Henryk Sienkiewicz
Il diluvio

PARTE SECONDA

CAPITOLO XIX.

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CAPITOLO XIX.

Il successivo rapporto di Kmita venne da Sokolka, e fu breve:

«Il principe, allo scopo d'ingannare le nostre truppe, ha finto una marcia verso Shchuchin, dove ha spedito un distaccamento. Egli invece è andato colle sue maggiori forze a Yanov, e vi ha ricevuto un rinforzo di fanteria comandato dal capitano Kyritz. Dal luogo dove siamo noi si vedono i fuochi del campo. Egli intende rimanere colà una settimana. I prigionieri dicono ch'egli è pronto per la battaglia. La febbre lo tormenta senza posa

In seguito a quest'informazione, Sapyeha, lasciando indietro parte dei suoi cannoni e dei suoi carriaggi, mosse colla cavalleria verso Sokolka.

I due eserciti nemici si trovarono alfine di fronte. Prevedevasi imminente una battaglia.

Appena il Capitano generale vide Kmita, gli disse:

— Ero in collera con voi perchè tardavate a mandarmi notizie; ma se Iddio ci la vittoria, sarà vostro merito e non mio.

Kmita s'inchinò in silenzio e non parve che le parole di Sapyeha gli producessero una grande impressione. Ormai il suo unico desiderio era di vendicarsi di Bogoslavio, ed in parte si era già terribilmente vendicato. I servigi che aveva resi in quella campagna erano immensi. Col precedere il principe gli aveva insinuato la convinzione di essere circondato e lo aveva costretto a retrocedere.

A Byalystok, Kmita si era impossessato dei carri e dei bagagli di Bogoslavio.

I migliori soldati di fanteria tedesca e di cavalleria svedese dell'esercito del principe, erano ridotti in veri scheletri ambulanti, a cagione del continuo errare di qua e di , notte e giorno, per le incessanti sorprese dei Tartari e dei volontari di Kmita. Un soldato che aveva appena chiuso gli occhi al sonno, era obbligato a riprendere subito le armi. Inoltre, Bogoslavio era realmente ammalato, e sebbene egli sapesse discacciare dal cuor suo ogni triste preoccupazione, e gli astrologi, a cui ciecamente credeva, gli avessero predetto che nella presente spedizione non sarebbe sopravvenuta disgrazia alla sua persona, pure la sua ambizione ebbe a soffrirne aspramente.

Eravi inoltre in quella persecuzione una tale straordinaria insistenza, che Bogoslavio, colla sua naturale perspicacia, finì per indovinare che quella era l'opera di un suo inesorabile nemico personale. Udì ben nominare Babinich, ma quel nome affatto sconosciuto e non gli era mai riescito di conoscerlo in persona, impadronendosi di lui.

I due eserciti s'incontrarono nei dintorni di Sokolka. Kyrits, venuto in aiuto del principe e non sapendo dove si trovasse Bogoslavio, erasi accampato presso la vicina Yanov, dove i destini della spedizione di Radzivill dovevano decidersi.

Kmita chiuse ermeticamente tutte le vie che da Yanov conducevano a Sokolka, Korychyn, Kutznitza a Suhovola. Non poteva passare una lettera e molto meno un carro con provvigioni, talchè il principe era impaziente che incominciasse la battaglia prima che in Yanov si rimanesse senza viveri.

Se non che, essendo uomo astuto ed esperto in ogni maniera d'intrighi, determinò di tentar prima i negoziati. Egli non s'immaginava che Sapyeha la sapeva molto più lunga di lui. E pertanto da Sokolka venne a Sapyeha, in nome di Bogoslavio, Pan Sakovic Starosta d'Oshmiana, amico personale del principe, con autorizzazione di conchiuder la pace. Recava una lettera, che consegnò al Capitano generale.

Questo Pan Sakovich era un uomo ricchissimo, che più tardi conseguì la dignità di Voivoda di Smolensko e di tesoriere del Principato. Adesso era uno dei più noti cavalieri di Lituania, celebre per coraggio non meno che per bellezza di forme. Colla gente era burbero, altezzoso, offensivo; con Bogoslavio diventava umile e mansueto come un agnello.

