Giuseppe Regaldi
La Dora

CAPITOLO QUARTO DAL PIRCHIRIANO A TORINO

XXV. Giaveno.

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XXV.

 

Giaveno.

 

Lasciando per qualche ora le acque della Dora, nell'autunno del 1857 mi condussi lontano tre miglia al sud-est da Avigliana; e giunto alle rive del Sangone mi annunziarono Giaveno le mura cadenti de' tempi feudali e tre torri merlate, e il torrente Alasio che, scorrendo per le vie del paese, ricrea col murmure e colla lucidezza delle acque i sette mila abitanti, come un tempo la Dora Riparia per l'ampie arginate vie di Torino.

Visitai il seminario, poi collegio vescovile, di ventiquattro alunni, e vidi nel refettorio i ritratti dei cardinali Ferrero e Gerdil, e una lodata tela in cui è raffigurato Cristo che lava i piedi a S. Pietro; e quivi ricordai monsignor Lorenzo Renaldi, vescovo di Pinerolo, che proponeva nel 1854 di convertire quel seminario in sede della Missione italiana per i cristiani d'Oriente. Concetto altamente religioso e civile fu quello del Renaldi, e, quando l'Italia e la Chiesa torneranno in pieno accordo, dovunque esso metta radice, sarà sempre potentissimo mezzo perchè la nostra nazione eserciti la sua civiltà in Oriente col protettorato dei Cristiani, degnamente emula della Francia.

Due scritte trassero la mia attenzione in Giaveno. L'una sulla chiesa parrocchiale intorno al quadrangolare campanile che dice: Jam venit specula Pœnus, con le quali parole Giaveno l'etimologia del suo nome, asserendo colà Annibale essersi fermato non appena ebbe superato il passo delle Alpi.

Lascio agli archeologi le indagini intorno a tale asserto, e lascio di buon grado a Gaudenzio Claretta, zelante illustratore di quei luoghi, il provare che la leggenda Jam venit non è sancita dalla critica. Con affetto io mi volgo all'altra scritta, Asilo infantile, che spicca sulla facciata di un bel fabbricato con verone di ferro.

Quell'Asilo fu aperto colla rendita di circa tre mila lire, che si traggono da legati ed azioni di soscrittori. Il teologo prevosto Arduino donò a tale scopo quarantaquattro mila franchi, e il Cav. G. B. Franco concesse per alcuni anni gratuitamente l'uso d'una sua casa al pio instituto.

Il teologo Morelli, additandomi quella scritta, ben altrimenti che col Jam venit della cattedrale, mi prediceva la futura vita intellettuale di quattrocento fanciulli di ambo i sessi, che si sarebbero accolti nell'Asilo, diretto da tre monache dell'instituto Cottolengo.

Per tal modo le manifatture di ferro, le concie di pelli, le filature di seta e le cartiere, mantenute dalla forza motrice del Sangone, industria e ricchezza di Giaveno, saranno frequentate da operai onesti e intelligenti.

Queste osservazioni io faceva nella principale cartiera del Cav. G. B. Franco, fra cento operai, presso la bellissima macchina ivi posta fin dal 1839; e perchè l'esempio di Giaveno trovasse imitatori, queste cose io ripeteva tornando dal Sangone alla Dora per visitare un antico Asilo di carità cristiana.

 

 


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