Giuseppe Regaldi
La Dora

CAPITOLO SECONDO SUSA E SUOI DINTORNI

XI.

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XI.

 

Noi sostammo presso quella del 6 a contemplare il piano di S. Niccolò, in fondo al quale si scernevano gli spaziosi andirivieni del passo detto la Scala, che fra le rocce solcate dal lavoro delle mine mette alla sommità del monte; inoltre sei ordini di allineati pilastri, uno a cavaliere dell'altro per assicurare la via alle carrozze; ed abbondanti acque, che spumeggiando in allegre cascate, per acconce petrose docce giù scendono, imprimendo nell'aria una dolce festività.

Quelle acque con dolce mormorio qua e si perdevano entro bacini di grotticelle, e, dove altri meno immaginava, con vividi getti riuscivano luccicanti fra 'l musco e le piante, quasi lavorii di argento in filigrana fra lo splendore degli smeraldi; ed accolte insieme andavano ad ingrossare la Cenisia, che, precipitando anch'essa in sonante cascata a sinistra della Scala, scorre alle falde dell'orrida montagna detta il Palazzo Madama, e varcato il piano di S. Niccolò, abbandona la nostra via per nascondersi nella valle della Ferriera, e alfine irrigati i campi della Novalesa, di sotto alla Brunetta, lasciato il proprio nome, va a mescolarsi nelle acque della Dora.

Il Botta dice che le acque della Cenisia sono di colore cinereo; a me invece ed all'amico Norberto parvero così limpide, che ci fecero col Petrarca esclamare:

 

Chiare, fresche e dolci acque!

 

 


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