Henryk Sienkiewicz
Il diluvio

PARTE SECONDA

CAPITOLO XVI.

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CAPITOLO XVI.

Pan Zamoyski non aveva pronunziato una semplice calunnia dicendo a sua sorella dell'amore di Michele per Anusia, perchè il giovane principe era realmente innamorato. Ma quell'amore non era una cosa tanto seria, poichè il principe non era uomo capace di provare una vera passione.

Ciò nonostante la principessa Griselda, che sognava un brillante avvenire per suo figlio, sentivasi ora quasi terrorizzata da un tal pensiero.

Un colloquio con Michele, il quale aveva impallidito, tremato e confessato tutto con le lagrime agli occhi, la confermò nella supposizione che il pericolo fosse terribile. Pur tuttavia ella non vinse ancora i suoi scrupoli, e soltanto allorchè Anusia (che forse desiderava vedere un po' di mondo e nuova gente, e fors'anche bramava attirar l'attenzione del giovane cavaliere) le cadde ai piedi chiedendole il permesso, la principessa non trovò forza bastante per rifiutare.

La principessa Griselda voleva però accertarsi che non vi fosse cospirazione fra suo fratello e Kmita, perciò invitò quest'ultimo a comparire alla sua presenza.

La conversazione con Kmita la rassicurò pienamente. Ella vide tanta sincerità negli occhi azzurri del giovane che non potè dubitare di lui. Egli le confessò tosto che ne amava un'altra, e le diede finalmente la sua parola da cavaliere, che avrebbe protetto la donzella da ogni disgrazia a costo di esporre la sua vita.

La principessa porse la mano a Kmita, che egli baciò col maggior rispetto, e nel congedarlo gli disse:

— State attento, cavaliere, state attento, e non fidatevi troppo che il paese sia libero dal nemico.

Queste ultime parole diedero da pensare a Kmita; ma egli non ebbe tempo di riflettere perchè Zamoyski tosto sopraggiunse.

Cavaliere, — diss'egli gaiamente, — voi vi portate via il più bell'ornamento di Zamost.

— Voi lo volete, — rispose Kmita.

Abbiatene tutta la cura. È un boccone appetitoso. Qualcuno potrebbe involarvelo.

— Che si provino! Io ho dato la mia parola d'onore alla principessa che la proteggerò a costo della mia vita.

— Oh! io lo dico per ischerzo. Non temete, usate straordinarie precauzioni.

— Solamente vi pregherei di darmi una carrozza chiusa.

— Ve ne darò due. Ma volete andarvene subito?

— Sì; ho molta fretta; mi sono fermato già troppo.

— In tal caso mandate prima i vostri innanzi verso Krasnystav. Io spedirò immediatamente un corriere colà per procurar loro dell'avena, e darò a voi una scorta dei miei soldati. Colà non può capitarvi alcuna disgrazia perchè è terra mia.

— Ma perchè devo io fermarmi qui?

— Per rimanere più a lungo con noi. Io sarei felice di trattenervi per un anno.

Kmita guardò fisso negli occhi il suo ospite; quindi, come prendendo un'improvvisa decisione, disse:

— Vi ringrazio; rimarrò e manderò innanzi i Tartari.

Egli andò tosto ad impartir loro i suoi ordini, e preso in disparte Akbah Ulan, gli disse:

Akbah Ulan, devi andare a Krasnystav per la strada diritta. Io mi fermo qui, e un giorno dopo muoverò dietro a voi colla scorta di Zamoyski. Ascolta ora quel che ti dico! Voi non andrete a Krasnystav, ma internatevi nella prima foresta, non lungi da Zamost, in modo che nessuno s'accorga della vostra presenza, e quando udrete uno sparo sulla strada, accorrete a me perchè qui mi si sta preparando un tranello.

— Sarete obbedito, — disse Akbah Ulan, ponendosi la mano sulla fronte, sulla bocca e sul petto.

