Giuseppe Regaldi
La Dora

CAPITOLO QUINTO TORINO

XX. La Reggia.

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

XX.

 

La Reggia.

 

Entrati nel palazzo dei Re d'Italia, l'animo nostro è compreso di maraviglia salendo il maestoso scalone di bianchi marmi, che per doppio ordine di gradini mette ai regali appartamenti.

Diverse belle statue ricordano illustri nomi: il Conte di Carmagnola, lavoro del Dini, il Principe Tommaso, scoltura dell'Albertoni, e Re Carlo Alberto, statua del Vela, rimpetto ad una nicchia vuota, che aspetta dal Varni quella di Emanuele Filiberto.

Nei quattro campi laterali allo scalone veggonsi dipinti ad olio quattro quadri, ne' quali sfavilla la mente italiana.

In uno de' campi Gaetano Ferri rappresentò il matrimonio di Adelaide Contessa di Torino con Oddone di Savoia. Presso a quello il Gastaldi dipinse Tommaso I, che concede carte di libertà a parecchi Comuni dello Stato. Di rincontro a questo quadro Enrico Gamba, l'autore dei Funerali di Tiziano, ritrasse il magnanimo Carlo Emanuele I, il quale, per vendicare la indipendenza d'Italia, pronto alle battaglie, sdegnosamente restituisce a Don Luigi Cajetano, ambasciatore di Spagna, il Toson d'oro, e gli ordina di partire nel termine di ventiquattro ore. Nel quarto campo il Bertini ritrasse nella villa del Parco presso Torino Filippo d'Este che presenta Torquato Tasso al Duca Emanuele Filiberto, il quale graziosamente lo accoglie fra personaggi delle Corti di Savoia e d'Este, e della Repubblica di Venezia.

Ebbi un la grata ventura di rivedere la tela del Bertini mentre un bel raggio di sole vividamente illuminava il mesto volto del poeta a cui stringe amorevolmente le mani Emanuele Filiberto, in segno del patrocinio onde i Principi di Savoia sempre furono larghi verso nobili ingegni.

Levando gli occhi dal Tasso vidi irradiata nella volta l'apoteosi di Carlo Alberto, affresco dal Morgari; e guardando attentamente allo scalone e all'atrio, comechè spaziosi, mi sembrarono angusti a tanta dovizia ivi accolta di sculture e di dipinti.

Entrato nei reali appartamenti saluto l'Hayez che in ampia tela pennelleggiò la sete tormentosa dei Crociati presso Gerusalemme, ed il Podesti nel Giudizio di Salomone. Quindi errando di sala in sala fra arazzi di antica fabbrica piemontese, fra madreperle e fra maioliche del Giappone e di Sèvres, fra vasi di malachite e lavori di tarsia, fra dorature ed intagli di ogni in legno, e fra bianche colonne di marmo coi dorati capitelli corinzii, oh! spesse volte mi è dolce fra tanta luce venerare l'Arte e la Patria.

Re Carlo Alberto volle che l'Arte fosse messaggiera del risorgimento d'Italia, e nel 1845 commetteva al lombardo Carlo Arienti di rappresentare in una tela, da collocarsi nella sala de' Paggi, la Cacciata del Barbarossa da Alessandria. L'Arienti nell'opera commessagli pel regale palazzo medesimo dipinse vestito da popolano nell'atto di lanciare una pietra contro il barbaro Federico; e in tal guisa l'inclito professore dell'Accademia Albertina diceva a' suoi colleghi che gli artisti deggiono suscitare, e all'uopo anco eseguire le difficili imprese per la patria.

La commissione data all'Arienti nel 1845 era il primo squillo delle prossime battaglie nazionali; e nel 1850 quando si lamentavano le recenti sventure dell'Italia caduta nella battaglia di Novara, ed erano assai dubbie le speranze del nostro avvenire, Re Vittorio Emanuele II nella pubblica mostra di Belle Arti al Castello del Valentino, a far manifesta la perseveranza della sua fede politica, avendo a' fianchi il Presidente del Consiglio de' Ministri e sommo artista, Massimo d'Azeglio, per aggiungere decoro alla Reggia acquistava il quadro di Felice Biscarra rappresentante Cola da Rienzo che parla di libertà al popolo di Roma; e quindi acquistava pure, ad ornare il Reale Palazzo, la tela di Gaetano Ferri che ritrae il lutto del Piemonte per la morte di Carlo Alberto, quadro che all'autore valse il premio della medaglia d'oro nell'Esposizione di Parigi del 1855. Lo stesso magnanimo Re nel 1858 accogliendo ospitalmente nella Reggia la tela del Gastaldi, in cui è raffigurato il Barbarossa vinto a Legnano, si apparecchiava all'eroica impresa, per cui avrebbe veduto i nipoti del Barbarossa vinti e scombuiati fuggire dai poggi di Solferino.

Andiamo a visitare le stanze regali, e vedremo l'amore del Bello espresso da ingegni valenti e forti di patria carità. Quivi si veggono in quattro quadri di Massimo D'Azeglio le imprese del conte Verde, di Amedeo VII e di Emanuele Filiberto; Vittorio Amedeo II, re di Sicilia, che sale alle pittoresche rovine di Taormina, mentre vaghissime donne gli offrono corone di fiori. Si piange la morte di Carlo Alberto effigiata da Francesco Gonin, e si ammirano i busti in marmo del nostro Re, del suo Genitore e delle figlie, lodate sculture del Varni; e, a sempre più dimostrare che la Reggia Sabauda fu ognora ospitale agli alti ingegni, la fulgida galleria, ove il Monarca imbandisce i solenni conviti, è riccamente adorna di cinquantaquattro ritratti di uomini illustri del Piemonte, fra i quali in particolar modo io amo inchinare il Maestro delle sentenze, figlio d'una lavandaia di Lomellogno, Pietro Lombardo.

Al reale palazzo mancava la facciata corrispondente, ma non tarderà a cominciarsi il desiderato lavoro secondo il disegno di Domenico Ferri, che la modellò, stando allo stile barocco della Reggia, però ingentilendolo maestrevolmente.

La facciata abbonderà di marmi e graniti con pilastri e balaustri, e con quattro giganti colonne scanalate di ordine ionico composito, che s'innalzeranno sino al ballatoio del secondo piano.

Per compiere la facciata con un concetto degno della Reggia e del popolo italiano, torna bene il ricordare quanto proponeva il conte Oprandino Arrivabene nel febbraio del 1863.

Egli proponeva, che il bellissimo Alfiere del Vela fosse trasferito ad uno dei lati innanzi alla Reggia, e che gli si mettesse di rimpetto la statua di Alessandro Lamarmora, lo strenuo institutore dei Bersaglieri. Questo concetto è bello artisticamente, come con acconcie parole dimostra l'Arrivabene; ed io aggiungerò che quelle due statue rappresenterebbero l'esercito italiano, fedele custode della memorabile reggia, da cui uscirono armati i destini d'Italia.

 

 


«»

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA2) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2010. Content in this page is licensed under a Creative Commons License