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XV.
Quel convento dei PP. Cappuccini, sormontato da una cupola, sorge su d'un poggio verde di cipressi, salici ed olmi; e un'alta croce di legno gli sta d'innanzi guardiana della preghiera e della penitenza. Entro una nicchia difesa da cancello di ferro mormora perenne fontana, le cui acque si accolgono in petroso bacino. I villici assetati vi trovano ristoro usando della tazza assicurata al cancello e pendente da una catenella. Così come i Dervissi d'Oriente, i buoni frati d'Occidente accanto al romito ospizio offrono agli stanchi pellegrini il beneficio di acque desiderate.
Io ne bevetti con soddisfazione; e le trovai fresche e grate come quelle che nell'Epiro attinsi alle fonti del Pindo, al di là del lago di Giannina. Ma le acque di Avigliana non hanno, come quelle del Pindo, la virtù vivificatrice de' carmi; perchè entrato nel Convento per una cancellata di legno, sulle pareti del vestibolo lessi a grandi caratteri quattro sonetti, dai quali ci è lecito argomentare che quivi i frati dalle loro acque non attingano la poetica inspirazione.
Torcendo lo sguardo da quei quattro peccati di poesia, nel mio quaderno presi a notare la bella veduta di quei siti pittoreschi e le cose pregevoli del convento. Ma i frati mal sospettarono di me.
In Manfredonia, nell'antica chiesa Sipontina, mentre si facevano scavi dispendiosi per trovare un sognato tesoro, ed io notando raccoglieva le notizie del luogo, fui preso dal volgo per un mago francese, esperto di nascosti tesori, e fui investito da sì indiscrete e minacciose interrogazioni, che a liberarmi dovettero intromettersi uffiziali di polizia, e una cospicua famiglia mi tutelò ospitalmente. Nel convento di Avigliana i frati nel 1854 non mi credettero un mago, ma un Delegato del Governo, andato a registrare le riposte loro ricchezze, sicchè il Padre Vicario con modi bruschi non cessava di ripetermi:
- Nulla v'ha qui che meriti di essere notato, nulla, nulla.
- Ma pure, o molto reverendo, io gli diceva, merita di essere visitata la chiesa del convento. È prezioso su l'altar maggiore il tabernacolo coperto di tartaruga, preziosa la tavola in cui sono effigiati Maria e i santi Rocco e Sebastiano. Mi permetta, ottimo Vicario, ch'io qui rimanga ancora qualche istante ad ammirare il Cristo in croce del Caravaggio e gli altri due dipinti, che voglionsi di Lionello Spada.
I frati si avvidero dell'errore e tosto lo emendarono, illuminandomi con due ceri l'altar maggiore, ond'io potei davvicino guardare la Madonna, alla quale in ogni secolo si aggiunge una corona d'argento con pompa solenne. Ne ha tre la Madonna; l'ultima le fu tributata con festa di otto giorni nel 22 agosto del 1852.