— Io vi ho letto nel cuore, Pan Zamoyskidisse Kmita fra . — In Zamost avete paura di vostra sorella; perciò volete impadronirvi della fanciulla e nasconderla in qualche luogo, e fare di me l'istrumento dei vostri capricci. Ma troverete un uomo più astuto di voi, e cadrete nel laccio teso a me.

La mattina dopo i Tartari partirono. Fu stabilito che Kmita andrebbe verso sera per poter passare la prima notte a Krasnystav. Gli furono date due lettere... una della principessa, l'altra del fratello di lei.

Kmita aveva desiderio di aprire la seconda, ma non osò; la guardò, per altro, dinanzi alla luce, e vide che conteneva un foglio in bianco. Questa scoperta gli provò che tanto la fanciulla quanto le lettere dovevano essergli tolte sulla strada.

Intanto giunsero i cavalli e Zamoyski donò al cavaliere un bel destriero. Kmita lo ricevette con caldi ringraziamenti, pensando in cuor suo che su di esso avrebbe cavalcato più lontano che Zamoyski non credeva.

Alla fine venne l'ora del pranzo che passò piuttosto tristamente. Anusia aveva gli occhi rossi; gli ufficiali serbarono un ostinato silenzio. Pan Zamoyski solo si mostrava ilare, e dava continuamente ordine ai servi di riempire i bicchieri.

Giunse il momento della partenza. Anusia cadde ai piedi della principessa, e per lungo tempo non fu possibile distaccarnela; la principessa medesima mostravasi grandemente conturbata. Forse ella si rimproverava in segreto d'aver permesso la partenza. Ma l'alto pianto di Michele, che non si toglieva i pugni dagli occhi strillando come uno scolaretto, confermò l'orgogliosa signora nella sua convinzione, che era necessario soffocare senza riguardi quella fanciullesca passione. A tranquillizzarla giovò pure la speranza, che nella famiglia di Sapyeha la donzella troverebbe la necessaria protezione.

— Io la raccomando al vostro coraggio, alla vostra virtù, al vostro onore, — disse ancora una volta a Kmita.

— Ho dato la mia parola, — rispose il giovine cavaliere — solo la morte potrebbe impedirmi di mantenerla.

Egli quindi porse il braccio ad Anusia.

Ella partiva a malincuore, era tutta paurosa; ma oramai era troppo tardi per tornare indietro.

Poco dopo che ebbero lasciato Zamost cadde la notte, ma una notte calma e serena. La strada si stendeva dinanzi a loro come un largo nastro d'argento; il silenzio era rotto soltanto dal rumore delle ruote e dallo scalpitìo dei cavalli.

— I miei Tartari devono essere appiattati qui come tante volpi nella boscaglia, — pensava Kmita.

Poi tese l'orecchio.

— Che c'è? domandò all'ufficiale che conduceva la scorta.

— Un cavallo! Qualcuno galoppa dietro a noi! — rispose l'ufficiale.

Finiva appena di parlare, quando un Cosacco galoppò verso la comitiva.

Pan Babinich! Pan Babinich! Una lettera di Pan Zamoyski.

La scorta si fermò. Il Cosacco diede la lettera a Kmita. Kmita ruppe il suggello; e alla luce di una lanterna lesse:

«Carissimo Pan Babinich!

«Appena partita Panna Anusia ci giunse notizia che gli Svedesi non solo non hanno lasciato Lublino, ma in tendono attaccare la mia Zamost. In vista di che diviene inopportuna per lei la continuazione del viaggio. Considerando inoltre i pericoli a cui una fanciulla sarebbe esposta, noi vogliamo riavere a Zamost Panna Borzobogati. I cavalieri della scorta la ricondurranno qui, ma voi, che dovete aver premura di continuare il vostro viaggio, non dovete ulteriormente disturbarvi per noi.