Pan Sakovich era piuttosto un camerata che un dipendente di Bogoslavio; e questi, che in verità non aveva mai amato nessuno in vita sua, nutriva un'irresistibile tenerezza per Sakovich. Dopo ogni battaglia, la prima domanda di Bogoslavio era questa: «Dov'è Sakovich? Non gli è capitata nessuna disgrazia?» Si affidava generalmente al suo consiglio, e quando si trattava di negoziati pei quali si richiedeva coraggio ed impudenza, ne dava l'incarico a lui.

Questa volta la missione era scabrosa; prima di tutto perchè si sarebbe potuto sospettare ch'egli fosse venuto soltanto per ispiare, ed in secondo luogo perchè l'inviato aveva molto da chiedere e nulla da offrire.

Sapyeha sorrise di compassione quando Sakovich gli si presentò come un vincitore che detta legge ai vinti.

— Il mio signore, principe in Birji e Dubinki, comandante in capo delle truppe di Sua Altezza l'Elettoredisse Sakovich — mi ha mandato a chiedere nuove della salute di Vostra Grazia.

Ringraziate il principe e ditegli che sto benissimo, — rispose Sapyeha. Indi prese la lettera che gli porgeva l'inviato, l'aprì, la lesse, e disse:

— Voi avete tempo da perdere. Io non so che cosa vuole il principe. Vi arrendete o volete tentare la fortuna delle armi?

Sakovich finse stupore.

Arrenderci noi? Mi sembra che il principe proponga invece a voi di arrendervi. Almeno le mie istruzioni...

Parleremo più tardi delle vostre istruzioni, mio caro Pan Sakovich. Ditemi, avete mai udito che un cervo abbia proposto al cacciatore di arrendersi?

— Noi abbiam ricevuto rinforzi, e l'Elettore con tutto le sue forze è con noi.

— Non tarderò molto a rintracciarlo perchè ho voglia di chiedergli con qual diritto mandi le truppe nella Repubblica, di cui è vassallo, ed alla quale ha giurato fedeltà.

— Col diritto del più forte.

— Questo diritto esisterà forse in Prussia ma non fra noi. Ma se voi siete i più forti, assaliteci.

— Il principe vi avrebbe già assaliti se non volesse evitare lo spargimento di sangue fraterno.

— Mi fa meraviglia che questo sia l'unico impedimento.

— Il principe si meraviglia dell'animosità dei Sapyeha contro la casa di Radzivill, e che voi, per privata vendetta, non esitiate a trascinare il paese in una guerra fratricida.

Il Capitano generale corrugò la fronte.

— La coscienza sola dice la veritàdiss'egli. — Chi attacca la sua patria con truppe straniere osa insultare colui che la difende.

— Fu l'odio dei Sapyeha contro i Radzivill che cagionò la morte del principe Voivoda di Vilna.

— Io odio i traditori, non i Radzivill; prova ne sia che nel mio campo v'è il principe Michele Radzivill. Alle corte, ditemi, che cosa volete?

— Prima di tutto dirò a Vostra Grazia che non è cosa degna di mandare assassini prezzolati contro un nemico.

— Io ho mandato degli assassini? — esclamò Pan Sapyeha. — Siete matto?

— L'altro giorno fu catturato presso Yanov un uomo che attentò già un'altra volta alla vita del principe. La tortura lo indusse a palesare chi lo aveva mandato.

— L'accusa è così assurda, — rispose dignitosamente Sapyeha, — che vi prego di non divagare. Ditemi perchè siete venuto, e quali condizioni offre il vostro principe.

— Il principe ha battuto Horotkyevich, ha sconfitto Pan Cristoforo Sapyeha ed ha preso Tykotsin: quindi può giustamente chiamarsi vittorioso e domandare considerevoli vantaggi. Ma, dispiacendogli versare il sangue cristiano, desidera di ritornare tranquillo in Prussia, e non chiede altro che di poter lasciare le sue guarnigioni nei castelli. Abbiam fatto non pochi prigionieri, fra cui vi sono distinti ufficiali, senza contare Panna Anusia Borzobogati, che è già stata mandata a Taurogi. Questi possono essere scambiati a pari termini.

