Camillo Berneri
L'emancipazione della donna

Cap. VI

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Cap. VI

 

La donna si trova al bivio: o madre di

famiglia o prostituta.

PROUDHON.

 

Oggi le operaie, le domestiche, le impiegate sono molte, perchè le esigenze della vita non permettono che a poche donne di dedicarsi alle cure domestiche. Limitata l'attività casalinga, basta una donna a mandare avanti la casa. Così le nubili, specie se appartengono ad una famiglia numerosa, sono spinte fuori di casa. Il celibato crea operaie e prostitute. Non sempre la ragazza si trova al bivio: o lavorare o vendersi. Nell'enorme maggioranza dei casi, la prostituzione nasce dal lavoro stesso, cioè dall'isolamento, dalla insufficienza dei salari, dalle occasioni, dell'influsso dell'ambiente.

Se per molte prostitute bisogna riconoscere i caratteri rilevati da molti studiosi, quali l'oziosità12, la storditezza e le negligenze13, come determinanti generiche immediate, per altre la necessità è stata la causa fondamentale. Dicendo necessità non intendo la fame, bensì un complesso di circostanze che spingono la donna a vendersi per migliorare le proprie condizioni di vita. La seduzione che promette una casa comoda, il riposo, la sazietà è troppo forte per la ragazza che dorme in soffitta, che si affatica fino a tarda notte, che soffre la fame, o si alimenta così poco da avere poca energia da opporre al seduttore e a stessa. Una relazione ufficiale sulle modiste di Posen (Germania) dice, per esempio così: «Presso di loro, finchè non si sono date alla prostituzione, la patata forma il mezzo principale di nutrizione, si deve ammettere che la esiguità del guadagno produce la prostituzione»14. Non è che le modiste di Posen si prostituiscano per mangiar meglio, gli è che la miseria lima i loro poteri inibitori sì che la seduzione può agire su loro. Qual armi adoperino i lenoni ha illustrato il Ferriani. Ecco alcune lettere

1. (a una giovane povera). «Devi deciderti, è un buon affare. Si è innamorato di te, e sapendo che desideri un bell'ombrellino, te lo porterà domani, ma vuole consegnarlo a te...».

2. (a un'operaia minorenne). «Sei vestita come una servaccia, fai schifo, te lo dico io, dunque sono pronto ad aiutarti. Vedessi che bel vestitino rosa, le tue amiche creperanno dall'invidia e dalla rabbia».

3. (a una cameriera). «Entra con un , fingi di entrare dalla sarta, io avrò l'uscio socchiuso. Il signorino sarà ad aspettarti. Il patto è già stabilito, e se sei buona, mi ha detto anche, che ti regalerà un orologio d'argento con la sua brava catenella».

4. (alla moglie di un impiegato poco retribuito). «Si decida. Poverina, lei ha bisogno di tutto, così bella non deve marcire nella miseria. Lei si ordinerà un bel vestito, e se lo farà all'ultima moda, e lui pagherà tutto, ma bisogna che non si faccia pregare tanto».

5. (a una giovane rimasta priva di genitori). «Ho pietà del suo stato. Cosa vuole logorarsi la vita a guadagnare una lira al giorno, quando la fortuna l'assiste? Il signore penserà a tutto, e subito lei andrà ad abitare un appartamento elegante... e avrà una serva»15.

La lontananza dalla famiglia o la mancanza di interessamento da parte di essa, contribuisce fortemente a far sì che molte ragazze vengano travolte in una avventura che sbocca nell'infanticidio, nell'aborto, nella prostituizione.

La statistica rileva che in Italia il più grande contingente delle prostitute è dato dalle domestiche e dalle operaie, e il minimo dalle contadine16.

Il Mellusi studiò le infanticide del penitenziario di Trani, contadine e povere tutte, e trovò che una aveva parenti alcoolisti, due i fratelli pazzi, cinque avevano perso la madre prima dei cinquantanni; una era stata abbandonata dai genitori a dodici anni; una era stata messa a servizio in una famiglia dove era stata sedotta: tre erano prive di madre dall'età pubere17.

Ecco un caso tipico di infanticidio.

Maria Carla, giovanissima, abbandona i suoi monti Lepini per cercare un servizio in una casa agiata di Roma. Riesce, ma un giovane la seduce, e la sera del 31 ottobre 1900, presa dai dolori del parto e piena di paura del licenziamento, si rifugia in un angolo recondito della casa e, senza soccorso, mette alla luce una creatura. Presa dalla follia puerperale, getta il frutto delle sue viscere in un cesso. Arrestata, viene condannata a nove anni e mezzo di reclusione. Quanti casi analoghi!

In molti casi del genere, l'infanticida viene portata al delitto perchè lontana o trascurata dalla famiglia e, al tempo stesso, perchè ha famiglia, cioè perchè ha ricevuto un'educazione che la rende gelosa della così detta reputazione e perchè teme il giudizio dei genitori e dei parenti. Questo dimostra il fatto che sono molto più numerose le infanticide di nascita illegittima di quelle di nascita legittima18. L'infanticidio è un delitto che ha per protagoniste più numerose le nubili che non hanno inclinazione a prostituirsi. Ma anche per le prostitute l'inizio del loro mestiere è segnato quasi sempre da una tragedia.

