Camillo Berneri
L'emancipazione della donna

Cap. IV IL FOCOLARE DOMESTICO

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Cap. IV

IL FOCOLARE DOMESTICO

 

La donna è l'angelo della famiglia.

MAZZINI

 

La Sand ha detto che l'amore è una schiavitù, alla quale la donna aspira per natura. Il segreto di questa aspirazione è l'istinto della maternità. Dalla belva che si fa uccidere dal cacciatore pur di difendere i piccoli, alla donna che perisce nell'inedia per sfamare i figli, lo istinto della maternità impera, fino a vincere l'istinto di conservazione. Le cronache dei disastri5, molte pagine di storia offrono esempi magnifici. L'amore di madre sarà esclusivo, sarà spesso più istintivo che spirituale, sarà pregno, qualche volta, di egoismo, ma è forte, e di una evidenza così solare che sarebbe superfluo parlarne, se qualcuno non fosse giunto a sofisticare su di esso, basandosi sulle eccezioni, le quali non valgono, poichè sono rare e spiegabili mediante determinanti esterne, o degenerazioni generali. Perfino la più tipica anormalità della donna madre, l'infanticidio, non infirma l'università dell'istinto materno.

Infatti, per moltissime infanticide, quasi tutte povere, moralmente grazze e vittime di volgari seduzioni o di brutali violenze, l'atto delittuoso è determinato da momentanea follia. Non è sempre il desiderio di salvare che spinge la madre al delitto, ma è, spesso, il pensiero angoscioso delle privazioni, dei pericoli che il figlio incontrerà nella vita6. L'infanticidio è, in molti casi, una forma di quasi suicidio. La psicologia giudiziaria ha messo in luce i rapporti tra il suicidio e lo omicidio. Ebbene, io affermo che è, nella donna normale, il suicidio della madre. La infanticida vorrebbe amare il figlio. Non lo può. L'istinto prepotente cozza col pregiudizio radicato. I sentimenti di tenerezza pel figlio riaprono ed abbruciano la piaga del rancore verso il seduttore. L'affetto per la creatura le fa parere ancora più buio l'avvenire. Essa si persuade che ha creato un infelice, che la vita è una continua pena. E uccide, quando l'oscuramento della coscienza, proprio della psicosi puerperale, rallenta, o spezza, i freni inibitori. Ma, passata la tempesta, ecco riapparire nella coscienza l'arcobaleno dell'istinto materno. Despine racconta il caso di una ragazza che, subito dopo aver partorito, gettò il bambino in una latrina. Lo riportano a lei ancor vivo. La maternità si risvegliò. Lo afferrò con tenerezza, lo riscaldò, lo allattò. E da allora fu madre amorosa7. Joly notò nelle infanticide rinchiuse nelle carceri parigine un vivo desiderio di maternità. È commovente il caso di quella giovane infanticida che si fabbricava continuamente delle bambole con la biancheria e le cullava dolcemente, per illudersi di essere madre.

Di fronte all'infanticida sta la donna senza figli, la madre in potenza, o la mancata. Ecco la bambina che culla amorosamente la bambola, ed ha per essa cure, pensierini ed espressioni di tenerezza nelle quali si inarca l'aurora della futura maternità. Ecco la zitella che invecchia e confonde la tristezza delle perdute speranze di una famiglia propria con la materna tenerezza per i fratelli minori, per i bimbi dei parenti, degli amici, dei vicini, o... per i gatti, i cani, gli usignoli.

L'inaridimento, l'acidità spirituale di certe zitelle dipende, spesso, dalla mancata maternità, più che dalla mancata vita matrimoniale. Gli è che l'istinto della maternità è un elemento basilare nella vita della donna. La donna senza figli non è solo una madre mancata. È anche una mezza donna. Quante qualità innate deve possedere una donna, quale buona educazione deve aver ricevuta, per mantenere un celibato che non inaridisca nell'egoismo e non scivoli nella vita galante!

Non a torto il Lombroso considera la maternità il vaccino morale della donna. Per moltissime donne la maternità è l'unica luce nell'anima buia, l'unica forza inibitrice nell'infuriare delle passioni, l'unica nota di fecondità morale nell'aridità dell'egoismo. Anche la donna ignobile acquista un aspetto di dignità nel pianto o nelle cure materne.

