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II.
Il Monginevra o monte Ginevra, come lo appella lo storico Botta, giganteggia nella cerchia delle Alpi Cozie, all'altezza di due mila cinquanta metri sovra il livello del mare. Colà un tempo quali tutelari divinità furono onorati Apolline ed Ercole e le Dee matrone, invocate specialmente a tutela della salute. Ora per l'altipiano del monte si distende un umile villaggio, con una chiesa eretta su le rovine d'un tempio pagano: vi sorge un obelisco di pietra in onore di Napoleone I con iscrizioni nelle lingue latina, italiana, francese e spagnuola. Ma il monumento più grato a chi stanco vi giunga, è l'ospizio fondato nel 1343 da Umberto Delfino II e ristaurato da Napoleone I, le cui battaglie son dipinte su le pareti d'una stanza, dove in un quadro si conserva una foglia del salice, che nell'isola di Sant'Elena gli ombreggiava il sepolcro, ed un pezzetto di piombo della funebre cassa: reliquie che un uffiziale di gendarmeria si procacciò in quell'isola.
Poco importano fronde e piombi che toccarono la polvere inanimata di quell'uomo là, dove sento e veggo il suo spirito creatore nell'ampio cammino aperto fra le viscere delle Alpi!
Napoleone affidava la cura dell'ospizio ai Trappisti; ora v'ha soltanto un sacerdote con titolo di direttore, l'abbate Augel, che in dono vi recò dipinti di molto pregio, e quando, singolarmente nel verno, gli manca la compagnia dei vivi, conversa coi morti fra molti libri di materie ecclesiastiche, coi quali egli passa i suoi dì, beato di dottrina e di solitudine.
Quel sacerdote mi è stato assai cortese ponendo a mia disposizione il suo servo e il suo cavallo, cui si aggiunse una guardia forestale favoritami dall'ispettore Guglielminetti, perchè potessi con agio visitare nelle loro sorgenti la Dora e la Duranza, due sorelle, genii del bene e del male usciti da un medesimo principio.
Presso l'ultimo picco bicornuto del Monginevra, intorno al giogo di Soreau, sulla costa volta ad occidente, nella valle del Gondran scaturisce la malefica Duranza, le cui temute acque s'incanalano per le scheggiose forre di orride montagne, mentre nell'opposita costa ad oriente s'odono mormorare fra i larici le prime fonti della Dora, sul cui margine vidi tremolare le erbette e i fiori al sorriso di più benigna natura.
Direbbesi quasi che nella Duranza si agiti una furia, la quale dalle Alpi scendendo minacciosa, porti colle gonfie acque la desolazione nei seminati campi della Francia. Non così della Dora, fecondatrice benefica delle nostre campagne subalpine. Nelle sue sorgenti ella sospira con innocente grazia pastorale, e discesa al piano, diviene regina, diletta ed onorata da tutte le genti italiane.
Gli spiriti di Caino e di Abele s'incontrano su le più alte cime del Monginevra. Quello di Caino mira all'occaso, e seguitando nella loro corrente le acque della Duranza, rinnova la sua antica disperazione; e lo spirito di Abele guardando ad oriente, benedice le acque della Dora e le accompagna coi canti dell'amore e dei santi olocausti.
Per tal modo la Dora e la Duranza seguono il contrario loro destino, come suona la stessa loro denominazione; imperocchè vuolsi che la Dora così venisse appellata, o perchè gli antichi opinavano ch'ella menasse arene d'oro, o perchè colle sue acque fecondatrici portava l'abbondanza, la ricchezza, l'oro nelle terre da essa irrigate; e all'incontro la Duranza deriverebbe da dure acque, dure onde, come spiegano i commentatori del Petrarca alla Sestina VII:
Sovra dure onde al lume della luna.
La Dora nel dividersi dalla sorella Duranza, da lei si accommiata con un addio, che udii ripetuto su quelle balze, ed io pur lo ripeto, prima di seguire le correnti del patrio fiume:
Adieu donc, ma sœur la Durance,
Nous nous séparons sur ces monts,
Toi, tu vas ravager la France,
Moi, je vais féconder le Piémont.