Giuseppe Regaldi
La Dora

CAPITOLO QUINTO TORINO

XXI.

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XXI.

 

L'augusta Torino, sede delle arti della guerra e della pace, strenua maestra di ordini civili, operò l'alleanza politica delle altre provincie italiane con , intorno allo scettro della Monarchia Sabauda.

Dopo la fatale iattura di Novara, da ogni parte convenivano in Piemonte gli esuli nostri fratelli, che col senno e colla spada eransi resi degni di riverenza e d'amore. Accolti sulle rive della Dora, in questo unico santuario di libera italianità, trovarono salubre il clima, quieto ed onesto il vivere, forte e liberale il Governo, non mai turbato da popolari tumulti. A tutti fu dato ospizio, ed a parecchi non mancarono agi e cariche luminose.

Lo spirito di carità levato al più alto grado qui cominciò la unione politica degli Italiani, che fu poi mirabilmente sancita coi trionfi di Palestro e di S. Martino, capitanati dal magnanimo Re Vittorio Emanuele II, e colle ardite imprese del Leone di Caprera.

Le Camere legislative, concordi al senno del Conte Camillo Cavour, decretarono che Roma fosse la futura metropoli del Regno d'Italia; onde opportunamente nel 4 agosto del 1861 Achille Mauri dettava il seguente sonetto

 

A Torino.

 

«Se pur fia che le fauste itale sorti

Tocchino alfine il sospirato segno,

E un ultimo trionfo a Roma porti

L'augusto seggio del novello regno;

«Nobil loco, Torino, e di te degno

Sempre otterrai fra le città consorti,

E andrai chiara per l'armi e per l'ingegno,

Per maturi consigli e l'opre forti.

« Italia coprirà di turpe oblìo

I decenni tuoi vanti, e il largheggiato

A' raminghi suoi figli ospizio pio;

«Ma grata al tuo Camillo, e a quanti il senno

E il cor con lui le offrian, del gran conato

Dirà che i primi onori a te si denno».

 

 


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