» Nell'annunziarvi questa nostra volontà, vi preghiamo di dare ordini alla scorta a seconda dei nostri desideri

— È ancora abbastanza onesto da non attentare alla mia vita; egli vuole soltanto far di me uno stupido istrumento, — pensò Kmita. — Ma vedrò tosto se c'è trappola o se non c'è.

In quel momento Anusia sporse la testa dallo sportello. — Che cosa c'è? — domandò.

— Niente! Pan Zamoyski vi raccomanda di nuovo al mio coraggio. Niente altro.

E rivoltosi al cocchiere, gli disse:

— Avanti!

L'ufficiale che comandava la scorta trattenne il cavallo.

Alt! — gridò al cocchiere. — Perchè andar avanti?

Perchè star qui fermi nella foresta? — domandò Kmita.

Perchè voi dovete aver ricevuto un ordine.

— Sì; ho ricevuto un ordine. E per questo?... Ho ricevuto ordine d'andar innanzi, e perciò comando di andar innanzi.

Fermi! — ripetè l'ufficiale.

— Avanti! — ripetè Kmita.

— Ma che c'è? — domandò di nuovo Anusia.

— Noi non andremo un passo innanzi se non vediamo l'ordine! — disse l'ufficiale decisamente.

— Io non vi mostrerò l'ordine perchè non è stato mandato a voi.

Giacchè non volete ubbidire, lo eseguirò io l'ordinegridò l'ufficiale.

Nello stesso momento gli uomini della scorta sguainarono le sciabole.

— Oh! mascalzoni! non è a Zamost che voi volete condurre la ragazza, ma in qualch'altro luogo, — urlò Kmìta — ma avete trovato un uomo più furbo di Pan Zamoyski. — E così dicendo sparò in aria la sua pistola.

Subito si udì un tal frastuono nella foresta, come se si fosse destato un branco di lupi, e dei cavalieri sbucarono da tutte le parti.

Gesù! Maria! Giuseppe! — gridava la fanciulla terrorizzata nella carrozza.

Ma Kmita trattenne l'orda con un grido; e rivoltosi all'attonito ufficiale, disse:

Vedete, Pan Zamoyski voleva far di me un cieco istrumento. Egli vi ha incaricato delle funzioni d'un vile mezzano, e voi le avete accettate a prezzo del suo favore. Ora porterete i miei saluti a Pan Zamoyski e gli direte che io condurrò salva la fanciulla a Pan Sapyeha.

L'ufficiale si guardò attorno con occhio spaventato. Si avvide che i Tartari non aspettavano che un cenno per piombare sui dodici cavalieri e farli a pezzi.

— Noi cediamo ad una forza superiore, — disse l'ufficiale, — ma Pan Zamoyski saprà vendicarsi.

Kmita diede in una risata. — Si vendicherà su di voi; perchè se non vi foste opposto alla continuazione del viaggio, io non avrei sospettato il tranello, e vi avrei ceduto subito la fanciulla. Dite allo Starosta che si serva di mezzani più astuti di voi.

Il tono calmo con cui Kmita disse queste parole rassicurò alquanto l'ufficiale, almeno per quanto riguardava la pelle sua e dei suoi uomini, ma non doveva passarla così liscia come sperava.

Pan Andrea fece un cenno ai Tartari e questi si precipitarono sui soldati della scorta urlando come tanti ossessi.

In un batter d'occhio tutti giacevano sulla strada legati l'uno di fianco all'altro.

Kmita comandò che si sferzassero, ma non oltre misura, acciocchè rimanesse loro forza bastante per far ritorno a Zamost.

Anusia, che non sapendo quel ch'era successo credeva di essere capitata in mano a un'orda di assassini, gridava e supplicava a mani giunte:

Lasciatemi la vita, cavaliere! Che cosa vi ho fatto io?

— State tranquilla — le intimò Kmita bruscamente. — Forse avete la vostra parte nel complotto?

— In qual complotto? O Dio! misericordia di me!