Tra le prostitute osservate dal Marro, due furono stuprate con violenza: una dal padrone, che trattala in cantina, la imbavagliò, l'altra da un tale, al quale era ricorsa per ottenere un impiego nella fabbrica dei tabacchi. Altre due furono sedotte dal rispettivo padrone. Un'altra fuggiva dalla casa dello zio che la ospitava, perchè questi aveva più volte tentato di abusare di lei. Come si vede, è frequente il caso di ragazze condotte a prostituirsi in seguito a «fattacci», che sono rari per le ragazze che vivono in famiglia, mentre sono piuttosto frequenti fra quelle che sono abbandonate a loro stesse19. Tipico, sotto questo aspetto, è un caso presentato dal Ferriani. Una sarta di ventidue anni, viene sedotta da un ricco. Rimasta incinta, è costretta ad abbandonare l'impiego. Il seduttore, al quale si rivolge per aiuti, le venti lire, dicendole di arrangiarsi. La disgraziata si prostituisce e partorisce, stando seduta su una latrina. Viene condannata. Ecco prostituta ed infanticida una donna che, con l'aiuto della famiglia, avrebbe, forse, potuto salvarsi.

Il lavoro extrafamiliare presenta gravi pericoli per le ragazze anche dal lato fisico. Il lavoro industriale esercita su di loro un'azione involutiva analoga alla involuzione anatomo-fisiologica delle api operaie. Le operaie presentano una riduzione dei caratteri sessuali secondari, cioè scarso sviluppo delle glandole mammarie, tratti maschili del volto, voce grossa, bassa ed aspra, bacino ristretto20, tardivo sviluppo pubere e, spesso, sterilità.

Se nelle tribù selvagge o primitive, che conducono una vita di penoso lavoro e di stenti, le donne a trent'anni sono decrepite, se nei paesi progrediti le operaie invecchiano anzi tempo, questo sta a dimostrare che la salute e il vigore della donna ed il lavoro pesante non sono conciliabili. L'anemia e la nevrastenia sono molto diffuse fra le operaie, e questo perchè la donna è meno atta dell'uomo a sopportare lavori gravosi. Nelle campagne, la donna aggiunge ai lavori agricoli le fatiche della casa, ma il lavoro all'aria libera21 e la riparatrice nutrizione compensano quasi sempre il depauperamento organico. Non così è delle operaie, che prolungano il lavoro in ambienti chiusi e insani, in un atteggiamento costante del corpo, a contatto con materie di lavorazione (fosforo, mercurio, piombo, ecc.) che le avvelenano.

Le cifre più elevate di mortalità tubercolare si hanno nelle industrie, che si svolgono in ambienti chiusi, umidi, mal ventilati, sovrapopolati, e in quelle che danno, durante il lavoro, sviluppo di polvere o emanazioni irritanti.

Da uno studio del dott. P. Ferrari sulla mortalità per tubercolosi in Milano nel decennio 1903-1912 si rivela che, a parità di professione e di mestiere, le donne sono più colpite dalla tubercolosi che gli uomini. E questo è dovuto anche al fatto che la donna, dopo il lavoro industriale, deve attendere alle faccende domestiche. Ecco uno specchietto statico che dimostra l'importanza della scelta del mestiere o della professione.

 

Mortalità per tubercolosi in Milano:

 

Compositrici e stampatrici

64,25%

Lavoranti cartonaggi e tappezzerie

55,00%

Lavoranti spazzole, crine, turaccioli

52,77%

Commesse e magazziniere

48,01%

Lavoranti prodotti chimici

47,67%

Lavoranti in pelle

45,14%

Stiratrici

42,12%

Passamantaie

41,80%

Lavoranti in metallo

40,07%

Impiegati

37,10%

Contadine, ortolane, fioriaie

12,30%

Commesse negozi alimentari

10,30%

 

Queste cifre sono terribili per chi pensi che la tubercolosi colpisce nel fiore dell'età.

Il lavoro extradomestico è, dunque, pericoloso per la salute morale e fisica delle ragazze.





12 Lombroso e Ferrero, La donna delinquente, la prostituta e la donna normale, pag. 555.



13 Kovalevsky, Psycopathologie légale, Paris, 1903, pag. 204.



14 Citato da Körnizy, L'igiene della castità, Bocca, Torino, pag. 133.



15 L. Ferriani, Delinquenti che scrivono, Como 1899, pagg. 117-119.



16 Su 10.000 prostitute italiane, i rapporti sono: 8,53 contadine; artigiane e operaie 221,59; persone di servizio 83,10; benestanti 1,91.



17 Mellusi, op. cit., pag. 220.



18 Dal 1906 al 1917 il 94 per cento delle infanticide è costituito da donne di nascita legittima, il 6 per cento di nascita illegittima. Tra le condannate per abbandono d'infante e per procurato aborto le proporzioni del 96 e del 4 per cento. V. G. Tagliacarne, L'infanticidio, abbandono d'infante e procurato aborto nella vita sociale studiati sulle nostre statistiche della criminalità nel «Giornale degli Economisti» e «Rivista di Statistica», Agosto 1925.



19 Parent Duchatelet indagò i casi di oltre 5000 prostitute di Parigi e trovò:

1400 abbandonate dai loro amanti;

280 abbandonate in istato di gravidanza;

400 sedotte da ufficiali e soldati e condotte a Parigi;

280 ragazze di servizio sedotte dai padroni;

1250 senza genitori e prive di mezzi:

1.440 costrette a prostituirsi per miseria;

80 costrette a prostituirsi per mantenere i propri genitori e parenti.



20 Nella Slesia, le donne, che fin da bambine lavorano nelle vetrerie, hanno l'ossatura così deformata da soffrire atrocemente nei parti.



21 Quando non si tratti di mondature delle risaie, di lavori ai maceratoi della canapa, ecc.



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