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L'assalto sanguinoso avvenne allora dalla parte del Novy-Svyat contro il sobborgo di Cracovia; non troppo fortunato, ma che valse almeno a distogliere in parte l'attenzione degli Svedesi dal punto difeso da Kmita. I Polacchi dovettero ritirarsi, ma il Re ebbe la consolazione di constatare che la milizia generale correva alle mura col più gran coraggio, e che dopo tali tentativi, più o meno infruttuosi, il loro ardire, non solo non era diminuito, ma, al contrario, cresceva in essi la febbre della vittoria.
Il fortunato evento della giornata fu l'arrivo di Pan Giovanni Zamoyski e di Charnyetski. Il primo conduceva delle ottime truppe di fanteria e dei cannoni così grossi che non ve n'erano degli uguali a Varsavia. Il secondo, d'accordo con Sapyeha, era venuto per prender parte all'assedio. Charnyetski, come pure gli altri, speravano che questo sarebbe stato l'ultimo assalto.
I grossi cannoni di Zamoyski furono collocati nella posizione conquistata da Kmita, e cominciarono tosto a vomitare ferro e fuoco contro le mura e le porte, costringendo ben presto gli Svedesi al silenzio. Lo stesso generale Grodzitski occupò il colle, e Kmita ritornò dai suoi Tartari.
Ma non era ancora giunto ai suoi quartieri che fu chiamato ad Uyazdov. Il Re, alla presenza di tutto lo Stato maggiore, lodò altamente il giovane cavaliere e Charhyetski, Sapyeha e Lyubomirski si unirono a lui. Fra gli altri si congratularono con lui Pan Michele, Pan Giovanni e Zagloba. Kmita era tutto coperto di polvere, lacero, esausto, ma il suo volto annerito dal fumo era raggiante di gioia. Ringraziò i suoi camerati, ma la prima domanda che rivolse loro fu:
— Come sta Hassling?
— Il vostro servo mi disse che sta bene, che ha cominciato a parlare, e ch'egli chiede da mangiare.
— Siete stato da lui? — domandò Kmita a Pan Michele.
— No, perchè non ne ebbi tempo. Chi può pensare ad altro che all'assedio?
— Andate prima a dormire, — disse Zagloba.
— È vero! Mi reggo a stento sulle gambe.
Quando giunse ai suoi quartieri, Pan Andrea seguì il consiglio di Zagloba, tanto più che trovò Hassling addormentato. Zagloba e Volodyovski vennero sulla sera a trovarlo. I Kyemlich versarono ai cavalieri dell'idromele di cent'anni, che il Re aveva mandato a Kmita, ed essi bevettero volentieri. Hassling, pallido ed emaciato, pareva riaversi sorseggiando quella preziosa bevanda. Zagloba faceva schioccare la lingua e si tergeva il sudore dalla fronte.
— Eh! Come tuonano i grossi cannoni! — disse il giovane Scozzese tendendo l'orecchio. — Domani voi andrete all'assalto... Dio vi benedica! Io sono di sangue straniero e servo chi sono in dovere di servire; ma voi avete tutta la mia simpatia.
Così dicendo lo Scozzese si gettò le bionde ciocche dietro le orecchie e alzò gli occhi azzurri al cielo. Aveva un viso meravigliosamente bello, e Zagloba lo guardava con una certa emozione.
— Voi parlate bene il polacco quanto noi — gli disse.
— Diventate Polacco, se amate questa nostra patria, e farete un atto lodevole. Non è difficile ottenere la naturalizzazione.
— Tanto più facile in quanto che io sono nobile — rispose Hassling. — Mi chiamo Hassling-Kettling di Elgin. La mia famiglia è oriunda inglese, sebbene stabilita in Iscozia.
— Questi paesi oltre mare sono molto lontani, e mi sembra che si debba vivere meglio qui, — disse Zagloba.
— Sì, mi trovo qui assai bene.
— Ma non ci troviamo bene noi, — disse Kmita, che fin dal principio si agitava con impazienza sulla sua sedia, — perchè siamo ansiosi di udire che cosa si fa a Taurogi, e voi invece parlate di tutt'altro.
— Interrogatemi: io vi risponderò.
— Avete veduto spesso Panna Billevich?
Sulla pallida faccia di Hassling passò come un'ondata di sangue. — Ogni giorno — rispose.
Kmita lo guardò fissamente e soggiunse: — Eravate tanto in confidenza con lei? Perchè arrossite?
