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Una settimana dopo la partenza d'Anusia con Pan Kotchyts, il campo di Sapyeha era ancora a Byala. Kmita con i suoi Tartari fu mandato nei dintorni di Rokitno, perchè i cavalli avevano bisogno di nutrimento e di sosta dopo il lungo viaggio. Il principe Michele Casimiro Radzivill, il proprietario del luogo, venne egli pure a Byala. Egli apparteneva ad un altro ramo della famiglia ed era ricchissimo. Questo Radzivill non rassomigliava per nulla ai suoi congiunti di Birji. Sebbene non meno ambizioso, differiva da essi per la fede, per l'amor di patria e per essere un caldo aderente del legittimo Re e della confederazione di Tyshovtsi. Le sue immense possessioni erano state deplorevolmente devastate nell'ultima guerra, ma con tutto ciò egli trovavasi alla testa di numerosissime forze, e recava a Pan Sapyeha un potente aiuto.
Ma non tanto era da considerarsi il numero de' suoi soldati, quanto il fatto che un Radzivill stava contro un Radzivill.
Per questo motivo Sapyeha vide con gran piacere il principe Michele nel suo campo. Egli era certo oramai di sopraffare Bogoslavio, perchè Michele lo sorpassava di molto in potenza.
Il nuovo Capitano generale chiamava sovente a consiglio i suoi ufficiali, ed a questi consigli prendeva parte anche Kmita. Egli odiava tanto i Radzivill, che alla prima apparizione del principe Michele fremette di rabbia; ma Michele sapeva come accattivarsi le persone colla sola sua presenza, in cui alla bellezza si univa la gentilezza. Tutti l'amavano, e lo stesso Kmita, a dispetto della sua animosità, finì per condividere l'affetto che gli portavano gli altri. E specialmente conquistò il suo cuore, consigliando a Sapyeha di muovere contro Bogoslavio.
Ma Sapyeha amava agire con sicurezza e temeva ogni passo inconsiderato; perciò volle aspettare informazioni più sicure, poichè la notizia della spedizione di Bogoslavio contro Podlyasye poteva essere un inganno, allo scopo di attrarre l'attenzione del nuovo Capitano generale da quella parte, mentre intanto Carlo Gustavo coll'Elettore piomberebbero addosso a Charnyetski, lo opprimerebbero con forze superiori, e poi marcierebbero contro Giovanni Casimiro.
Sapyeha era, non solo un grande Capitano, ma anche un uomo di Stato, e lo stesso Kmita fu costretto ad approvare in cuor suo le ragioni ch'egli espose. Se l'invasione di Bogoslavio risultava essere una semplice finta, bastava mandargli contro alcuni squadroni e muovere sollecitamente col grosso dell'esercito in aiuto di Charnyetski.
Il chiaroveggente Capitano generale mandò perciò corrieri in ogni direzione e stette in attesa di notizie.
Alla fine queste vennero; ma come colpi di fulmine, e per una speciale concatenazione di circostanze, tutte in una sera.
Stava appunto adunato il consiglio a Byala, quando un ufficiale d'ordinanza entrò e porse una lettera a Pan Sapyeha. Appena posati gli occhi sullo scritto egli cambiò colore, e disse:
— Mio cugino è stato sbaragliato a Yavorov dallo stesso Bogoslavio: egli è riescito a stento a salvarsi. Questa lettera è scritta a Bransh, sotto l'impulso dello spavento e della confusione, e non dice una parola intorno alle forze di Bogoslavio. Secondo me, se ha potuto battere mio cugino, devono essere considerevoli.
— Io sono certo — osservò il principe Michele; — che Bogoslavio intende impadronirsi di Podlyasye per farne uno Stato a parte o un principato feudale. Quindi dev'essere venuto colle maggiori forze che potè raccogliere. Egli anela a conquistare una provincia, a vendicare Giovanni, a coprire sè stesso di gloria; e a tale scopo dev'essersi circondato d'un potere corrispondente, e lo ha per certo, altrimenti non marcerebbe contro di noi.
— Per ogni cosa è necessaria la benedizione di Dio, — disse Oskyerko; — e la benedizione è con noi.
— Potente e valoroso Capitano generale, — disse Kmita, — a noi occorrono esatte informazioni. Lasciatemi libero con i miei Tartari ed io ve ne procurerò.
