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VII.
L'arte militare non fu solitaria appiè dell'Alpi, ma crebbe accompagnata dalle altre virtù, che ci resero degni del libero Statuto datoci nel 1848 da Re Carlo Alberto, atti a gelosamente conservarlo, come la più bella ed efficace instituzione dello Stato, e fondamento vitale della rinnovata Italia.
I Governi rappresentativi ne' popoli si svolgono con serena prosperità, se hanno a subbietto una coltura austera e progredita come quella de' Subalpini.
Il principale santuario delle scienze in Piemonte è la R. Università degli studi, massimo ornamento alla via di Po.
Ludovico di Savoia, Principe di Acaia e del Piemonte, la fondava nel 1405 per compiacere ai professori di Pavia e di Piacenza fuggenti la Lombardia contristata da vicende politiche dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti. Per tal guisa nel secolo xV i Principi di Savoia accoglievano ospitalmente la Scienza profuga dalle città lombarde, come ai tempi nostri accolsero nel Piemonte la Libertà esulante dalle altre provincie italiane.
La Università di Torino fu onorata di privilegi da Papi, e nel 1412 da Sigismondo imperadore: fu affidata nel 1424 da Amedeo VIII ad uno speciale Consiglio, che di poi prese il nome di Eccellentissimo Magistrato della Riforma, con ottime leggi condotto dal Duca Emanuele Filiberto e dal Re Vittorio Amedeo II.
Spesso i trasferimenti nuocono a ben fondate instituzioni, onde anco i buoni studi soffersero, quando la Università per traversìe dello Stato dovette abbandonare il luogo natìo e migrare in Chieri e Savigliano. Ma tornata in questo suolo tanto acconcio a dare stabilità alle utili discipline, andò aumentando di sapienti professori e di scolari, che qui convenivano da lontane regioni.
Da Vittorio Amedeo II la R. Università ebbe il maestoso edificio, che ora occupa, compiuto nel 1719. Le statue in marmo del munificente Re e del suo erede, opera dei fratelli Collini, sorgono entro due nicchie nel portico del cortile, che può dirsi museo archeologico.
Il Supremo Magistrato della Riforma è sapiente instituzione, che nel suo stesso nome allude al costante ed ordinato progresso delle scienze, e fu grandemente ammirata al sorgere di questo secolo dall'imperiale Legislatore di Francia.
Ambrogio Rendu, l'illustre padre di Eugenio, dell'insigne amico d'Italia nostra, nella compilazione ch'ei fece, come segretario, degli atti fondamentali della Università imperiale di Parigi, disse:
«Il Bonaparte passava per Torino. Un giorno, mentre percorreva il palazzo della Università, si fece recare gli Statuti che la reggevano. Ne traluceva qualche cosa di grande e robusto che lo colpì. La grave autorità che sotto nome di Magistrato della Riforma reggeva il corpo insegnante; questo corpo medesimo, unito per mezzo di dottrine comuni e liberamente sommesso a doveri puramente civili che lo consecravano all'istruzione della gioventù come ad uno dei più importanti uffici dello Stato; nobile confidenza del potere sovrano, che concedeva al Consiglio incaricato della direzione generale un diritto permanente d'interna legislazione e di continuato perfezionamento educativo; quest'ordine stabilito sulla base imperitura della fede cristiana; tutto questo sommamente gli piacque e ne serbò ricordanza tra i più strepitosi trionfi. Ricco di glorie militari, sollecito delle generazioni future, fondata solidamente l'amministrazione civile, rialzati gli altari, promulgato il Codice Napoleone, sostituiti i Licei alle scuole o accademie centrali, dopo aver rigenerato le scuole di medicina, creato quelle di diritto, volle stabilire anco per la Francia un sistema compiuto d'istruzione e di educazione pubblica. Ricordevole dell'Università di Torino, ne aggrandì l'idea, come tutto ciò che il grande Capitano toccava, alla stregua del suo impero e del suo genio: creò l'Università imperiale».
Il che venne eloquentemente confermato dal celebre naturalista Cuvier, quando nel 9 aprile 1810 parlando ai Professori adunati nella grand'Aula del nostro Ateneo, dopo aver accennato agli illustri uomini che in esso eran fioriti, entrò a ragionare delle Costituzioni che lo governavano, e disse:
«Il vostro Ateneo dee tornare a gran vanto della Università imperiale, anche sott'altro riguardo; perchè da esso l'Imperatore pigliò norma ed impulso alla sua stupenda rigenerazione degli studi».