— Dunque voi non sapevate che Pan Zamoyski permetteva solo in apparenza il vostro viaggio per separarvi dalla principessa e poi rapirvi?

— O Gesù di Nazaret! — gridò Anusia.

Ed eravi un tal accento di verità e sincerità in quel grido che Kmita si convinse di averla sospettata ingiustamente.

Calmatevi — le disse con maggior dolcezza di prima. — Io vi condurrò salva da Pan Sapyeha, le mene di Pan Zamoyski sono sventate.

— Dunque voi mi avete preservata dal disonore? — balbettò Anusia con voce tremante.

— Sì, sebbene io non sapessi se voi ne sareste contenta.

Anusia invece di rispondere, afferrò la mano di Pan Andrea, e la portò alle sue labbra.

Datevi pace, per amor di Dio! — diss'egli — e non temete di nulla!

Ora verrei con voi in capo al mondo.

— Non dite tali cose.

Dio vi compenserà d'avermi salvato l'onore.

— È la prima volta che mi capita una simile occasione, — replicò Kmita.

Intanto i Tartari avevano cessato di battere gli uomini, e Pan Andrea comandò che si conducessero verso Zamost. Essi andarono piangendo amaramente. I loro cavalli, le loro armi, i loro abiti, furono da Kmita regalati ai Tartari; quindi egli continuò la strada non essendo conveniente indugiare più a lungo.

Quando giunsero a Krasnystav, considerò che era meglio non aspettare notizie da Zamost, e determinò di proseguire il suo viaggio. Ma prima di partire scrisse e spedì a Zamoyski la seguente lettera:

«Potentissimo Pan Starosta12. A colui che Iddio ha fatto grande sulla terra ha anche dato un'intelligenza superiore. Io ho capito subito, potente signore, che voi volevate semplicemente mettermi alla prova quando mi mandaste l'ordine di restituire Panna Borzobogati. E lo constatai ancor meglio quando i vostri cavalieri svelarono essi stessi il vostro segreto, quantunque io non avessi mostrato loro la lettera. Come da parte mia io ammiro più che mai la vostra penetrazione, così dall'altra vi ripeto per tranquillarvi completamente, che avrò cura della fanciulla che mi è stata affidata come della pupilla dei miei occhi. Siccome poi i vostri soldati, certamente fraintendendo le vostre intenzioni, trascesero contro di me sino al punto di minacciarmi nella vita, credo che avrei interpretato le vostre idee facendoli impiccare. Vi domando scusa se non l'ho fatto; ma ho dato ordine di sferzarli ammodo, la qual punizione voi potrete rinnovare a vostro piacere, se Vostra Grazia la considera troppo leggera. E con questo, sperando d'aver guadagnato meglio la confidenza e gratitudine di Vostra Grazia, mi sottoscrivo il vostro fedele e premuroso servo

Babinich

I dragoni, arrivati a notte tarda a Zamost, non osarono presentarsi agli occhi del loro padrone; egli poi conobbe tutta la storia dalla lettera che un Cosacco gli recò alla mattina seguente da Krasnystav.

Dopo aver letta quella lettera, Zamoyski si rinchiuse nelle sue stanze per tre giorni consecutivi, ricevette alcuno fuorchè i camerieri che gli portavano da mangiare. Essi poi lo udirono imprecare in francese, il che non faceva se non quando andava su tutte le furie.

Ma la tempesta si andò grado a grado quetando. Dopo una settimana si mostrò ilare, e disse alla principessa Griselda:

Signora mia sorella, voi sapete che io non manco di una certa penetrazione: un paio di giorni fa garantivo per quel nobile che condusse via Anusia; ora sono sicurissimo ch'egli la consegnerà fedelmente a Pan Sapyeha.

Un mese dopo Pan Zamoyski volse gli sguardi da un'altra parte, e si convinse fermamente che quant'era avvenuto era avvenuto per sua volontà.





12                Zamoyski era Starosta di Kaliy.



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