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Dopo quella vittoria, Charnyetski lasciò un po' di riposo alle truppe; ma contava di ritornare a Sandomir a marcie forzate per sconfiggere definitivamente il Re di Svezia.
Nel frattempo Kharlamp giunse al campo con notizie di Sapyeha. Charnyetski trovavasi a Chersk occupato nella rivista della milizia generale raccolta in quella città: perciò Kharlamp si diresse a Pan Michele, anche per riposarsi dal lungo viaggio nel suo quartiere.
I suoi amici lo salutarono cordialmente; ma egli si mostrò malinconico, e disse:
— Ho saputo la vostra, vittoria: ma se qui sorrise a voi la fortuna, non è stata favorevole a noi in Sandomir. Carlo Gustavo non è più nella trappola, e se n'è fuggito con grande confusione delle truppe lituane.
— Come avvenne? — domandò Zagloba. — Parlate presto... per l'amor di Dio!
— Ho viaggiato giorno e notte e sono troppo stanco. Lasciatemi prender fiato. Intanto verrà Charnyetski, e allora dirò tutto.
— Ma diteci almeno una cosa. Sapyeha è stato completamente sconfitto?
— Oh no; egli insegue il Re, ma certamente non gli verrà fatto di raggiungerlo.
— Sapyeha ha commesso qualche errore, io lo conosco! — disse Zagloba.
— Non posso negarlo — rispose Kharlamp.
Essi rimasero silenziosi e malinconici, parendo loro di già che la dea Fortuna volgesse di nuovo le spalle alla Repubblica.
— Ecco Charnyetski! — esclamò ad un tratto Volodyovski, ed uscì dalle stanze.
Infatti egli giungeva in quel momento. Il piccolo cavaliere gli mosse incontro, e cominciò a gridare in distanza:
— Il Re di Svezia è scappato! È qui un ufficiale con lettere del Voivoda di Vilna.
— Conducetemelo, — gridò Charnyetski. — Dov'è?
— È qui con me: ve lo presento subito.
Charnyetski fu talmente colpito dalla notizia, che senza aspettare balzò di sella ed entrò da Volodyovski.
Tosto Kharlamp gli consegnò la lettera.
Egli cominciò subito a leggerla con ansietà, corrugando sempre più la fronte man mano che leggeva. Finita la lettura, disse a Kharlamp con voce stridula:
— Ditemi voi la verità... perchè questa narrazione è così artificiosamente elaborata, che non ne vengo a capo. L'armata di Sapyeha è distrutta?
— Non del tutto, Vostra Grazia.
— Quanti giorni ci vorranno, per raccoglierla?
Kharlamp rispose senz'esitazione:
— L'armata non si è sbandata, il Capitano generale insegue il Re in buon ordine,
— Quattro; e gli Svedesi li hanno inchiodati, non potendo trasportarli.
— Vedo che dite la verità; ditemi ora com'è andata la cosa.
— Il nemico si accorse che non v'era un forte nerbo di truppe ma solo qualche distaccamento irregolare sulla Vistola. Pan Sapyeha, pensando che il Re volesse attaccare quei distaccamenti, mandò loro dei rinforzi, ma non numerosi; non volendo indebolire la sua divisione. Intanto si notò un gran moto nel campo svedese. Verso sera cominciarono ad avvicinarsi in notevoli gruppi al San. Pan Kmita, che ora si chiama Babinich, venne a riferire la cosa. Ma Pan Sapyeha erasi appena seduto ad un banchetto cui assisteva una moltitudine di nobili signore di Krasnik e Yanoo, poichè il Voivoda è molto amante del bel sesso...
— E delle feste, — soggiunse Charnyetski interrompendolo. Kharlamp proseguì, dicendo:
— Il Voivoda rispose a Babinich: — «Essi fingono, ma non faranno nulla. Prima di tutto tenteranno di attraversare la Vistola, ma io li tengo d'occhio e li attaccherò io stesso. Per ora non è il caso di guastare la festa e privarci d'un po' di sollazzo! Vogliamo mangiare e bere.» E si mangiò e si bevette, e finito il banchetto il Voivoda invitò i presenti alle danze.
— Gli darò io le danze! — interruppe Zagloba.
— Silenzio! — intimò Charnyetski.
— Danzammo fino all'alba e dormimmo fino a mezzodì. A mezzodì scorgemmo nelle trincee nemiche quarantotto cannoni. Gli Svedesi incominciarono a far fuoco di quando in quando. Protetti da quelle trincee essi principiarono a costruire un ponte e vi lavorarono fino alla sera. Il giorno susseguente continuarono. Il Voivoda, aspettandosi una battaglia, mise in ordine le truppe.
— Il ponte era un pretesto. Non hanno essi poi attraversato il fiume più abbasso, su un altro ponte, girando il vostro fianco? — chiese Charnyetski.
Kharlamp spalancò gli occhi e rimase a bocca aperta, silenzioso, attonito: poi disse:
— Continuate! — soggiunse Charnyetski.
— Venne la sera, e con l'apparire della prima stella incominciò un'altra festa. Gli Svedesi passarono sull'altro ponte e ci assalirono. Lo squadrone di Pan Koshyts si trovava presso la riva e piombò su di essi. La milizia generale, accorse in suo aiuto: ma appena gli Svedesi spararono coi cannoni, se la diedero a gambe. Pan Koshyts rimase ucciso ed i suoi uomini massacrati.
La milizia generale, fuggendo, portò il massimo disordine nel nostro campo. Se il Re avesse avuto più cannoni e fanteria, la nostra disfatta sarebbe stata seria: ma fortunatamente il maggior numero dei reggimenti di fanteria coi cannoni erano partiti durante la notte precedente sulle barche. Di ciò nessuno di noi se ne era accorto.
Kharlamp tacque ed anche Charnyetski serbò per alcuni minuti, il silenzio. Indi disse:
— È una disgrazia, perchè se io fossi ritornato a Sandomir non ne avremmo lasciato scappare uno vivo. Ebbene, ciò che è stato è stato e non si ripeterà più. La guerra sarà più lunga, ma gl'invasori dovranno perire.
— Non può essere altrimenti! — esclamarono i cavalieri in coro, e si sentirono tutti consolati, sebbene qualche momento prima un grande scoraggiamento si fosse impadronito di loro.