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La provincia di Lynbelsk e la maggior parte della provincia di Podlyasye erano quasi completamente nelle mani dei Polacchi, cioè dei confederati e degli uomini di Sapyeha. Siccome il Re di Svezia rimaneva in Prussia, dove stava trattando coll'Elettore, gli Svedesi non osavano più uscire dalle città e dai castelli, e tanto meno passare sulla riva opposta della Vistola, dove le forze polacche erano in maggior numero. In quelle due province i Polacchi lavoravano a formare un esercito ben organizzato, capace di affrontare i soldati regolari svedesi. Nelle città di provincia si addestrava la fanteria; e siccome si erano sollevati i contadini, non vi era più penuria di volontari: non mancava che organizzare in corpi e comandi regolari quelle caotiche masse d'uomini, frequentemente pericolose pel loro stesso paese. In tutte le province si facevano coscrizioni, e poichè non mancava in quelle regioni gente avvezza alle armi, non fu difficile formare ottimi squadroni di cavalleria. Molti furono mandati oltre la Vistola, altri a Charnyetski ed altri a Sapyeha. Per tal modo, tanta fu la gente che prese le armi, che le forze di Giovanni Casimiro eran già superiori a quelle svedesi.
Kmita proseguì il suo viaggio senza ostacoli, raccogliendo per via gente irrequieta che si unì al suo chambul, nella speranza di trovare un bottino più pingue in compagnia dei Tartari. Ma Kmita sapeva tenerli a freno, e tutti stupivano della moderazione di quei semibarbari.
Pan Sapyeha era acquartierato provvisoriamente a Byala. Le sue forze ammontavano a circa dieci mila uomini regolari, tra cavalleria e fanteria.
Oltre a queste forze vi erano nei dintorni di Byala dodicimila uomini della milizia generale di tutta la Lituania, Mazovia e Podlyasye, ma il Voivoda non se ne riprometteva grande utilità, massime perchè, avendo essi un grandissimo numero di furgoni, impicciavano i movimenti delle truppe.
Kmita pensò entrando in Byala che sotto Sapyeha militavano tanti nobili di Lituania o tanti ufficiali della famiglia dei Radzivill, sue antiche conoscenze, che temeva di essere riconosciuto e ammazzato prima che potesse gridare: Gesù Maria!
Il suo nome era detestato nel campo di Sapyeha e in tutta la Lituania, perchè tutti rammentavano che, mentre serviva Radzivill, aveva fatto a pezzi quei dragoni che si erano dichiarati per la patria.
Pan Andrea era molto cambiato e questo pensiero lo confortava.
Era sull'imbrunire quando entrò in città. Disse chi era, donde veniva; disse che portava lettere del Re, e domandò un'udienza speciale al Voivoda. Questi lo ricevette cortesemente a cagione delle calde raccomandazioni del Re, che scriveva:
« — Vi mandiamo il nostro fedelissimo servo, che è chiamato l'Ettore di Chenstohova dal tempo dell'assedio di quel glorioso luogo; egli ha salvato la nostra vita con rischio della sua durante il nostro passaggio attraverso i monti. Abbiatelo in ispecial cura, sicchè non gli venga fatta ingiustizia dai soldati. Noi conosciamo il suo vero nome e la ragione per cui serve sotto un nome non suo: che nessuno lo abbia in diffidenza per tale cangiamento, nè lo sospetti d'intrigo.»
— Ma non si potrebbe sapere perchè voi portate un nome che non è il vostro?
— Perchè fui colpito da una sentenza e non posso far leve sotto il mio nome.
— Perchè volete far leva se avete i Tartari?
— Perchè più uomini si hanno e meglio è.
— E perchè foste condannato?
— A chiunque io abbia da servire devo tutto confessare come ad un padre. Il mio nome è Kmita.
Il Voivoda arretrò di due passi.
— Colui che promise a Bogoslavio di rapire il Re, vivo o morto?
Kmita espose con tutta la sua energia tutto quanto era accaduto.
Il Voivoda gli credette, perchè non poteva non credergli dal momento che la lettera di Casimiro confermava la veridicità delle parole di Kmita. Egli aveva ricevuto poco prima un altro scritto, col quale il Re gli conferiva il grado di Capitano generale della Lituania, ed era perciò così lieto che avrebbe abbracciato in quel momento il suo peggior nemico.
Pan Sapyeha aveva impegnato ogni suo avere, e servito la sua patria per amore, non per interesse nè per ambizione; ma anche l'uomo più disinteressato del mondo è lieto di vedere che i suoi servigi sono apprezzati.
