Giuseppe Regaldi
La Dora

CAPITOLO QUINTO TORINO

XIV.

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XIV.

 

Senza dubbio l'augusta città della Dora, ampliata e raddoppiata di popolo nel corrente secolo, è cresciuta in fiore più d'ogni altra italiana, ed ha fatto il più glorioso progresso.

Uno degli amici torinesi, ai quali soglio leggere le mie pagine della Dora, a questo punto mi disse:

- Ora aspetto da te più che un cenno delle nostre belle chiese. Mi descriverai la Metropolitana col Santuario della SS. Sindone, il tempio più vasto della città, ossia quello di S. Filippo, e il più strano, quello di S. Lorenzo colla cupola ardita e leggiadra. Vorrei pure descritto il tempio di S. Massimo e il magistrale dell'Ordine Mauriziano, ove il Morgari, sui concetti del conte Cibrario, dipinse poeticamente nella cupola Il trionfo della Croce. Gli Israeliti vorranno da te illustrata la nuova loro Sinagoga, e i Protestanti la loro chiesa di recente edificata; ed io buon cattolico e cittadino ti raccomando di non dimenticare nel tuo volume il Santuario prodigioso della Consolata; la chiesa di S.a Giulia, di forma gotica, fondata dalla pietà della marchesa Barolo; quella in questi giorni dedicata ai Ss. Pietro e Paolo, e la celebre Basilica di Superga. Un altro bizzarramente lo interruppe, dicendomi:

- Io sono un profano, e lascio ai divoti la storia delle chiese. Per me desidero nelle tue pagine la vivace descrizione de' festosi teatri di Torino, principiando dal Regio e dal Vittorio Emanuele, due massimi delubri di Euterpe e Tersicore. Dovresti pur narrarci i trionfi dell'ingegno italiano, quando sulle scene del Carignano e del d'Angennes si davano le prime rappresentazioni delle tragedie dei nostri Alfieri, Pellico e Marenco e del ligure Ippolito D'Aste, e le commedie dei nostri Nota e Brofferio e del ligure Chiossone. Ricordaci il bel teatro del cortese amico cav. Gerbino, e il teatro Rossini in cui con applaudite prove Bersezio, Garelli, Pietracqua e Zoppis mantengono in onore la commedia nel dialetto e ne' costumi del Piemonte.

Non basterebbe un grosso volume, io risposi, a descrivere tutti codesti monumenti di cielo e di terra; ma io non faccio la storia l'itinerario di questa città. Chi voglia averne contezza, ricorra alle opere del Paroletti, del Cibrario e del Ricotti, legga la Descrizione di Torino del Bertolotti e quella del Giuria, e ne cerchi i particolari nel Dizionario storico-statistico del Casalis, ed anche nelle Passeggiate autunnali del Baruffi.

Io sono un paesista che trovandosi in cospetto di maravigliosa città, irrigata da fiumi, cinta da côlli, maestosa di vie, teatri, templi e palagi, e abitata da popolo industre, dotto e belligero, coglie questo e quel punto di veduta per ritrarre sinteticamente in tela il complesso delle cose ammirate.

Peccato ch'io non possegga la tavolozza ed i colori di Massimo d'Azeglio!

Ed eccomi senza quasi avvedermene entrato a parlar di pittura e delle altre arti, argomento che si affaccia a quanti vengono a visitare le città italiane.

 

 


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