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I Conti di Savoia ebbero il loro seggio in Chambéry, e lo trasferirono a Torino nei giorni di Carlo I sul 1482. Nel secolo xvi la occuparono per quattro lustri i Francesi che la cinsero di fortini più ad offesa che a difesa. Ricuperata per la vittoria di San Quintino, sorse la memorabile cittadella, di cui il mastio si vede tuttavia presso la contrada della Cernaia.
Mentre in Italia le fazioni cozzavano, le repubbliche divise e discordi perdevano le loro libertà, e invano i nostri pensatori e i ministri della carità cristiana coi poeti gridavano ai popoli irosi pace, pace, pace; mentre infiacchite dalle civili discordie le italiche genti si assoggettavano a tiranni domestici e forastieri, i Principi Sabaudi, postisi a sentinella delle Alpi e col pensiero rivolto all'Italia, costanti nel proposito di restituirle il grado di nazione, coll'opera lenta ma ordinata di politico reggimento fondavano quel principato in cui doveansi maturare i nostri generosi destini.
Destreggiandosi i Principi di Savoia fra prepotenti nazioni, videro necessario all'avvenire d'Italia un forte ed agguerrito esercito, e primi nella nostra Penisola, sbarazzatisi dell'incerto aiuto dei capitani di ventura, si crearono un esercito nazionale.
La bravura militare accompagnò i nostri Principi ed estese il loro dominio. I due Amedei VII e VIII raccoglievano sotto il loro scettro proteggitore la contea di Nizza e quella di Ginevra. L'alleanza di Casa Savoia era cercata dai potenti d'Europa; ed i suoi Conti, poscia i suoi Duchi procedevano con passo sicuro ad accrescere la gloria del loro paese. La Casa di Savoia, mescolata ai politici rivolgimenti, che tennero per tanti anni divisa l'Europa, prese parte a tutte le guerre, crescendo sempre i suoi dominii, e conservando la sua indipendenza.
Principi per virtù insigni e per civile sapienza, legislatori e guerrieri uscirono dalla nobile schiatta che la Provvidenza avea prescelto a propugnare l'italico riscatto.
Il Conte Verde, colle sole sue forze approda alle sponde del Bosforo e libera dalle mani dei Bulgari l'imperatore di Bisanzio. Al Conte Verde succede non meno valente il Conte Rosso; Emanuele Filiberto, colosso di Casa Savoia, vincendo la titanica battaglia di S. Quintino, ristaura la fortuna della sua stirpe, e dopo gli studi della guerra inaugura quelli della pace, soldato e legislatore. Carlo Emanuele co' suoi cinque mila prodi dichiara guerra al Sovrano di tutte le Spagne; Vittorio Amedeo II col Principe Eugenio e con Pietro Micca, il Sansone di Andorno, fiacca le corna alla baldanza francese, e converte il seggio di Duca in seggio di Re. Carlo Emanuele III rovescia il nemico dal côlle dell'Assietta. Carlo Alberto rinunzia al trono, anzichè piegare al nordico vincitore di Novara; e Vittorio Emanuele II, vindice del Padre e dell'Italia, primo fra i prodi, caccia gli Austriaci da Palestro e guadagna con cinque assalti l'altura di S. Martino.
Egli è vero che al cadere dell'andato secolo, per quella forza smisurata che scosse dai cardini l'antico edifizio europeo, Casa Savoia perdette il suo dominio in terraferma e solo regnò nell'isola di Sardegna; ma è vero altresì che nel 1815 ricuperò gli antichi possedimenti, che arricchì della Liguria; e che poi sostenuta eroicamente la iattura di Novara, e perdurando nel santo proposito della libertà e dell'indipendenza, venne in buon punto alla riscossa, e dopo celeri maravigliose vittorie, la causa sua fu quella d'Italia; sicchè per le annessioni spontanee della Toscana, dell'Emilia, dell'isola Sicula e del reame di Napoli, seguendo la battaglia di Castelfidardo ad unirvi l'Umbria e le Marche, Torino, già sede dei re Sabaudi, divenne sede al primo re dell'Italia redenta.