Pan Oskyerko approvò quest'idea, ma venne interrotto dall'ufficiale d'ordinanza, che entrò di nuovo annunciando che erano giunti due messaggeri.
— Ecco notizie! — esclamò Sapyeha. — Fateli entrare.
Dopo un istante comparvero due cavalleggeri tutti laceri ed infangati.
— Venite da parte di Horotkyevich? — domandò il Capitano generale.
— Sì.
— Dov'è egli adesso?
— Non sappiamo se sia vivo o morto.
Pan Sapyeha si alzò in piedi, ma tornò a sedersi e domandò con calma apparente:
— Dov'è lo squadrone?
— Spazzato via dal principe Bogoslavio.
— Si sono perduti molti uomini?
— Siamo stati distrutti o fatti prigionieri. Alcuni dicono che il colonnello sia fuggito ma io lo vidi ferito. Noi siamo riusciti a fuggire.
— A Tykotsin.
— Perchè non vi siete rinchiusi nelle mura se non eravate in forza?
Il Capitano generale si coprì gli occhi per un momento, poi si passò la mano sulla fronte.
— Ha grandi forze Bogoslavio?
— Quattro mila uomini di cavalleria, fanteria e cannoni.
— A Drohichyn vi e l'avanguardia. Egli è rimasto indietro, perchè è stato catturato un convoglio condotto da Pan Kotchyts.
— Egli conduceva Panna Borzobogati a Grodno! — esclamò Kmita.
Tutti rimasero muti Il successo improvviso di Bogoslavio confondeva gli ufficiali, i quali pensavano che Sapyeha aveva avuto torto di indugiare ma non osarono dirlo.
Sapyeha, invece, sentiva d'avere agito saviamente. Riavutosi quindi dalla prima sorpresa, licenziò gli uomini con un cenno della mano e disse:
— Questi sono incidenti ordinari della guerra che non devono sorprendere nessuno. Al mio ordine siete tutti pronti a marciare? — chiese ai colonnelli.
— Tutti pronti, — replicò Oskyerko.
— Partiremo all'alba senza fallo. Pan Babinich ci precederà con i suoi Tartari e farà una ricognizione.
Appena udite queste parole Kmita era fuori della porta, e pochi momenti dopo galoppava alla volta di Rokitno.
Nemmeno Sapyeha indugiò di molto. Spuntava appena il nuovo giorno quando le trombe diedero il segnale della partenza.
Quando le truppe giunsero essere Rokitno, i Tartari erano già partiti, quindi dovevano essere inoltrati molto. Sapyeha fu sorpreso che lungo la strada non si potesse saper nulla di loro.
Gliufficiali più sperimentati si meravigliavano altamente di questa marcia misteriosa e dell'abilità di Pan Babinich.
Passarono tre giorni senza che si avessero notizie. Il grosso dell'esercito aveva raggiunto Drohichyn e traversato il Bug senza incontrare il nemico.
Il Capitano generale prinicpiò a sentirsi inquieto. Perchè Babinich non gli mandava qualche informatore con notizie precise?
Le notizie dei cavalleggeri circa il numero delle truppe di Bogoslavio erano forse erronee; perciò la necessità di informazioni precise urgeva più che mai.
Intanto passarono altri cinque giorni e Pan Babinich non dava segno di vita.
Bogoslavio, invece di avanzare, continuava a ritirarsi. Lungo la strada trovavano continue traccie del suo passaggio... villaggi bruciati, e, qua e là, dei cadaveri appesi agli alberi. I nobili di quelle località venivano ad ogni momento da Sapyeha con informazioni: ma la verità si perdeva in perpetue contraddizioni. Uno aveva visto un solo squadrone, e giurava che il principe non aveva più truppe; un altro diceva due squadroni, un terzo tre, un quarto dieci. Avevano visto anche i Tartari; ma le storie che narravano intorno a questi, parevano affatto inverosimili; poichè si diceva che marciavano non dietro, ma alla testa delle truppe del principe. Sapyeha fremeva di rabbia quando qualcuno menzionava Babinich in sua presenza.
— Ho scelto un brutto momento per mandar via Volodyovski, perchè se egli fosse stato qui, avrei avuto da lungo tempo tanti informatori quanto me ne occorrevano, — disse a Pan Oskyerko. — Chi sa, se Babinich non abbia veramente raggiunto Bogoslavio e chi sa se forse non marcia davvero alla sua avanguardia.
