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Accanto al castello sorge la chiesa parrocchiale di Sàntena, fatta costruire nel 1712 dal conte Carlo Ottavio Benso e da lui dedicata a Maria Vergine, come dice una lapide della domestica tribuna che guarda nel tempio. In quella tribuna veggonsi eziandio le immagini dei santi Francesco di Sales e Amedeo di Clermont; inoltre l'iscrizione, in cui l'edificatore della chiesa ricorda il suo fratello Agostino Maurizio, cavaliere di Malta, che segnalossi nell'espugnazione dell'isola di Scio, e mentre faceva sua una nave di Corsari, toccò una ferita, onde, giovine di 27 anni, morì nel 22 luglio del 1694. Vi si legge pure altra iscrizione che onora Luigi Benso, cavaliere Gerosolimitano.
Sotto la domestica tribuna era l'antica sepoltura dei Cavour. Consunte le casse mortuarie, andarono rimescolate e confuse le ossa dei cadaveri che furono colà piamente raccolte in luogo distinto della cappella sepolcrale, costrutta e decorata dopo la morte del Conte Camillo.
Vi si giunge scendendo per erboso declivio e passando per un praticello vestito di fiori e cinto di pioppi, acacie e salici piangenti.
L'architetto del recente sepolcreto non lo immaginò con le colonnette sottili e i leggiadri trafori dell'arte gotica, convenienti al misticismo cristiano; ma, pensando al grand'uomo ivi sepolto, vi costrusse un tempietto d'ordine dorico con colonne di granito bigio alla porta, che ricordano le costruzioni egizie.
Il concetto pagano di quell'edifizio è severo com'erano la favella ed i costumi, l'arte e le leggi presso i Dori; e ben si addice ad onorare fondatori e reggitori di Stati.
La piccola croce, che, come straniera al carattere dell'edifizio, sovrasta alla porta, ci ricorda le ultime ore del Conte, in cui la fede cristiana coronò tutte le glorie dell'uomo di Stato.
Entrammo nella funebre cappella. Sono di marmo nero le sue pareti e le due colonne che la reggono coi bianchi capitelli di marmo carrarese. In fondo vi ha un altare, e nelle lapidi le scritte ricordano i recenti sepolti. In quella dell'uomo, per cui colà movemmo, si legge:
NATO IL X AGOSTO MDCCCX, MORÌ IL VI GIUGNO MDCCCLXI.
Presso di lui giacciono le ceneri del suo fratello Marchese Gustavo, filosofo cristiano, e le spoglie del suo nipote Augusto, guerriero della patria, morto ventenne nel 1848 per le ferite riportate nella battaglia di Goito.
Alle pareti sono appese ghirlande e scritti che il Comitato Veneto, Società di operai, Collegi nazionali e frequenti pellegrini tributarono al sepolcro del Conte Camillo.
Mi fu detto, che in una delle nicchie della cappella sarà collocato il busto in marmo del nipote Augusto, commesso al Vela; che in mezzo al tempietto si ergerà un monumento degno del Conte Camillo e dell'erede; e che, a maggiormente decorare il tempietto funerale, la porta, ora di legno, sarà fatta di bronzo e fusa secondo il disegno del Marochetti.
Sia lode a chi sì nobilmente decorerà quel pio luogo, in cui molta è la frequenza de' pellegrini nostri e forastieri, fra i quali vien ricordato il Russo Stefano Sivereff, membro e consigliere ordinario dell'Accademia di Pietroburgo, che nel 1861 insieme col suo giovane figliuolo andò a prostrarsi innanzi al sepolcro del Conte Camillo.
E noi tutti Italiani prostriamoci addolorati e riconoscenti. Nelle principali nostre città in onore di lui furono celebrate solenni esequie, recitati funebri discorsi, e ad eccellenti artisti si commisero marmi storiati. La sua nipote, contessa Alfieri-Cavour, diresse al sig. De la Rive una lettera, nella quale, narrando la malattia e gli ultimi istanti dello zio, gli consacrò un monumento di affetti domestici nobilmente espressi; Nicomede Bianchi gli consacrò un monumento di sapienza politica rivelando arditi accorgimenti del grand'uomo; e Giuseppe Bertoldi, tributandogli un monumento di classica poesia con due canzoni, vien collocato, dice il Tommaseo, d'un tratto fra i primi artefici che abbia l'Italia del verso, primo che abbia il Piemonte e che mai forse avesse.
Ma il massimo dei monumenti a Camillo Cavour sarà l'Italia stessa cogli allori dei Campidoglio.
Stavamo per uscire dalla cappella, quando il sig. Francesco Rey ci presentò un libro, in cui i visitatori registrano i loro nomi. Il Consigliere di Stato, mio compagno al pio pellegrinaggio, vi scrisse:
«Filippo Cordova, prima di partire per Firenze per effetto della Convenzione del 15 settembre 1864!»