Giuseppe Regaldi
La Dora

CAPITOLO QUARTO DAL PIRCHIRIANO A TORINO

XXII. La Festa della Pentecoste.

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XXII.

 

La Festa della Pentecoste.

 

Il sacerdote, mio cortese Cicerone, avvertendo ch'io notava molte cose vedute od udite, mi disse:

- Fareste assai bene di registrare fra le vostre memorie la nostra festa della Pentecoste, la più grata di Avigliana.

- Ben volentieri lo farò, se voi avrete la bontà di narrarmene i particolari, gli risposi.

Allora il sacerdote mi condusse dirimpetto alla chiesa di S. Pietro nel vasto cortile degli Allais, sotto la tettoia affumicata, in cui tremolavano rami di edera, e v'erano carri e manipoli di fieno ed altre masserizie.

- Tutto questo ingombro vien tolto la vigilia della Pentecoste, esclamò il sacerdote. Questo luogo, abbarrato pel buon ordine, vien conceduto ai preparativi della festa. Entro i buchi della muraglia affiggonsi pali, cui si appendono, assicurate con uncini a ferree collane ad uso de' bestiami, trenta lucide caldaie piene d'acqua, di fagiuoli e ceci.

- Ma, io interruppi impaziente, chi tutta codesta roba?

- È elemosina del popolo, ripigliò il prete. Quattro confratelli della parrocchia di S. Giovanni, tre volte all'anno, girano per le case a questuare grano, meliga, legna e danaro; e tutto viene convertito nella compera de' prescritti legumi per il convito della Pentecoste. E perchè quanti ne mangeranno abbiano la salute dell'anima e del corpo, il parroco di S. Giovanni in rocchetto e stola e con seguito di altri preti viene a benedire la pia imbandigione.

Compiuto il rito della benedizione, si appicca il fuoco alle legna accatastate sotto le trenta caldaie fra la pubblica allegrezza. Dei confratelli della parrocchia destinati a preparare il convito, chi pensa al lardo ed ai polli, chi attende ai ceci ed ai fagiuoli, altri alle legna ed al fuoco, e tutti sono affaccendati intorno alle caldaie che ardono sino a mezzanotte. Nel mattino della festa il popolo accorre impaziente con vasi di legno e di creta per avere ciascuno la desiderata porzione. Non vi parlerò delle scodelle e marmitte che cadono o si spezzano in quella pressa di gente, di qualche povera vecchierella che a stento si fa innanzi e aspetta ansiosa il momento propizio per alzare con mano tremante il suo recipiente ed avere la sua porzione. Finiscono coll'averne tutti, e ai signori principali del paese i hanno cura di portare in casa la loro parte; e così in quel giorno solenne il popolo nostro gode fraternamente del medesimo pasto.

Antica usanza è questa che prova, come all'ombra dell'altare cristiano sia sempre stato protetto il diritto di congregarsi. Gerusalemme ogni anno con banchetti celebrava l'anniversario della dedicazione del tempio: così Avigliana col banchetto della Pentecoste celebra annualmente la fratellanza umana. -

Registrai la festa descrittami dal sacerdote, perchè amo le religiose costumanze che giovano a ravvivare la concordia delle genti. Ed ora l'agape della Pentecoste mi fa ricordare l'agape dell'amicizia, che nel 15 ottobre 1861 mi diede l'ultima volta il nostro rimpianto Norberto Rosa nel suo amenissimo podere della natale Avigliana, da lui denominato il Cantamerlo.

 

 


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