Nemmeno Oskyerko sapeva che pensare. Intanto passò un'altra settimana. L'esercito di Pan Sapyeha era giunto a Byalystok.
Alle due dopo mezzogiorno l'avanguardia avvertì l'avvicinarsi di un distaccamento.
— Forse è Babinich! — esclamò il Capitano generale. — Ora gli dirò quel che si merita.
Non era Babinich in persona, ma nel campo l'arrivo di quel distaccamento produsse una tale agitazione che Sapyeha uscì a vedere di che cosa si trattava.
Frattanto gli ufficiali di vari squadroni accorsero gridando:
— Babinich manda dei prigionieri! Una quantità di prigionieri!
Infine il Capitano generale vide alcune decine d'uomini su miserabili cavalli. I Tartari di Babinich traevano seco circa un trecento uomini colle mani legate e li sferzavano con cinghie di pelle. Erano piuttosto ombre che uomini, cogli abiti laceri, mezzo nudi, insanguinati e indifferenti ad ogni cosa, persino alle sferzate che ricevevano ed alle grida selvagge dei Tartari.
— Che uomini sono? — domandò Pan Sapyeha.
— Truppe di Bogoslavio! — rispose uno dei volontari di Kmita, che aveva condotto i prigionieri insieme coi Tartari
— Ma dove ne avete presi tanti?
— Più della metà sono caduti per la strada.
Un vecchio Tartaro, sergente dell'orda, si avvicinò, e, fatto un inchino, consegnò a Sapyeha una lettera di Kmita. Il Capitano generale ruppe tosto il suggello e lesse ad alta voce
«Se non ho mandato notizie nè informatori fino a questo momento si è perchè marciai avanti e non dietro le truppe di Bogoslavio, e volevo mandarvi notizie più esatte che fosse possibile.
«Era una faccenda pericolosa, ma dopo che io ebbi distrutto due drappelli senza risparmiare nessuno, attaccai l'avanguardia producendo un grande sgomento nel principe, il quale credette di essere circondato e di essere caduto in una trappola, come infatti lo era.
«Non potendo comprendere che cosa fosse accaduto, cominciò a perdere la testa e a mandare drappelli di qua e di là, che noi abbiamo pressochè distrutti. Marciando avanti, prendemmo provvigioni, tagliammo dighe, distruggemmo ponti, di modo che gli uomini di Bogoslavio avanzavano con grande difficoltà. Essi non potevano muoversi dal campo, perchè i Tartari li prendevano, e quando nel campo dormivano, i Tartari urlavano, talchè, temendo di essere assaliti, erano costretti di tenersi in armi tutta la notte. Il principe è disperato, non sapendo che fare, dove andare, come muoversi... perciò è necessario marciare su lui rapidamente prima che gli passi lo spavento. Egli aveva sei mila uomini ma ne ha perduti quasi mille. I suoi cavalli muoiono. A Byalystok ho catturato i carriaggi del principe e due cannoni, ma sono stato costretto di buttare la maggior parte della roba nel fiume. Il traditore si è seriamente ammalato per la rabbia e può a stento sedere a cavallo; la febbre non lo lascia nè dì nè notte. Panna Borzobogati è prigioniera del principe; ma essendo egli ammalato non può occuparsi di lei. Queste informazioni le ho raccolte dai prigionieri, che i miei Tartari hanno fatto parlare a loro modo.
«Credo di aver agito bene, ma, se ho errato, vi chiedo umilmente perdono. I Tartari sono buoni diavoli, e se si promette loro di poter saccheggiare servono a meraviglia.»
— Se tutto ciò che scrive Babinich è vero, bisogna avanzare il più rapidamente possibile, — disse Sapyeha quando ebbe finito di leggere.
— Andiamo, andiamo avanti, — gridarono tutti gli ufficiali con entusiasmo. — Babinich taglierà le dighe e noi sorprenderemo Bogoslavio.
Frattanto i prigionieri, vedendo il Capitano generale, si fecero a gemere ed a piangere implorando misericordia in diverse lingue; perchè fra essi eranvi Svedesi, Tedeschi e guardie scozzesi del principe. Sapyeha li tolse dalle mani dei Tartari, comandò che si desse loro da mangiare, ed ottenne da loro tutte le informazioni che voleva senza torturarli. Le loro dichiarazioni confermavano la verità delle parole di Kmita. Dopo il riposo le truppe avanzarono con la massima rapidità.