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XXX.
Il Libro De Imitatione Christi.
- Come, come! interruppe con enfasi l'abate, rizzandosi in piedi: Giovanni Gerson, avete detto?
- Per l'appunto. Gerso o Gerson vale lo stesso.
- L'autore forse de' quattro libri Dell'imitazione di Cristo?
- Senza dubbio.
- Ma allora questo monistero si deve ad uno dei nostri.
- Scusatemi, ottimo abate, se vi contraddico. Il Gerso o il Gerson della Imitazione di Cristo venne qui da Cavaglià dove nacque, e Cavaglià è un luogo di 2400 abitanti, nel circondario di Biella, sulla via maestra fra Ivrea e Vercelli.
- E il Monfalcon?
- Il Monfalcon nell'edizione poliglotta di Lione, per soverchio amor di patria, attribuì il famoso libro al cancelliere Giovanni Charlier, nato nel villaggio di Gerson, diocesi di Reims, e morto a Lione nel convento dei Celestini.
- Precisamente!
- Or bene, il vostro cancelliere, mio caro abate, era un Charlier, e il nostro monaco un Gerson, l'uno e l'altro dotto e pio, l'uno e l'altro rispettabile e benemerito della religione e delle lettere.
- E chi vi dice, ripigliava l'abate con un po' di bizza, che l'autore di quell'aureo libro non sia piuttosto il nostro Charlier che il vostro Gerso? Quanti uomini insigni non presero nome dal luogo natale, specialmente ne' tempi lontani!
- Voi dite bene, gli risposi; ma in controversie, come questa, mi concederete che le date e i codici debbano dissipare ogni dubbio e far risplendere la verità.
- Per l'appunto.
- Allora con calma cristiana uditemi. La storia del libro Dell'imitazione di Cristo e del vero suo autore, scritta dal cavaliere Degregori, e il codice De Advocatis da lui trovato nel 1830 in Parigi, nella libreria Techener, e donato all'archivio capitolare di Vercelli, sono gravi argomenti contro coloro che ne facevano autore il Kempis e il cancelliere parigino Gerson. Valenti bibliofili e paleografi giudicarono essere il codice De Advocatis del secolo xiii, quando ancora non erano nati nè l'uno nè l'altro dei supposti autori.
Ernesto Rénan, acuto indagatore, se non pio cattolico, quale voi siete, o Abate, è pure d'avviso che nessuno di quei due sia l'autore d'esso libro; e il dotto vostro amico, conte di Montalambert, nella sua Storia di Santa Elisabetta d'Ungheria, celebrando il libro Dell'imitazione: cet ouvrage que tous les siècles ont reconnu sans rival, lo attribuisce pure al Monaco vercellese.
Io per rinvigorire il mio assunto non imiterò il Paravia nel suo elegante ed erudito discorso intorno al vero autore Dell'imitazione di Cristo, che primamente ai 2 di aprile 1846 recitava nell'ateneo di Treviso, nè seguirò il Rénan nel suo capitolo: L'auteur de l'imitation de Jésus-Christ, col citare a documento il Diarium della casa Avogadro, nel quale fu detto essere registrata una nota, da cui risulterebbe che nel 1349 il prezioso codice Della imitazione era già da gran tempo posseduto dagli Avogadro, come tesoro ereditario.
Nessuno affermò di aver veduto quel Diario. Nol vide monsignor Giovanni Pietro Losana, vescovo di Biella, che testimoniò di aver veduta la nota famosa; ma a dir vero, sulla fede soltanto di un fac-simile, presentatogli dall'abate Gustavo Avogadro, fattosi innanzi ai dì nostri qual possessore del prezioso Diarium, uomo per altro dì molto credito tra i famigliari del cardinale Morozzo, vescovo di Novara. Non lo potè vedere dopo ripetute istanze il Degregori; nè il conte Filiberto di Colobiano lo trovò nella libreria dell'estinto Gustavo Avogadro, acquistata in nome della Regina vedova Maria Cristina. Monsignor Malou dichiarò il Diarium, chiffon de vieux papiers qui n'a aucun caractère authentique ou extrinsèque d'authenticité. Fu del Diario degli Avogadro probabilmente come della pergamena del cremonese monsignor Dragoni, con cui si provava ad evidenza che Martino, diacono di Ravenna, insegnò a Carlomagno la via delle Alpi. La pergamena tenuta come autentica dal Troya e dall'Odorici, venne giudicata falsa dal Vustenfeld, e dimostrata tale con inconcussi argomenti dall'esimio Francesco Robolotti.
Non vi parlo insomma di merce spuria o sospetta, ma di documenti irrefragabili che il conte Luigi Cibrario, primo segretario di S. M. per il gran Magistero dell'Ordine de' Ss. Maurizio e Lazzaro, scoperse nell'archivio di quell'Ordine, e che di buon grado vi mostrerà, come fece a me, con gentilezza pari alla nota sua dottrina.
Anzi, egli ne pubblicò una erudita e coscienziata relazione, e la trovate in questa libreria del Cappellano, nel volume delle Operette varie del Cibrario.