È stato detto che l'amore è il genio della donna e i figli il suo capolavoro. Non sempre questo amore è intelligente e non sempre i figli sono tali da onorare la madre. Ma è certo che la donna ha avuto ed ha nella maternità la sua più alta funzione sociale. Inclinata alla protezione e all'assistenza della prole, la donna cercò di rendere permanente l'unione sessuale. Da femmina si fece donna mediante la maternità. Il legame tra la donna e il bambino è più intimo, più forte del legame tra l'uomo e la donna. Ed ecco la donna creare il focolare, per riscaldare il figlio e trattener il padre. Accettò l'asservimento all'omo per amore dei figli. Così Elia Reclus, nel suo interessante studio di etnologia comparata Les Primitifs riassume eloquentemente la storia della donna primitiva:

«Alla donna la specie è debitrice di tutto ciò che ci ha fatto uomini. Attorniata da bambini, e con la mente intenta alle cure di essi, ella stabilì o trovò il primo riparo per mettere al sicuro la piccola famiglia: il suo primo nido fu così, forse, una fossa tappezzata di musco con attaccato un tessuto di larghe foglie; e quando immaginò di attaccare tre o quattro altre pertiche per i loro estremi, e di stendere tra esse altri tessuti di foglie la capanna fu inventata, la prima capanna. Ivi ella depose il fascio di paglia acceso, che mai ebbe a lasciare, e la capanna, da quel momento, si rischiarò, si riscaldò: e la capanna divenne il primo focolare domestico. Non s'è chiamato Prometeo "il padre degli uomini" per fare intendere che l'umanità comincia con l'uso del fuoco? Egli è certo che la donna è stata la vigile custode e conservatrice di questa sorgente di vita. Ed ecco che un giorno accanto ad una cerva, che l'uomo aveva ucciso, la donna vide un cerbiatto, che la guardava con occhi supplichevoli. Ella n'ebbe pietà e lo prese tra le braccia. Quante volte non s'è visto fare altrettanto alle donne selvaggie!... Il piccolo animale a lei si affezionò e la seguì ovunque. Fu così che ella allevò ed addomesticò gli animali divenendo la madre dei popoli pastori. E ciò non fu tutto: che mentre il marito errava per la caccia grossa, la donna si occupava della caccia piccola, raccogliendo ed ammassando uova, insetti, semi, radici. Di questi semi, raccolti nella capanna, alcuni, che andarono dispersi nel terreno, germinarono, crebbero e fruttificarono; altri semi essa dopo, con intenzione, seminò, e così divenne la madre dei popoli coltivatori. Nonostante la dottrina che fa la legge presentemente, la donna è da ritenersi la creatrice della civiltà nei suoi elementi primordiali. Senza dubbio, nei tempi primitivi essa non fu che una femmina umana, ma questa femmina nutrì, allevò e protesse quelli più deboli di lei, mentre che l'uomo suo, bestia terribile, non seppe che scannare per necessità e per vaghezza. Egli bestia feroce per istinto, essa madre per funzione».

La donna fu il primo animale domestico dell'uomo. Poi divenne una schiava. Poi una serva. Ora è ancora una minorenne.

L'uomo, partecipando alle occupazioni sedentarie, assunse un atteggiamento direttivo, esercitò un diritto di imperio. La donna e lo schiavo coltivarono i campi, quando il guerriero cominciò a divenire agricoltore, avendo sempre però in odio, e quindi in dispregio, il lavoro. Ma allora la donna cominciò una opera sottile di reazione intima. La preda dell'uomo delle caverne cercò solo di trattenere il maschio, perchè difendesse lei e la prole dagli attacchi delle fiere e degli uomini. La moglie dei primi tempi storici cercò di vincere con l'astuzia la manesca brutalità dell'uomo, di imprigionare nella rete della civetteria l'orso della casa.

Il timore e il desiderio di dominio la resero dissimulatrice. Cercò di impietosire con la più evidente manifestazione di dolore. Cercò di mostrarsi allegra ed affettuosa anche quando si sentiva triste ed indifferente.

C'era un dissidio fondamentale tra l'uomo e la donna. La plusvalenza dell'istinto sessuale maschile (tendenza poliginica) si trova in contrasto con la plusvalenza dell'istinto materno. Le tendenze poliandriche della femmina venivano frenate dal controllo del maschio e dall'istinto della maternità. Mentre il marito rimaneva maschio, la femmina, divenendo moglie, si faceva donna. Per l'uomo la famiglia fu un accidente sociale, per la donna fu un naturale fenomeno.

Il dissidio si perpetua, come dimostrano le statistiche del celibato, le cronache degli uxoricidi e dei divorzi, la quotidiana esperienza. La famiglia materia alle pochades, al romanzo pornografico, al giornale satirico. Per trattare esaurientemente delle cause della crisi familiare ci vorrebbe un volume. Accenniamo.

