Henryk Sienkiewicz
Il diluvio

PARTE PRIMA

CAPITOLO XXXVII.

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CAPITOLO XXXVII.

Dalle porte della fortezza, che tale si poteva dire il convento, i cittadini e i nobili, venuti dalle terre circostanti; gente d'ogni età, sesso e grado, si avanzava verso la chiesa, strisciando sulle ginocchia e cantando inni e preghiere. La moltitudine rimaneva di tratto in tratto silenziosa toccando il suolo con la fronte, oppure prostrandosi a terra con la persona in forma di croce. Durante quei silenzii, si udivano le lamentose grida di pezzenti, i quali, seduti ai lati della strada, esponevano alla folla dei passanti le loro membra inferme o storpie o mutilate.

Nell'interno della chiesa la calca si faceva sempre più fitta. Il respiro mancava, lo spazio non bastava più: ma lo spirito di devozione dava a quei fedeli una ferrea costanza e resistenza.

Kmita, spintosi innanzi con i suoi uomini fino alle prime file della gente, si trovò ben presto dinanzi alla chiesa, e di qui, lasciandosi quasi trasportare dalla corrente, raggiunse la cappella miracolosa, dove la folla prostrata colla faccia al suolo, piangeva, abbracciava la terra e la baciava con emozione. Questo pur fece Pan Andrea: e quando alla fine egli ardì alzare la testa, la gioia, la felicità, e al tempo stesso un sovrumano senso di riconoscenza lo trassero quasi fuori di .

L'organo accompagnava i canti del sacerdote, spandendo suoni dolci e soavi come suoni di un'orchestra celeste.

Tutto ad un tratto un fragore di trombe e un rullo di tamburi scosse tutte le fibre e i cuori fremettero. La cortina che copriva l'immagine venne tirata da ambo i lati, e come un'onda di luce si sprigionò dall'alto, abbagliando gli occhi dei fedeli, Ma quello che li colpì nel fondo del cuore fu la sacra immagine.

Gemiti, pianti, grida, empirono la cappella.

Salve Regina! Monstra te esse matrem!esclamarono i nobili.

Ma i contadini gridarono: — «O signora santissima! Pietosa signora! Ci salva! Ci assisti! Consolaci! Abbi pietà di noi!»

Queste grida si protrassero a lungo, accompagnate da singulti di donne, da gemiti d'infelici, da preghiere di ammalati e mutilati imploranti un miracolo.

Poco mancò che Kmita venisse meno; egli senti d'avere dinanzi a l'infinito, cui non poteva afferrare, non poteva comprendere, e dinanzi a cui ogni cosa cadeva o si cancellava. Che cos'erano i dubbi al cospetto di quella fede che una intera esistenza non poteva estinguere? Che cos'era ogni sventura a petto di quella consolazione? Che cos'era il potere degli Svedesi di fronte a siffatta difesa? Che cos'era infatti la milizia degli uomini dinanzi agli occhi di tale protezione?

La messa terminò. Pan Andrea non sapeva come raggiungere di nuovo la navata principale della chiesa. Il prete predicava dal pulpito; ma Kmita per molto tempo non udì nulla, come uomo svegliato dal sonno, e che non sa dove il suo sonno ha cessato e dove è incominciata la veglia.

Le prime parole ch'egli udì furono queste: — In questo luogo si cangiano i cuori, e le anime si convertono; perocchè gli Svedesi ponno sopraffare questo potere, coloro che camminano nelle tenebre ponno vincere la vera luce!

Amen! — disse Kmita in cuor suo, e si battè il petto poichè gli pareva di avere gravemente peccato.

Dopo il sermone, Kmita fermò il primo frate che incontrò dicendogli che desiderava parlare col priore del convento.

L'udienza gli venne subito accordata. Il priore era un uomo attempato, volgente al tramontò della sua esistenza. Aveva un volto che esprimeva la più profonda calma, e due occhi azzurri pieni di dolcezza, ma che nello stesso tempo svelavano la perspicacia e le penetrazione. Kmita gli baciò la manica, egli strinse la testa di Kmita, e gli domandò chi era e donde era venuto.

— Vengo da Jmud, — rispose Kmita, — per servire la nostra Santissima Signora, il paese sofferente e il mio esule Re, contro i quali ho finora peccato; il che bramo e chiedo di spiegare in confessione. Prego di poter farlo oggi o domani, perchè il dolore de' miei peccati mi opprime. Vi dirò pure, padre, il mio nome, sotto il segreto della confessione, non altrimenti, perchè uomini d'animo malevolo m'impediscono di rimettermi sul cammino della virtù. Dinanzi agli uomini io desidero di essere chiamato Babinich. Intanto io reco importanti informazioni, alle quali vi prego, reverendo padre, di prestar orecchio, giacchè si tratta di questo sacro recinto.

