessi; e i falegnami si sdraiarono lunghi e distesi, chi sulle travi e chi sui loro banchi, impugnando una sega, una pialla, e via dicendo.

- E la mattina seguente?

- Destati alla dimane, invece di trovarsi sul Picco di Celle, si trovarono sul monte Pirchiriano in quella medesima positura, in cui si erano addormentati la sera.

- Possibile!....

- Qual cosa è impossibile a Dio?

- Avete ragione.

- Io vi ho narrato il miracolo così alla grossa, ma saliti alla Sagra, troverete nella chiesa, nel coro antico dei PP. Benedettini, una pittura che vi spiegherà tutto ciò per minuto. -

Questo dialogo io raccoglieva nel borgo di Sant'Ambrogio, un mattino di settembre del 1854, mentre stavo aspettando una cavalcatura per salire alla Sagra; e fui ben lieto di cominciare con sì buoni auspici la pia pellegrinazione.

Ogni angolo del mondo ha qualche cosa meritevole di ammirazione. Ne ha pure il modesto borgo di S. Ambrogio, che è cinto di mura diroccate, conta 1400 abitanti, sparsi in tre quartieri, divisi un tempo da tre archi, ora caduti. Ebbe tre torri, e ne rimangono due; e la sua chiesa parrocchiale serba in onore le ceneri del santo patrono, Giovanni Vincenzo di Ravenna, ed arcivescovo della città natale, stando alle notizie dei due breviari in pergamena, con miniature, conservati gelosamente nell'archivio parrocchiale. I due breviari precedono il secolo decimoquarto, non però il mille duecento e sessanta, quando Papa Urbano IV stabiliva l'officiatura e la festa del Corpus Domini, indicata in que' codici che cominciano così: In nomine Domini, amen. - Incipit breviarium secundum consuetudinem monasterii Sancti Michaelis de Clusa.

Queste cose mi diede a vedere con molta cortesia Giambattista Morelli, dal 1832 prevosto di quella parrocchia, de' più autorevoli ed eloquenti sacerdoti in Val di Susa.

 

 


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