L'uomo che si sposa è, quasi sempre, stanco del postribolo, dei pasti in trattoria, del controllo familiare. Il matrimonio è, per molti, un porto con relativo bacino di carenaggio. Mentre l'uomo esige netta la fedina anatomica della fidanzata, poco si cura della sua intelligenza, della sua salute fisica e morale. Le qualità della sposa sono estetiche, o catastali! L'uomo porta nel matrimonio l'oscena esperienza postribolare, con relativi gusti e modi, quando non vi porta le malattie veneree8. Passata la luna di miele, che spesso è un quarto, il marito, quando non è stanco, considera la moglie una necessità pratica. La moglie è quella donna che il mattino prepara il caffè, a mezzogiorno e alla sera fa trovare pronta la tavola, e la notte offre uno sfogo sano e gratuito.

I matrimoni d'amore sono più rari. Il matrimonio tende sempre più a diventare la pensione dell'amore: una accomodamento affettivo, o una soluzione economica.

Se si interrogano gli uomini, le risposte oscillano tra questi argomenti: «Io, prender moglie? Fossi pazzo! Mi voglio divertire. Se mai, ci penserò più avanti»; «Sì, metter su famiglia a questi lumi di luna! E poi, chi sposo? Con le ragazze di oggi!». Quanto alla prima risposta c'è poco da dire. Rientra nel quadro della corruzione sessuale maschile, impastata di egoismo delinquente. Quanto alla seconda, bisogna riconoscere che la crisi economica ostacola realmente la formazione di nuove famiglie. Ma c'è, non di meno da distinguere in questa crisi un lato reale e un lato fittizio. Il primo è rappresentato dal professore di scuole medie inferiori con stipendio a cinquecento lire mensili ed il decoro da salvare. Il secondo è rappresentato dall'impiegato a mille cinquecento lire al mese che non può sposare la piccola borghese che vorrebbe l'appartamento comodo, la mobilia nuova ed elegante, la serva e il vestito nuovo ad ogni cambiamento di moda, quando s'accontenta di poco. È innegabile che la paura delle privazioni e le abitudini oziose di molte ragazze assecondano la smania di godimento comune agli scapoli. Si aggiunga, come accennammo, la frivolezza delle ragazze odierne. Queste leggerezza, in molti casi più fatta di apparenze che reale, dipende, in massima parte dal fatto che molte ragazze non hanno la certezza di sposarsi9. Sono, di conseguenza, in regime di concorrenza tra loro.

Le bruttine eleganti passano avanti alle belle modeste. Le più civette riescono a suscitare l'interesse degli uomini. Ciò fa sì, che anche le più modeste e le più serie, un po' per istinto scimmiesco un po' per calcolo, si mettono a far sfoggio e a fare le interessanti. Ne nasce un equivoco. Le leggere squalificano le altre, perchè molto spesso l'uomo giudica tutte le quelle che conosce, cioè quelle che lo hanno interessato per attrattive estetiche o altri fascini. Le leggere non trovano marito ed impediscono alle altre di trovarlo. Questo perchè in amore, come negli affari, la mancanza di fiducia provoca la crisi. Questo mascolizzarsi di molte ragazze, specie della media borghesia, è urtante per il maschio e per l'uomo. Perchè, come osserva il Rénan: «la donna che ci rassomiglia è antipatica: ciò che cerchiamo nell'altro sesso è il contrario di ciò che è in noi». Certe garçonnes potranno essere buone amiche, amanti deliziose, ma come future mogli fanno paura. Ah, se certe ragazze sapessero che i molti flirtisti fanno perdere loro il marito!

La famiglia è, dunque, doppiamente minata. Come realtà e come possibilità.





5 Nel Museo di Napoli si conservano gli scheletri dei colpiti dalla lava, quando l'eruzione del Vesuvio distrusse Pompei. Gli scheletri maschili sono in atteggiamento di fuga e di lotta, quelli femminili in atteggiamento di protezione di scheletri più piccoli: i figli.



6 Questo dimostra il fatto che l'infanticidio, sia caratteristica dei popoli primitivi e del proletariato più misero, sia, cioè concatenato con difficili condizioni di vita.



7 Un caso analogo cita il Novicov, e molti altri casi si potrebbero citare.



8 Secondo il dott. Fournier su ogni cinque donne sifilitiche ve n'è una, in media, contagiata dal marito. Il flagello della sifilide è dovuto alla vita sessuale maschile. (In Francia, mentre si ha il 16-22 per cento di sifilitici, si ha solo il 2 per cento di sifilitiche).



9 A Vienna le donne nubili rappresentano il 20 per cento della popolazione femminile; vi sono, cioè, 372.200 zitelle!



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