— Ella sapeva che io volevo il suo bene ed io le resi parecchi servigi. Ma è necessario, onde voi possiate comprendermi, cominciare dal principio. Voi saprete, signori, che io non ero a Kyedani quando vi venne il principe Bogoslavio e condusse poi quella donzella a Taurogi. Quindi io non ripeterò perchè questo avvenne; dirò soltanto che appena vi giunse tutti sapevano che il principe era pazzamente innamorato di lei.
— Che Dio lo punisca! — esclamò Kmita.
— Il principe diede delle grandi feste in suo onore, quali non si erano mai vedute a Taurogi. Arrivavano lettere ed ambasciate da parte dell'Elettore e del principe Giovanni. Noi sapevamo che questi era incalzato da Sapyeha e dai confederati; egli implorava aiuto per amor di Dio, ma noi non ci movevamo. Ai confini dell'Elettorato le truppe stavano pronte, i capitani venivano con lettere urgenti, ma il principe non riusciva nel suo intento e non si curava d'altro. Pensava ad una cosa sola, cioè ad inventare qualche nuovo genere di divertimenti, sperando sempre di raggiungere il suo scopo. Gettava denaro a piene mani e diede ordine di abbattere le foreste, affinchè la donzella amata potesse godere una più bella vista dalle sue finestre. In una parola egli spargeva fiori sotto i suoi piedi e la trattava in tal modo, che se fosse stata la regina di Svezia non avrebbe potuto fare di più. Molti la compiangevano, ma si comprese tosto ch'ella non era tal donna da lasciarsi sviare dal retto sentiero della virtù.
— Questo lo so meglio degli altri, — esclamò Kmita balzando in piedi.
— In qual modo Panna Billevich riceveva tali omaggi? — domandò Pan Michele.
— In sulle prime li ricevette cortesemente, sebbene fosse evidente che in cuor suo ne soffriva. Ma finalmente avvenne che il principe cadde ai piedi della fanciulla e la supplicò di rispondere al suo amore. Non si sa che cosa le proponesse; ma da quel giorno fu finita la loro amicizia. Ella rimase notte e giorno al fianco dello zio. Ma il principe...
— Si fece a minacciarla: non è così? — gridò Kmita.
— Che! Egli si vestì da pastore greco, si finse disperato, e si mise a passare e ripassare sotto le sue finestre sonando il liuto. Ecco, signori, io credo che egli si fosse innamorato sul serio... e non mi fa meraviglia, imperocchè Panna Billevich è piuttosto una dea che una creatura di questo mondo.
E qui Hassling arrossì di nuovo; ma Pan Andrea non se ne avvide; perchè, trasportato dalla soddisfazione e dall'orgoglio, guardava con aria trionfante Zagloba e Volodyovski.
— Frantanto corse voce per tutta la Corte che il principe era diventato frenetico perchè era innamorato morto e voleva ammogliarsi — proseguì Hassling. — La cosa pervenne all'orecchio della principessa, moglie di Giovanni, che dimorava a Taurogi colla figlia. Allora cominciarono le questioni, perchè, come sapete, Bogoslavio doveva sposare la figlia del principe Giovanni quando sarebbe stata in età da prendere marito. Ma egli dimenticò tutto. La moglie di Giovanni, presa da immensa collera si recò con la figlia in Curlandia. In quella stessa sera Bogoslavio chiese la mano di Panna Billevich.
— Ha chiesto la sua mano? — gridarono Zagloba, Kmita e Pan Michele stupefatti.
— Sì; prima al porta-spada di Rossyeni, che non ne fu meno meravigliato di voi, ma fu fuori di sè per la gioia, perchè sarebbe stato un grande onore per la casa dei Billevich l'unirsi coi Radzivill. — Si presentarono quindi ambedue alla donzella con tutta la solennità, com'è d'uso in simili occasioni, ma poco dopo si sparse la notizia in tutta la Corte che ella aveva risposto con un reciso rifiuto.
— Che Dio la benedica! — gridò Kmita.
— Ella dunque lo respinse — continuò Hassling. — Bastava guardare il principe per indovinarlo. Quell'uomo, al quale avevano ceduto anche le principesse, non potendo sopportare una contrarietà perdette la testa. Era diventata cosa pericolosa il comparirgli dinanzi. Noi prevedevamo che la cosa non sarebbe passata liscia, e che il principe, tosto o tardi, sarebbe ricorso alla forza. Infatti, il porta spada di Rossyeni, il giorno appresso fu mandato a Tylsa e di là del confine dell'Elettorato. In quel dì Panna Billevich supplicò l'ufficiale di guardia che le desse una pistola carica. L'ufficiale non gliela negò; perchè essendo nobile e uomo d'onore ebbe pietà di lei, ammirandola nello stesso tempo per la sua risolutezza, non meno che per la sua bellezza.
