Giuseppe Regaldi
La Dora

CAPITOLO QUARTO DAL PIRCHIRIANO A TORINO

LX.

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LX.

 

Nell'allontanarmi, domandai al dottore Filippa se in quel manicomio fosse qualche uomo di lettere; ed egli rispondendo affermativamente, mi condusse in una stanza, ove mi sentii stringere il cuore da grave angoscia.

Colà, appoggiato ad un guanciale, vidi un professore pallido, e stravolto gli occhi. Egli è giovane, sposo e padre. Infelice! Ha perduto la mente! Egli mi conobbe e mi chiamò per nome. È il professore Bongiovanni di Possano, che insegnava lettere italiane nel Collegio militare di Asti.

Era tranquillo il Bongiovanni, e mi disse che presto sarebbe uscito di colà per tornare all'insegnamento, non della letteratura italiana, ma della musica; ed entrò in certi discorsi intorno all'arte de' suoni, che accennavano a nobili studi turbati da infermità mentale.

Lamentiamo il Bongiovanni e lamentiamo noi medesimi. Chi può dirsi del tutto sano di mente?

«Ciascuno è matto nella sua maniera», lessi in tre luoghi a grandi caratteri sulle mura del Castello d'Alpignano.

Sì: dal più al meno siamo assaliti da pazzie intermittenti noi tutti figli dell'uomo, che ci logoriamo il cervello e il cuore per ambizioni ed amori su questo atomo di polvere, che si chiama terra, in questo minuto secondo del tempo, che si chiama vita umana.

 

«Ciascuno è matto nella sua maniera».

 

E forse non lo sono io pure, che in riva alla Dora torno le due e le tre volte a visitare gli stessi luoghi, le chiese, i castelli, i conventi, per iscrivere qualche pagina e nulla più? Non è questa una nuova pazzia? A che servirà il continuo travaglio del mio pensiero?

Qualche amico mi conforta dicendo: Servirà a dar una viva illustrazione di paesi che amate e che vi ricorderanno con affetto.

Pazzia è l'illudersi in tale speranza!

 

«Ciascuno è matto nella sua maniera».

 

Ripeterò anch'io la terza volta col Castello d'Alpignano.

La mia illustrazione non è Storia esatta del Piemonte, come un bel libro del Cibrario o del Ricotti; non è una descrizione particolareggiata e statistica de' luoghi, come il Dizionario degli Stati Sardi del Casalis, e nemmeno uno splendido complesso di letteratura e politica, come I miei tempi del Brofferio. Il mio scritto è un lavoro capriccioso, non altro: e il secolo, annoiato de' capricci, vuole cose serie.

Dunque io sono un matto. Mi si prepari una stanza nel Manicomio presso il prof. Bongiovanni, mentre io pazzamente pubblico un libro inutile. Nessuno ne farà ricerca; e i giornalisti cui lo manderò in dono perchè ne facciano cenno fra gli annunzi delle decozioni di salsapariglia e delle molte case disabitate da appigionare, se ne serviranno per accendere lo zigaro; o, a trarne miglior pro, come taluno già fece de' miei libri, lo venderanno per carta inutile.

 

 


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