— Io lodo le vostre intenzioni e il mutamento di vita che avete intrapreso, — disse il priore, Padre Kordetski. — In quanto alla confessione, io cedo al vostro vivo desiderio e l'udrò tosto.

— Io viaggio da lungo tempo, — disse Kmita. — Ho veduto molto e non ho poco sofferto. Dappertutto il nemico si è fatto forte; dappertutto gli eretici alzan la testa, anzi, gli stessi cattolici passan dalla parte del nemico; il quale, incoraggiato da ciò come pure dalla resa di due città capitali, intende or levare la sacrilega mano contro Yasna Gora.

— Da chi avete voi attinto questa notizia? — domandò il priore.

— Io passai l'ultima notte a Krushyn, dove ho visto il conte Veyhard Vjeshchovich e il Barone Lisola, inviato dell'imperatore di Germania, il quale tornava dalla Corte di Brandeburgo, e andava dal Re di Svezia.

— Il Re di Svezia non è più a Cracovia, — disse il priore, fissando negli occhi di Kmita uno sguardo indagatore.

Ma Pan Andrea non abbassò le palpebre, e proseguì:

— Io non so s'egli vi sia o no. Io so che Lisola va da lui, e che il conte Veyhard era stato mandato per rilevare la scorta, e condurla più lontano. Essi parlarono dinanzi a me in tedesco, perchè non supponevano che io intendessi il loro linguaggio. Il conte Veyhard ha proposto egli stesso l'occupazione di questo convento, ed intende impossessarsi del tesoro con l'autorizzazione del Re.

— E voi avete udito tutto questo colle vostre orecchie?

— Com'è vero che sto qui.

— Sia fatta la volontà di Dio! — disse il prete con calma.

Kmita rimase attonito. Egli credette che il frate prendesse come volontà di Dio il comando del Re di Svezia, e non pensasse alla resistenza; e però disse:

— Io vidi in Pultusk una chiesa occupata dagli Svedesi. I soldati giuocavano alle carte nel santuario di Dio; barili di birra stavan sugli altari e donne di mal costume vagavano in mezzo ai soldati.

— Ciò che voi mi dite è assai importante, — disse il priore. — Permettete che io chiami il padre più anziano, ed alcuni dei nobili che vivono attualmente con noi.

— Io ripeterò volentieri queste cose dinanzi a loro.

Il padre Kordeski uscì, e dopo un quarto d'ora ritornò con altri quattro padri. Subito dopo Pan Rujyts-Zamoyski, porta spada di Syeradz, uomo pieno di dignità, entrò con Pan Okyelmitski, porta stendardo di Vyelunie, e Pan Pyotr Charnyetski, cavaliere di giovane età ma con faccia fiera e bellicosa, una vera quercia per istatura e vigoria; e poi altri nobili più o meno attempati. Il priore presentò loro Pan Babinich da Jmud, e ripetè in presenza di tutti quanto costui aveva riferito. Essi mostrarono la più alta meraviglia, e si fecero a squadrare Pan Andrea con occhio investigatore ed incredulo; e come nessuno di essi moveva bocca, il priore prese a dire:

— Mi preservi Iddio dall'attribuire a questo cavaliere cattive intenzioni, e calunniose insinuazioni; ma i fatti che egli riporta mi sembrano così inverosimili che mi parve utile di chiedergliene l'esatta esposizione in vostra presenza. Egli può aver frainteso o essere stato ingannato dagli eretici, pei quali l'intimorirci e il portare il panico in questo santo luogo, danneggiando la fede e la pietà, può essere un immenso piacere che certamente nessun di loro nella loro malignità negherebbe a stesso.

Kmita era come un delinquente dinanzi alla Corte. Da una parte, egli era disperato perchè non volevano credergli; dall'altra si sentiva bruciare dalla vergogna, perchè vedeva che tutte le apparenze militavano contro le sue asserzioni, ed egli poteva essere tacciato di calunniatore. A questo pensiero si sentì invadere dall'ira, la sua innata impressionabilità ed eccitabilità riprese il sopravvento. Ma egli si frenò e resistette all'ira, ripetendo in cuor suo: «Pei miei peccati, pei miei peccati!» Con calma apparente prese a dire:

— Ciò che ho udito lo ripeto ancora una volta: Il conte Veyhard viene ad assalire il convento. Quando, non lo so, ma penso che verrà subito... Io vi do l'avvertimento, e su voi cade la responsabilità se non volete ascoltarmi.

Calma, cavaliere, calma, — rispose Charnyetski con enfasi. — Non alzate la voce. — Poi, rivoltosi all'assemblea, soggiunse: — Permettetemi di fare alcune domande a questo giovane.

I frati ed i nobili assentirono con un cenno del capo.

— Ebbene! fate le vostre domande, — brontolò Babinich fra i denti.

— Voi dite che venite da Jmud?

— Sì.

— E voi venite qui perchè non volete servire gli Svedesi e Radzivill il traditore?