— Io; — rispose Hassling freddamente.
Pan Andrea lo strinse fra le sue braccia in tal modo che lo Scozzese, il quale era debole, gridò pel dolore.
— Non gridate — esclamò Kmita. — Voi non siete un prigioniero, voi siete mio fratello, il mio amico!
— Lasciate che mi riposi, — rispose Hassling respirando con fatica. Solamente strinse la mano che Pan Andrea e Zagloba gli porgevano. Alla fine, vedendo come tutti ardevano dalla curiosità, riprese a dire:
— Inoltre io l'avvertii di ciò che tutti sapevano, cioè che il medico del principe stava preparando un filtro amoroso. Intanto ogni timore diventò vano, perchè Iddio intervenne. Egli toccò il principe col dito, lo ridusse in letto ammalato, e ve lo tenne per un mese. E fu propriamente il dito di Dio, null'altro! Egli stesso lo pensava, e ne tremò. Tant'è vero, che quando alla fine si fu rimesso, lasciò la donzella in pace, e permise financo al porta-spada di ritornare da Tyltsa. È vero per altro che, se il principe si è liberato dalla malattia che lo aveva obbligato al letto, non lo ha lasciato la febbre, la quale lo tormenta ancora oggidì. Ed è pur vero che, appena uscito dal letto, egli dovette andarsene per una spedizione a Tykotsin, dove lo attendeva la sconfitta. Ritornò da Tykotsin con una febbre più forte, ma fu allora che l'Elettore lo mandò a chiamare. Intanto a Taurogi avvenne un fatto abbastanza meraviglioso e bizzarro.
— Che cos'avvenne? — domandò Zagloba.
— Durante la campagna di Tykotsin, prima della disfatta a Yanov, fu catturata una certa Panna Anusia Borzobogati, e fu mandata a Taurogi.
— Ecco ora dei zuccherini per te, Pan Michele — disse Zagloba.
Pan Michele cominciò a tremare ed esclamò:
— Spero che non vorrete dire male di questa fanciulla, altrimenti...
— Anche se lo volessi non potrei dir male di lei, — replicò Hassling, — ma, se è la vostra fidanzata, devo dirvi che ve ne curate poco. Il fatto si è, che in una settimana ella fece innamorare tutti quanti, vecchi e giovani. Pareva che un'epidemia avesse assalito tutti i cuori. Le dispute, i duelli erano all'ordine del giorno. E per che cosa? Con qual frutto?... Per questo soltanto, che ciascuno ciecamente credeva, che, presto o tardi, il suo amore sarebbe contraccambiato.
— Signore! — esclamò Pan Michele minacciosamente.
— Egli l'ha dipinta al vero! — disse Zagloba. — Tutti sanno che è una civetta e tu stesso lo hai detto cento volte.
— A Taurogi, — proseguì Hassling, — Sakovich è l'assoluto padrone. Panna Anusia governa lui e ogni cosa.
— È invaghito a tal punto? — domandò Pan Michele.
— Sì, e siccome è un bell'uomo e ricco, ha fiducia di essere riamato, col volgere del tempo. Ma la cosa più importante che devo dirvi si è che le due fanciulle avevano combinato di fuggire insieme al porta-spada.
Volodyovski e Kmita sussultarono.
— Dove volevano andare? — chiesero all'unisono.
— Nelle foreste, e dalle foreste a Byalovyej.
La conversazione venne interrotta da un'ordinanza di Sapyeha, il quale consegnò a Pan Michele e Kmita un foglio piegato. Volodyovski, appena spiegatolo, disse:
— Ordine di occupare le posizioni per domani.
— Uff! che caldo! — esclamò Zagloba. — Una brutta giornata per un assalto. Più d'uno diventerà però freddo a dispetto del caldo. Io sono troppo vecchio per un assalto! In campo aperto è altra cosa.
Un altro ufficiale comparve sulla soglia.
— Sua Grazia Pan Zagloba è qui?
— Eccomi.
— Per comando di Sua Maestà il Re, voi dovete trovarvi domani presso la sua persona.
— Ah! egli vuole impedirmi di prender parte all'assalto perchè sa che il vecchio moverà pel primo solo che suonino le trombe. Non so se potrò frenarmi, perchè quando l'ardore della battaglia m'incalza, io non penso più a nulla. Sono fatto così. Sentite come si sfiatano le trombe! Bene! a domani, a domani! San Pietro avrà da fare; deve avere pronti i suoi libri. Anche nell'inferno han preparato pece ardente nei barili; un bagno per gli Svedesi. Domani! Domani!