La nostra Università, sì giustamente celebrata, crebbe di gloria ampliandosi nell'insegnamento, e sempre più arricchendosi di gabinetti scientifici e di maestri insigni. Oggi è governata dalle leggi del 13 novembre 1859 e del 31 luglio 1862, e dai Regolamenti approvati coi RR. Decreti del 14 settembre e 5 ottobre 1862. Vi s'insegnano teologia, giurisprudenza, medicina, lettere, filosofia, scienze fisiche e matematiche con cinquanta professori ordinarii, diciannove straordinari o incaricati, ventotto professori onorari ed emeriti, e con centotrentuno dottori collegiati. Nel Borgo San Salvario, non ha guari, si assegnò un caseggiato alla Scuola Veterinaria, e la Scuola di applicazione per gli ingegneri, felice creazione della legge Casati (13 novembre 1859), fu aperta nel Castello del Valentino, dove la severa Matematica vien rallegrata dal verde dei giardini circostanti, dal mormorio delle acque cadenti e dalle festose memorie del sito.
Lungo sarebbe, tacendo pure de' non pochi viventi, il ricordare gli uomini illustri che professarono nell'Ateneo torinese. Fra i tanti amo ripetere i venerati nomi di Balbo, Germonio, Cuiaccio, Tesauro, Gerdil, Cigna, Donati, Allioni, G. B. Beccaria, Balbis, Buniva, Caluso, Bonelli, Boucheron, Géné, Martini, Biamonti, Dettori, Giulio, Paravia, Piria, Riberi, Plana!
Mi piace osservare che i Reali di Savoia, larghi negli stipendi, chiamarono all'insegnamento non solo uomini illustri de' loro Stati, ma di tutta Italia, preparando così col mezzo della scienza l'unione politica della nazione.
Olimpico spettacolo è l'accorrere continuo di scolari ed uditori in gran numero alle lezioni universitarie, e torna grata la frequenza de' lettori nella Biblioteca dell'Ateneo ricca di 230,000 volumi, di quattromila e più codici manoscritti, e di oltre a cinque mila stampe. La Biblioteca è aperta a letture diurne e serali, ed ha la frequenza media giornaliera di novecento lettori nell'inverno e nella primavera, di tre a quattrocento nell'estate e nell'autunno.
Presiede alla Biblioteca il comm. Gaspare Gorresio, colui che agevolato da Re Carlo Alberto negli studi del Sanscrito in Parigi, primo in Europa, pubblicò, tradotto italianamente, il Ramaiana, poema indiano, e ne associò alle lingue ed alle idee dei popoli del Gange, ai quali più strettamente ci unirà l'ardito francese, Ferdinando Lesseps, col taglio dell'Istmo di Suez. Così un latino della Dora ed uno della Senna lavorarono egregiamente ad avvicinare in bel consorzio Asia ed Europa!
Torino vanta altre copiose ed importanti biblioteche: quella del Re con 40,000 volumi e 2,000 manoscritti: quella della Reale Accademia delle Scienze con 40,000 volumi: quella dell'Accademia medico-chirurgica con 12,000 volumi, e la biblioteca dell'Archivio centrale con volumi 7,730, tra i quali oltre a 600 di edizioni del secolo xV e parecchi preziosi manoscritti: e la biblioteca centrale militare ricca di 21,000 volumi di opere militari, scientifiche e storiche; e quella del Duca di Genova, ricca d'opere e di manoscritti d'arte militare, legati dal dotto cav. Cesare di Saluzzo, educatore dei figliuoli di Carlo Alberto.
Dicesi che di queste sei biblioteche vogliasi fare una sola da essere ordinata nelle sale del Palazzo Madama, a pubblica utilità. Se questa idea ha effetto, nel centro della città, la gioventù subalpina, in ogni tempo studiosissima, troverebbe nuovi agi a coltivare le scienze, le lettere e le arti.
Basti ricordare che tre giovani fondarono in Torino l'Accademia delle Scienze, come alcuni giovani quella di Bologna.
Francesco Maria Zanotti, scrivendo l'elogio di Eustachio Manfredi, narra che quel famoso matematico ed astronomo, essendo ancor giovinetto, in Bologna sua patria applicatosi alla filosofia, raccoglieva in casa sua molti suoi colleghi per provarsi nell'arte del dire; e che da siffatti domestici esperimenti ebbe origine quella illustre Accademia delle Scienze. E addì 31 ottobre 1833, la nostra R. Accademia delle Scienze celebrando la ricorrenza del cinquantesimo anno della sua fondazione, il venerando conte Prospero Balbo, che la presiedeva, ricordando gli esordi di così nobile instituzione, nel suo discorso disse: «Un giovane uffiziale, il cavaliere poi conte di Saluzzo, un altro giovine, già con maraviglioso esempio professore in quelle scuole (dell'Università), il Lagrangia; un giovane dottor di medicina, il Cigna, ne furono arditamente i primi fondatori».