— Non vantate le vostre vittorie; perchè la mia avanguardia, condotta da Pan Babinich qui presente, vi ha inseguiti per centocinquanta miglia; voi vi siete ritirati dinanzi a lui, avete perduto un numero di prigionieri uguale al doppio di quello che faceste prima, e cannoni, e carri, e provvigioni. In quanto a quella fanciulla, ella non è sotto la mia tutela ma sotto quella di Pan Zamoyski e della principessa Griselda Vishnyevetski. Se il principe le farà qualche torto ne renderà conto a loro. Ma parlate saviamente; altrimenti darò ordine a Pan Babinich di marciare sul momento. Del resto, — soggiunse, — voi non avete nulla da fare qui e potete andare.

— Vostra Grazia vorrà darmi almeno una lettera.

— Sia pure. Aspetterete la lettera negli alloggi di Pan Oskyerko.

Udendo ciò, Pan Oskyerko, che era pure presente, si alzò in piedi, ed offrì a Sakovich di condurlo nel suo alloggio. Il Capitano generale li congedò con un cenno della mano, poi, rivoltosi a Kmita, chiese guardandolo fissamente e severamente:

— L'odio ha talmente depravato la vostra coscienza da mandare un assassino al principe?

— Per la Santissima Vergine che ho difeso, no! — rispose il cavaliere. — Se Bogoslavio dovrà cadere, cadrà per mano mia.

— Ma voi impallidiste quando Sakovich parlò di colui. Conoscete quell'uomo?

— Lo conosco, — rispose Kmita. — Io lo mandai da Leopoli alla volta di Taurogi... Il principe Bogoslavio ha condotto Panna Billevich a Taurogi... Io amo quella fanciulla. Dovevamo sposarci... Io mandai quell'uomo per avere notizie di lei.

— Gli avevate dato qualche lettera?

— No, ella non l'avrebbe letta.

Perchè?

Bogoslavio le ha detto che io mi ero offerto di rapire il Re.

— Il principe conosce quell'uomo?

— Sì. Egli è il sergente Soroka, che mi ha aiutato a rapire Bogoslavio.

Ora comprendodisse Sapyeha. — La vendetta del principe lo attende.

Stettero un momento senza parlare.

— Ma il principe è in trappola. Chi sa che non acconsenta a restituirlo?

— Vostra Grazia potrebbe detenere Sakovich o mandar me dal principe. Forse io riscatterò Soroka.

— Vi sta tanto a cuore la sorte di quell'uomo?

— È un vecchio soldato, un vecchio servo; mi ha portato in braccio quand'ero bambino e mi ha salvatala vita. Dio mi punirebbe se lo abbandonassi in così grave pericolo.

— Io farò quello che posso, — replicò il Capitano generale. — Tratterrò qui Sakovich con un pretesto e scriverò al principe che mi mandi un salvacondotto senza nome. Con questo voi stesso potrete recarvi dal principe e tentare di liberarlo.

Pan Sapyeha si mise tosto a scrivere; un'ora dopo un Cosacco galoppava colla lettera a Yanov, e verso sera ritornava colla risposta di Bogoslavio.

« — Vi mando, secondo la domanda, il salvacondotto con cui qualunque inviato può essere sicuro di ritornare illeso, quantunque mi faccia meraviglia che Vostra Grazia domandi un salvacondotto, mentre Pan Sakovich, per il quale nutro tanto affetto che darei per esso tutti gli ufficiali della mia armata, si trova nel campo di Vostra Grazia. Si sa poi che gl'inviati sono comunemente rispettati perfino dai Tartari, coi quali Vostra Altezza fa la guerra ai miei soldati cristiani. Garantendovi la salvezza del vostro inviato colla mia parola di principe, mi dico...»

La sera stessa Kmita prese il salvacondotto e partì coi due Kyemlich. Pan Sakovich rimase a Sokolka come ostaggio.


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