Precisamente.

— Ma vi sono persone che non lo servono e gli si oppongono; vi sono squadroni che gli hanno rifiutata l'obbedienza. Sapyeha è , perchè non vi siete unito a loro?

— Quest'è affare mio.

— Ah ah! affare vostro! — esclamò Charnyetski. — Voi potete darmi tale risposta anche sulle altre domande.

Quello che provò Pan Andrea in quel momento lo dicevano chiaro le sue mani, che tremolavano come le mani d'un vecchio. Inoltre i suoi occhi si fissavano ostinatamente sopra un grosso campanello che stava sulla tavola. Il giovane cavaliere sentiva un'irresistibile voglia di afferrare quel campanello e di scagliarlo sulla testa di colui che lo interrogava. Ma gli riescì ancora di moderarsi, si morse le labbra, e disse con voce soffocata:

— Avanti! Interrogatemi pure.

— Se voi siete d'Jmud, allora dovete sapere quel che succede alla Corte del traditore. Nominatemi coloro che hanno coadiuvato alla rovina della patria; nominatemi quei colonnelli che sono rimasti con lui.

Kmita impallidì orribilmente, ma si fece animo e proferì alcuni nomi. Charnyetski lo ascoltò, indi soggiunse:

— Non sapete nulla di colui che è il più colpevole di tutti?

— No.

— Come mai? Non avete udito parlare di quel traditore che versò il sangue dei suoi fratelli come Caino? Non avete udito parlare di Kmita?

Reverendi padri! — gridò Pan Andrea ad un tratto, — che m'interroghi qualcuno di voi, ma non permettete che questo nobile mi tormenti più a lungo.

Lasciatelo in pace, — disse il priore a Pan Pyotr. — Qui non si tratta di lui.

— Ancora, una sola domanda, — disse Zamoyski; e rivolto a Babinich, gli chiese: — Non vi aspettavate che noi avessimo a dubitare della vostra sincerità?

— Come Dio è in Cielo, no!

— Qual premio speravate?

Pan Andrea, invece di dare una risposta, sprofondò ambe le mani in un piccolo sacchetto appeso a un lato della sua cintura, e togliendone due manate di perle, smeraldi, turchesi ed altre pietre preziose le lasciò cadere sulla tavola. — Io non sono venuto qui per denaro, e nemmeno per le vostre ricompense! — disse con voce rotta. — Voglio offrire tutto ciò alla Santissima Vergine, ma soltanto dopa la mia confessione, col cuore puro. Eccole... Quest'è la ricompensa che io domando. Ne ho ancora, che Dio vi benedica!

Tutti rimasero silenziosi e stupefatti, perchè tale è la natura dell'uomo, che la vista della ricchezza lo abbaglia sempre. Così ogni sospetto cadde; quell'uomo che possedeva tante pietre preziose non intendeva certo spaventare i monaci a scopo di guadagno.

Pan Pyotr era confuso, chiedendosi involontariamente come tutti gli altri, qual ragione poteva mai avere colui se non pensava a ricompensa.

E mentre tutti i membri della comunità si guardavano l'un l'altro, Kmita stava ritto, con la testa fieramente eretta, col fuoco negli occhi e le fiamme in viso.

— Dalla vostra collera istessa emerge la veritàdisse alla fine Kordetski; — ma riponete i vostri gioielli, perchè la Santa Vergine non può ricevere ciò che si offre nell'ira per quanto l'ira sia giusta: d'altronde, qui non si tratta di voi, lo ripeto, ma delle informazioni che ci avete date. Dio sa se non vi è forse qualche malinteso in tutto ciò. Come possiamo noi allontanare i fedeli, scemare l'onore di Nostra Signora, e tenere chiuse le porte giorno e notte?

Tenete chiuse le porte, tenete chiuse le porte, per amor di Dio! — gridò Kmita torcendosi lo mani.

Eravi tanta sincera disperazione in quegli accenti, che ognuno tremò suo malgrado, come se un pericolo certo li minacciasse.

Cavaliere, — disse il priore, — Dio vi ricompenserà per la vostra buona intenzione. Se voi ci avete avvertiti con ragione, avrete un merito memorabile presso Nostra Signora ed il paese. Ora è tempo dei vespri. Imploriamo l'amore di Lei, confidiamo nella sua vigilanza, e ognuno riposi quietamente, poichè, dove potrebbe esservi pace e salute se non sotto il suo manto?

Detto ciò si lasciarono. Quando furon finiti i vespri, Padre Kordetski udì la confessione di Pan Andrea nella chiesa vuota; Pan Andrea rimase fino a mezzanotte prostrato a terra con le braccia distese davanti alla porta della cappella. A mezzanotte ritornò nella sua camera, svegliò Soroka, e gli comandò che lo flagellasse finchè le sue spalle e il dorso stillassero sangue.


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