Quell'atto del Re procurava nuovo splendore alla casa dei Sapyeha e il Voivoda di Vityebsk era disposto a fare per il Re quanto era in suo potere ed anche di più.
— Dappoichè io sono Capitano generale della Lituania, — diss'egli a Kmita, — voi entrate nella mia giurisdizione e siete sotto la mia salvaguardia. Ma evitate di farvi vedere troppo finchè io non abbia avvertito i soldati e distrutto gli effetti della calunnia di Bogoslavio.
Kmita lo ringraziò dal fondo dell'anima; poi parlò di Anusia, ch'egli aveva condotto a Byala.
Sapyeha fece in principio qualche opposizione; ma era tanto di buon umore, che finì per aderire a prenderla sotto la sua custodia.
Così finì il colloquio fra Pan Sapyeha e Kmita. Questi si recò a dormire nel suo alloggio perchè era estremamente stanco.
Intanto erasi sparsa la notizia fra la truppa che il Re aveva mandato a Sapyeha il bastone di Capitano generale. Fu uno scoppio universale di gioia. Gli ufficiali dei vari squadroni si recarono da Pan Sapyeha per congratularsi con lui. Si accesero fuochi, squillarono le trombe e rullarono i tamburi, tutte le batterie spararono salve. Pan Sapyeha ordinò una sontuosa festa, e tutta la notte passò tra applausi e brindisi alla salute del Re, del nuovo Capitano Generale e della prossima vittoria su Bogoslavio.
Pan Andrea, com'era stato convenuto, non intervenne alla festa.
A tavola Pan Sapyeha cominciò a parlare di Bogoslavio, e senza dire chi era quell'ufficiale che era venuto coi Tartari, parlò in generale della perversità del principe.
— Vi ricorderete, signori, di Kmita? — diss'egli. — Immaginatevi che quello che disse Bogoslavio di lui è un'infame calunnia.
— Sia pure. Ma Kmita aiutò Giovanni Radzivill ed uccise tanti buoni e bravi cavalieri, — replicarono alcuni ufficiali.
— È vero ch'egli aiutò Giovanni, ma in buona fede. Quando aprì gli occhi, non solo lasciò il servizio, ma essendo uomo coraggioso, rapì Bogoslavio per consegnarlo al Re, e fu fortuna pel principe se riuscì a scappare sano e salvo dalle sue mani.
— Kmita era un gran soldato! — sorsero a dire molte voci.
— Il principe, per vendetta, inventò contro di lui quella calunnia che fece raccapricciare tutti quanti.
— E mi consta inoltre — continuò il Capitano generale — che Kmita, vedendo che non gli rimaneva più nulla da fare nella sua regione, corse a Chenstohova, dove rese famosi servigi; e poi, come se ciò non bastasse, difese il Re arrischiando per lui la vita.
Ciò udendo, gli stessi soldati che avrebbero tagliato Kmita a pezzi, cominciarono a parlare di lui sempre più favorevolmente.
— Kmita saprà vendicarsi di Bogoslavio — dissero gli uni.
— Saremo noi i primi a vendicarlo! — soggiunsero altri.
E poco mancò che bevessero alla salute di Kmita. Ma per verità vi erano ancora troppi cavalieri contrari, i quali levarono violentemente la voce contro Pan Andrea.
Pan Sapyeha si fece a guardare severamente l'assemblea, e disse con serietà:
— Vi prevengo, signori, che se Kmita dovesse venir qui in persona, io dovrei difenderlo contro voi tutti essendo egli oggi un servo fedele del Re. Pan Babinich l'inviato del nostro Sovrano, gli assomiglia molto, quindi vi prego di non sollevare tumulti quando egli si presenterà a voi. Ricordatevi ch'egli è venuto da parte del Re e del Khan, e specialmente ricordatevene voi, signori capitani della milizia generale, per i quali è più difficile il mantenere la disciplina.
Quando Sapyeha ebbe così parlato, tutti chinarono il capo e tacquero.
La mattina successiva Sapyeha mandò Anusia a Grodno con Pan Kotchyts. A Grodno, donde Hovanski erasi da molto tempo ritirato, viveva la famiglia del Voivoda.
La povera Anusia, a cui il bel Babinich faceva alquanto girare la testa, tolse commiato da lui molto teneramente; ma egli stava in guardia, e soltanto al momento della partenza le disse:
— Se non avessi un altro amore nel cuore, io certamente mi sarei innamorato di voi alla follìa.
Anusia non rispose, sospirò profondamente e partì.