Gli esempi de' giovani preclari di Torino, non dissimili da quelli della dotta Bologna, trovino ai dì nostri frequenza d'imitatori! E mai non mancherà sulle rive della Dora, ove oltre la Università e l'Accademia delle Scienze, molti sono gl'instituti aperti al progresso d'ogni sapere.
Torino vanta l'Accademia Reale medico-chirurgica che si governa col regolamento organico del 18 novembre 1850; la Deputazione di Storia patria creata da Carlo Alberto nel 1833 per tutte le antiche provincie, ora estesane l'azione anche alla Lombardia, e presieduta da S. E. il conte Federico Sclopis, diede ricca serie di storiche pubblicazioni; la Società di Farmacia fondata nel 1852 coll'intendimento di promuovere l'avanzamento della scienza, e sostenere il decoro e la dignità dell'arte; l'Associazione medica, già creata nell'êra costituzionale, e poi estesa dopo il 1859 anche a molte provincie italiane; la Società Agraria instituita nel 1785, alla quale diede non poco lustro il novarese Rocco Ragazzoni. Inoltre Torino vanta il Collegio Carlo Alberto, che ha ben 140 posti gratuiti per giovani addetti a studi universitari, e il Collegio Caccia, licei, ginnasi, e scuole tecniche del Governo e di privati, scuole diurne e serali, ed instituti femminili; e l'Instituto tecnico, fiancheggiato dal nascente Museo industriale, e aggrandito da una scuola normale diretta a preparar maestri per le scuole professionali, testè inaugurato dal Torelli, ministro di Agricoltura e Commercio; e il R. Albergo di Virtù, che sino dal secolo xvi, per generoso provvedimento dei Principi Sabaudi, educa i figli dell'operaio nelle arti e nei mestieri, e che dovrebbe essere al popolo il più utile esemplare di scuole tecniche. Insomma Torino vanta un campo vastissimo, ove dotti maestri con zelo religioso coltivano gli allori delle future generazioni.
Io non entro a discutere intorno ai metodi d'insegnamento usati oggidì nelle scuole superiori e nelle mezzane. Il desiderio di diffondere e accelerare il trionfo della civiltà fece sì, che si moltiplicassero le discipline e i programmi della pubblica istruzione. Dopo fattone sperimento, deggio dire, che non di rado gl'insegnanti mi parvero ridotti alla condizione di coloni obbligati a coltivare ad un tempo e nel medesimo terreno alberi fruttiferi di ogni qualità, la pianticella del cotone e quella del lino insieme col gelso, la dolce canna dello zucchero e la tenera pianta del zafferano, il frumento e il grano turco, senza disgiungere la pastorizia da questo complesso di seminati e di pometi.
Fra tanta baraonda di sistemi si troverà il più conveniente a coltivare colla debita misura le menti de' giovani ed avviarle alla meta desiderata.
In quanto alla parte educativa v'ha parecchi pregevoli collegi e convitti. Degno di particolar menzione è l'Istituto Paterno, il quale sorse su le rovine d'un collegio già diretto dai Fratelli delle Scuole Cristiane, e chiuso per cause abbastanza note. Il nuovo Istituto nel 1863 fu aperto nella via delle Rosine da una Società di padri di famiglia. Ne fu affidata la direzione al cavaliere prof. Giovanni Lanza, che lo governa con molto senno, ben altrimenti da coloro che nella educazione separano gli alunni dalla casa paterna. Egli vuole, che nell'Istituto la Scuola e la Famiglia siano in continua corrispondenza; vuole che i padri si facciano guida e custodia de' proprii figli, coadiuvando e facendosi essi medesimi gl'ispettori e consiglieri. La scuola piglia lena e conforto dalla cooperazione della famiglia, e a vicenda si sorreggono e si aiutano.
Questo sapiente disegno incontrò favore universale; e trecento vispi giovanetti crescono in lieto consorzio nel floridissimo Istituto.
Chi amasse un'accurata relazione delle scuole di Torino, legga il bel libro del cav. Baricco, sacerdote che dice ed opera assai a benefizio dell'istruzione popolare.