Giuseppe Regaldi
La Dora

CAPITOLO QUINTO TORINO

XXXII.

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XXXII.

 

Errai nuovamente nel Camposanto, e mi assalirono nuovi dolori in cospetto a memorie di catastrofi cittadine; mentre su le aiuole funerali io vedeva a due a due, col bianco cuffiotto e in veste di tela azzurra passare le Trovatelle ricoverate nello spedale di Carità.

Quelle innocenti figlie della colpa, che non conobbero padre quaggiù, andavano pregando di sepolcro in sepolcro, e dal Padre supremo invocavano pace ai trapassati.

M'imbattei nel monumento sacro ai ventisei estinti nello scoppio della Polveriera addì 20 aprile 1852; e in un angolo presso la chiesa mi fu additata la zolla sotto cui dormono i morti nell'incendio della casa Tarino, in via di Po, il 28 agosto 1861.

Oimè! altre vittime più numerose e più compiante ricorda un distinto quadrato di terra a tramontana! Colà

 

ALLE VITTIME

DEL SETTEMBRE

1864

 

lessi nella colonna che, simulacro di futuro monumento, fra due cipressi fu innalzata sulle fôsse in cui giacciono gli uccisi dal piombo fratricida.

Erano corsi alcuni giorni dal lagrimato loro anniversario ed ancora si vedevano i segni della mestizia cittadina. Dal sommo della colonna pendevano i lembi d'un velo nero, e su gli scalini del piedistallo, coperto di negri panni erano sparse parecchie corone e sorgeva uno stendardo coll'impronta del caduceo e la scritta: Giovani del Commercio di Torino.

Una giovane donna vestita a gramaglie con in mano il rosario era genuflessa sovra una di quelle fôsse, da cui sorgeva modesta croce congiunta al tronco d'un salice. La mesta pregava e singhiozzava; e frattanto a' suoi fianchi bionda fanciullina appendeva corone di fiori ai ramoscelli del salice.

Mi appressai, e benchè la sua beltà fosse ormai sfiorata dal dolore, io la riconobbi. Era la Lucia di Bousson, la figlia del pastore Giacomo.

- Lucia, anche voi qui...! le dissi, già commosso per la risposta amara che aspettavo.

Ella, pallida e lagrimante, levò gli occhi dalla fôssa; ma, immersa com'era nel dolore, non mi ebbe tosto riconosciuto. Allora io soggiunsi:

- Non ravvisate colui che accoglieste ospitalmente nella capanna paterna, presso alla sorgente della Dora?

- Oh sì!; - ella rispose, traendo un profondo sospiro: e, stanca di affanno e di pianto, andò a sedere sui prossimi scalini del piedistallo seco traendo la fanciulletta, mentre l'andava amorevolmente accarezzando.

- Oh sì; riprese Lucia: è proprio lei che mi rivide a Bussoleno tutta festevole, quando andavo a nozze col mio buon Maurizio... ora qui sepolto!

- Infelice!

- Sì, infelicissimo il mio Maurizio! Egli, acceso d'amor patrio, lasciò la vita pacifica dell'agricoltura per arruolarsi nel nostro esercito, e nella battaglia di Sammartino con atti di valore aveasi acquistato il grado di uffiziale. Ahi! nella sera del fatale 22 settembre in piazza San Carlo corse qua e per temperare gli animi esacerbati e richiamarli a concordia; e in quell'inaudito tafferuglio di soldati e popolo fu colto dalla palla d'un moschetto!

«Mi scoppia il cuore nel ricordare quando nel Borgo Dora alle ore dieci di quella sera infausta mi fu portato in casa tutto grondante sangue. Non valsero cure di ogni maniera a sanargli la piaga mortale. Poche ore sopravvisse! Sempre mi suonano nel cuore le ultime sue parole. «Era meglio, esclamò dolorando, ch'io fossi morto sul côlle di Sammartino combattendo contro i nemici d'Italia, a difesa del Re e della patria! ma morire in pugna fraterna... oh duro tormento!» Questo straziante pensiero gli affrettò l'ultim'ora, e agonizzando premè la mia destra al suo cuore e mormorò: «Lucia, fatti qualche volta al mio sepolcro colla nostra figliuola, e raccomandale sempre di amare il Re, Torino e l'Italia».

«Ed eccomi abbandonata da tutti con la figliuola sulla fôssa di Maurizio. I miei fratelli morirono pugnando per la patria, e il vecchio genitore mi fu rapito dalla morte poco appresso d'aver avuto la medaglia di Sant'Elena.

Ora io non ho più sulla terra che il rosario della buona madre (e lo baciava) per pregare, e questa orfana figliuola ad amare».

Frattanto le Trovatelle si erano colà raccolte, e prosternate presso la memorabile colonna pregavano pace intorno al salice di Maurizio. Una suora di Carità, loro guida, mentre io cercava di confortare la sventurata Lucia, le disse:

- Non disperate, o donna. Non siete da tutti abbandonata, perchè la Provvidenza, che protegge le trovatelle, veglia pure su le vedove e le orfane; e già per opera di generosi italiani in Torino prepara un conveniente ospizio alla vostra fanciulla, insieme colle altre figlie de' militari.

 

 


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