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IV.
Entrato per una porta coperta di ferro e salendo per tortuosa via fra acacie e ginepri virginiani e per diversi ordini di scale, giunsi ad altra porta che mette nel cenobio.
Le reliquie di antichi dipinti, le grigie pietre quadrangolari bene commesse, e i due pilastri su cui poggia l'arco della porta a tutto sesto, i bizzarri loro capitelli con leoni nei tre lati rozzamente scolpiti, gli uni addossati agli altri e avviticchiati nelle code, imprimono nell'alta facciata del monistero una cupa severità, sì che nell'ingresso del chiostro ci si presenta l'immagine veneranda e temuta del vecchio abate con pastorale e spada. Ma nel prossimo terrazzo l'anima del pellegrino viene rallegrata dalla varia ed amena vista di gioghi e valli, torri, paesi ed acque. Due volte in quel terrazzo vidi sorgere il sole dal Musinè e irradiare il vicino monte Pelato, così detto dalle cime spoglie di alberi, e il Caprasio santificato dalle benedizioni del Romito di Ravenna, e la Valle Rubiana fra il Caprasio e il Pelato. E più lunge io vedeva illuminarsi i ridenti ed impomati colli che, altieri della funerale basilica di Soperga, ad oriente incoronano la vetusta metropoli dei Subalpini; e nella sottoposta valle fra il Pirchiriano e il Caprasio, solcata dalla strada di ferro, fra tanta varietà di luoghi io salutava tutta sfavillante di luce la Dora Riparia che a vasti piani è dispensiera di vita, avvegnachè talvolta soverchiante d'acque rompa gli argini, e impetuosa divori le gioconde speranze dell'agricoltore.
- Oh! quanto diverso sarà stato l'aspetto di questa valle della Dora, quando il sistema feudale copriva i gioghi circostanti di castella, e multiformi signorie opprimevano le genti! (io esclamai la prima volta che il Rosminiano mi condusse al terrazzo, sul limitare della Badìa).
- Ben vi apponete, egli mi rispondeva: gagliardi baroni se ne dividevano il dominio, e l'abate della Sagra di S. Michele era de' più autorevoli, cinto dal potente clero e dagli armigeri, sicuro nelle vigili mura della colossale Badìa, e tenendo in soggezione i molti vassalli eziandio col castello a cavaliere di S. Ambrogio, del quale vedeste non ha guari i cadenti merli. A lui obbedivano cento e quaranta fra badìe e chiese, ed egli, vestendo corazza e stola, benediceva la potestà laicale, beata nella virtù del sacerdozio. -